“… I Bronzi sono stati un regalo del mare … icona maschile duale … la fortuna è stata proprio quella: maschi, ma non solo, belli, ma non solo, forti, ma anche gentili, esuberanti ma anche timidi …” (Paolo Crepet)
Ricorre quest’anno il 50° anniversario dal ritrovamento dei Bronzi di Riace, statue greche in bronzo, di autore ignoto, la cui manifattura si colloca intorno al V° sec. a.C., alte quasi 2 metri e conservate presso il Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria.
Era il 16 agosto del 1972 quando al largo delle coste di Riace Marina, nel Mar Jonio, a circa 8/10 metri di profondità, un giovane sub romano, Stefano Mariottini, rinvenne le statue bronzee di due, apparentemente, guerrieri greci. Dalla sabbia del fondale emergeva inizialmente, solo un braccio. Fu grazie all’intervento dei sub dell’Arma dei Carabinieri che, tra il 20 e il 21 agosto, vennero recuperate non senza difficoltà, entrambe le statue, denominate “Statua A e Statua B” o più semplicemente “Il Vecchio e il Giovane”, ma note da allora in poi in tutto il mondo come “Bronzi di Riace”.
Fin dal ritrovamento l’ambiguità, il mistero e i depistaggi, ruotarono intorno a tutto l’evento. Nel 1977 il Tribunale di Roma conferì al Mariottini, un Premio di Rinvenimento pari a 125 milioni delle vecchie lire. Sappiamo però che la denuncia formale fu stilata il pomeriggio del giorno successivo al ritrovamento; quindi, il 17 e non il 16 di agosto e che nella mattinata era stata preceduta da quella di quattro ragazzi del luogo. Ma a essere decisiva fu l’annotazione aggiunta a penna, sulla denuncia ufficiale, da parte del Soprintendente Giuseppe Foti, il quale sottoscrisse di essere stato avvisato verbalmente già alle ore 21.00 del 16 agosto. Soprintendente che però non solo non si preoccupò di avvisare le autorità, che pertanto si attivarono solo dopo la dichiarazione dei quattro ragazzi, lasciando pertanto incustodita l’area per troppo tempo, ma pensò bene di partire in crociera proprio nel giorno in cui le statue emersero fisicamente dalle acque.
A tentare di far luce sul mistero che avvolge il ritrovamento dei Bronzi fu il Prof. Giuseppe Braghò che nel 2005 iniziò per primo a studiare con attenzione, viste le numerose incongruenze, tutti i documenti che per oltre 30 anni rimasero sottochiave nell’Archivio della Soprintendenza di Reggio Calabria.
Dai suoi studi iniziò a prendere forma l’idea dell’esistenza di un terzo Bronzo e diede il là per la ricerca di quel famoso corredo di cui erano dotate le statue, mai ritrovato, ma di cui si parlò fin dall’immediatezza dell’evento. Esiste la testimonianza di una donna, proprietaria di un Hotel del luogo, che raccontò di aver visto nella notte in cui venne recuperato il primo Bronzo, due uomini in muta emergere dal mare trasportando uno scudo e una lancia spezzata.
Dell’esistenza di scudi, elmi e altro ne aveva già parlato l’archeologo Giovanni Guzzo nella sua relazione dell’epoca; relazione che venne poi corretta e ritrattata dallo stesso, adducendo il tutto all’enfasi e all’emozione del momento.
Ma vi è un’altra testimonianza del 1981 che Braghò scoprì tra la documentazione della Soprintendenza, dove un trafficante di reperti archeologici parla di uno scudo di circa 70 kg rinvenuto nei mesi precedenti all’agosto del 1972, nello stesso punto, grazie all’aiuto di due pescatori ripagati poi con una somma di circa sei milioni di lire e di aver venduto al Getty Museum di Los Angeles, un elmo e un altro scudo per una somma pari a sei mila dollari.
