Anja, la segretaria di Dostoevskij di Giuseppe Manfridi

ANJA. LA SEGRETARIA DI DOSTOEVSKIJ

Anja, la segretaria di Dostoevskij di Giuseppe Manfridi, La Lepre edizioni

Anja, la segretaria di Dostoevskij

“Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prima ancora che i corpi si vedano.”

Paulo Coelho 

Ah, l’amore! La forza motrice del mondo, a volte irruento e implacabile, come una tempesta inarrestabile, altre mite e docile, come un ruscello che attraversa i campi in primavera. Quasi sempre irrazionale, spesso incomprensibile, talvolta inspiegabile. Ma necessario, indispensabile, vitale. Ed è esattamente questa la prospettiva che il romanzo di Manfridi pone all’attenzione del lettore: un sentimento che sboccia in circostanze non comuni, e proprio da quelle, si alimenta, si nutre e cresce, piano ma senza sosta. 

Ma andiamo per gradi.

Siamo a Pietroburgo, esattamente nella fortezza di Pietro e Paolo. È il 22 dicembre 1849: alcuni uomini sono stati condotti in quel luogo, e sono in attesa di essere giustiziati “…per aver tradito il giuramento di fedeltà all’esercito dello Zar e allo Zar in persona con l’intento sedizioso di agire a danno dell’Impero…”

I pensieri dei condannati vagano, inarrestabili, ciascuno in una direzione diversa da quella degli altri. Improvvisamente e inaspettatamente, giunge un graduato a cavallo che blocca il macabro rituale: lo Zar in persona ha concesso la grazia per tutti. Tra i condannati c’è anche il più grande scrittore russo allora vivente, Fëdor Michajlovič Dostoevskij. 

Il tempo trascorre, inesorabile, e dopo diciassette anni passati a rammentare sempre con lucida memoria quel giorno di “rinascita”, lo scrittore incontra il suo editore, Stellovskij, perfido e arrivista, che gli fa una proposta dalla quale non c’è modo di esimersi: in poco più di un mese, Dostoevskij deve scrivere un nuovo romanzo soggetto a una tanto tremenda quanto assurda penale, che se dovesse venire applicata, lo vedrebbe spogliato dei diritti di tutte le sue opere passate e future. In breve, della sua stessa vita…

È una vera e propria corsa contro il tempo.

“Il tempo. Il prezzo di ogni cosa è il tempo.”

Tra tutte, un’unica soluzione sembra essere la più sensata: lo scrittore deve ricorrere all’aiuto di qualcuno in grado di ottimizzare il lavoro e velocizzare i tempi e, seppur con non poche perplessità, accetta la collaborazione di una stenografa, Anna Grigor’evna Snitkina, che fa il suo primo ingresso nel palazzo Alonkin la mattina del 4 ottobre 1866.

Da quel momento, le vite dei due personaggi non saranno mai più le stesse…

“Quel che è, diviene altro. E nel suo divenire, quel che è si è divincolato e si strazia, poiché così vuole la sofferenza del mutamento. (…) È l’altrove che la sta raggiungendo senza essere ancora il suo dove…”

Comincia l’impresa titanica, di dettatura, scrittura, revisione e copiatura. Il timore di non farcela è imponente, e contagia inevitabilmente anche la giovane Anja, che cerca di prodigarsi in tutti i modi per raggiungere quel fine che un po’ sente come comune. Anche a dispetto della poca fiducia di Fëdor e dei suoi attacchi di epilessia.

Sono un reduce, Anja. Voi avete a che fare con un reduce. Con un sopravvissuto ai morsi degli insetti, al gelo, al digiuno, alle urla delle guardie, alla decimazione quotidiana dei suoi compagni. La sera ci scambiavamo sorrisi che sapevano di addii, e la mattina, svegliandoci, facevamo la conta di quelli che erano marciti nelle loro tuniche. Per cinque anni, ogni notte mi ha risputato nel mondo cavandomi intatto dall’inferno del giorno prima. Sempre a me toccava contare. E seppellire. (…) Non è alla morte che scampo, io…ma al perdono che non so darmi.”

Con un linguaggio perfetto e forbito, l’autore ci trasporta indietro nel tempo, lasciandoci entrare, in punta di piedi, in frammenti di vite complesse, mettendo in risalto una moltitudine di sfaccettature caratteriali, di emozioni, di sentimenti e di azioni non comuni. Partendo dallo studio di Dostoevskij, che a volte assume dei tratti quasi claustrofobici, ci lascia passeggiare per le viuzze di Pietroburgo, per i suoi ponti, nei pressi del fiume e tra gli spruzzi di neve.

Tutto sembra tangibile e reale: il fruscio dei tessuti, l’odore del tè, i colori del cielo plumbeo, il freddo che intirizzisce le ossa, il suono delle risate o dei singhiozzi mal celati. Persino la paura, la speranza, la tenacia, il desiderio, diventano concreti e palpabili. Pochi giorni, e la vita cambia, completamente. Pochi giorni, e il divenire di ciò che deve essere, si manifesta con tutto l’impeto adducibile agli eventi, al fato o a ciò che semplicemente sarà perché è così che deve andare. Perché la vita a volte è bizzarra, stramba e imprevedibile, ma merita di essere vissuta pienamente, nonostante le immancabili avversità e proprio a dispetto di esse!