L’ipotesi dell’esistenza di tre o più statue è avvalorata dalla testimonianza stessa che rilasciò Mariottini ai Carabinieri di aver avvistato “… un gruppo di statue presumibilmente in bronzo. Le due emergenti rappresentano delle figure maschili nude, l’una adagiata sul dorso, con viso ricoperto di barba fluente, a riccioli, a braccia aperte e con una gamba sopravanzata rispetto all’altra. L’altra statua risulta coricata su un fianco con una gamba ripiegata e presenta sul braccio sinistro uno scudo”.
Il Prof. Daniele Castrizio, docente di Numismatica Greca e Romana all’Università di Messina, sostiene, in virtù degli studi sui Bronzi da oltre un quarto di secolo, che le due opere appartenessero a un gruppo di cinque statue che furono realizzate ad Argos nella stessa bottega ma da maestranze differenti a poca distanza di tempo l’una dall’altra e asserisce che fossero biondo/fulvo. Il bronzo non è il solo materiale di cui sono composti ma è stato usato l’argento per i denti, il rame per le labbra e per i capezzoli; gli occhi sono in calcite con all’interno pasta vitrea di colore ambrato. L’ipotesi del Prof. Castrizio è che i due Bronzi facciano parte del gruppo scultoreo che raffigura Eteocle e Polinice, fratelli nati dal rapporto incestuoso tra Edipo e Giocasta.
Il primo restauro delle statue subito dopo il ritrovamento fu eseguito a Firenze tra il 1975 e il 1980. Tra il 1992 e il 1995 un secondo restauro fu effettuato nel Laboratorio di Restauro del Museo Archeologico di Reggio Calabria. Il terzo e ultimo restauro è quello compiuto tra gli anni 2010 e 2013 presso la sede del Consiglio Regionale della Calabria. A fine lavori, rientrati finalmente nel Museo di Reggio Calabria, sono esposti in una stanza totalmente asettica cui si accede pochi per volta non prima di essere transitati all’interno di un’anticamera di sanificazione per ridurre a zero o quasi, qualunque tipo di germi.
Che si tratti di guerrieri, di Dei o Eroi, trovarsi al cospetto di entrambi è un’esperienza straordinaria. La maestosità, la sinuosità, la perfezione dei corpi, il fascino delle forme e la bellezza dei dettagli, lasciano senza parole. Girarci intorno più volte e osservarli regala la sensazione che possano scendere da quelle basi per raccontare tutta la “loro verità”, quella ancora insabbiata tra i fondali del Mar Jonio.
CURIOSITA’:
Anche i Bronzi di Riace pare siano legati a qualche maledizione. Nel mese di dicembre del 1972 Stefano Mariottini, il sub che rinvenne le statue, perse in un terribile incidente stradale moglie e figlio.
Successivamente perse la vita Luigi Le Boffe, giornalista de “Il Tempo” e unico cronista presente al momento del recupero delle statue.
Non troppo tempo dopo morì anche il Soprintendente Giuseppe Foti, colui che raccolse la testimonianza del ritrovamento.
Il trasferimento dei Bronzi da Riace al Museo di Reggio Calabria, a bordo di un camion, fu una vera e propria Odissea.
A pochi km di distanza da Riace, a Caulonia, il comune decise di far installare sul lungomare due statue a grandezza naturale, raffiguranti i Bronzi ma, poco tempo dopo, una fortissima mareggiata spazzò via quasi l’intero lungomare, statue comprese.
In virtù di tutto ciò e di tanti altri piccoli “inconvenienti”, iniziò ad acquistare credibilità l’esistenza di una maledizione. Si sparse la voce che spostando le due statue dal fondo marino si era profanato il luogo dedicato ai due Santi Medici Cosma e Damiano, venerati dagli abitanti del luogo.
Ma … se corrisponde a verità che i due Bronzi siano Eteocle e Polinice, la leggenda narra che i due fratelli avessero subito una maledizione che li condannava a essere in eterno conflitto tra di loro per il dominio della città di Tebe …
Che si creda o meno alle jatture o alle leggende popolare, in ambito archeologico i racconti di maledizioni hanno fatto la storia … basti pensare alle mummie egizie.
Teresa Anania