Un bellissimo viaggio, quello di Anja. Una lettura tenera e appassionata, pregna di emozioni e di sentimenti che mettono in risalto vizi e virtù della natura umana, e che consiglio vivamente a tutti! 

“Da ciò che sta per finire si può cavare qualcosa che inizia.”

“La sofferenza del mutamento può essere anche semplice vita che scorre e non solo l’inferno che avviene.”

“…i veri labirinti ti fanno sempre tornare indietro, al punto di partenza. Ti muovi, ti agiti, e nulla accade tranne la vita che diminuisce, tranne le forze che se ne vanno. Lo spazio risucchia lo spazio, il tempo si mangia il tempo.”

Proposto al Premio Strega 2020 da Claudio Strinati.

Vera Macchina del Tempo, questo romanzo sonda il mistero del legame profondo che si stabiliì tra Dostoevskij e Anja nel breve tempo della stesura del Giocatore, restituendoci, con una scrittura straordinariamente evocativa, atmosfere, clima, e persino odori e rumori della Pietroburgo del XIX secolo.

Pietroburgo 1866. Lo scrittore, quasi cinquantenne, Fedor Michajlovich Dostoevskij è afflitto dall’epilessia e reduce dall’aver firmato un contratto capestro col suo mefistofelico editore: si è impegnato a consegnare un nuovo romanzo nell’arco di un mese. In caso contrario perderà i diritti su tutte le sue opere passate e future. Consigliato dagli amici, si rivolge a una scuola di stenografia che gli mette a disposizione la migliore delle sue allieve: Anja Grigor’evna, una graziosa adolescente curiosa del mondo, che ha ereditato dal padre la passione per la letteratura. Fra i due, in ventisei giorni, nascerà un amore estremo a dispetto dello scandaloso divario di età. Anja rimarrà la fedele custode dell’opera di Dostoevskij fino alla propria morte, avvenuta trentasette anni dopo quella del marito.

Proposto al Premio Strega 2020 da Claudio Strinati: «Manfridi, con questo lavoro, tocca a parer mio un apice della sua parabola di autore teatrale, sceneggiatore cinematografico, poeta e narratore. E’ il motivo per il quale ho ritenuto di avanzare la sua candidatura e ne illustro in poche parole le ragioni. Si può dire che in questo lavoro Manfridi abbia profuso sia tutto il suo invero vastissimo sapere sia la sua vieppiù sorprendente capacità di scrittura visionaria, multiforme, monumentale, in qualche modo costantemente “sopra le righe”. Una capacità che lo ha già reso, e da tempo, un autore teatrale tra i più rimarchevoli, forse, del nostro Paese. Questo romanzo, in realtà, è leggibile anche come una sorta di opera para-teatrale dove il gigantismo della scrittura e l’intimismo della narrazione convergono in una sorta di paradossale cortocircuito espressivo che sembra raccogliere in maniera alquanto spiazzante e tutt’altro che pretestuosa il retaggio delle grandi avanguardie storiche italiane, dal Gruppo ‘63 al teatro di Carmelo Bene, fino alle lucide e stratosferiche geometrie di un Manganelli o un Arbasino. Manfridi, però, ha un suo stile a mio giudizio incomparabile con chiunque l’abbia preceduto su questa strada invero un po’ rischiosa. Già il genere in cui Anja sembra andare a collocarsi appare anomalo e stralunato. Alla prima sembra trattarsi di un romanzo storico che racconta in modo filologicamente ineccepibile e con intensa partecipazione emotiva, la vicenda reale e ben documentata della creazione del romanzo Il Giocatore da parte di Dostoevskij. Oppresso dai debiti, da un contratto capestro con il suo editore, in preda a tremende turbe psichiche, Dostoevskij deve scrivere in meno di un mese un nuovo romanzo, altrimenti si vedrà togliere i diritti dei lavori precedenti e in corso, sprofondando nel disastro economico e morale. Assume allora una giovanissima e bravissima stenografa che lo aiuterà scrivere il libro entro la perentoria scadenza prevista. Da questo incontro nascerà un profondo amore tra il maturo scrittore e la ragazza che si rivela personalità formidabile e decisiva. Anja sarà ben altro che una segretaria ma diverrà la compagna, moglie e depositaria delle memorie dello scrittore. Memorie che consegnerà poi ella stessa a interessantissimi testi pubblicati molto tempo dopo la morte dello scrittore. Nella scrittura di Manfridi il lento e inesorabile processo di reciproca comprensione tra il sommo scrittore russo e la colta e sensibilissima ragazza, è disseminato da ogni sorta di pietre di intralcio letterarie in cui il lettore inciampa continuamente andando a sbattere contro impulsi, sollecitazioni, errori, correzioni, illuminazioni che a mano a mano lo travolgono costringendolo a immergersi in un magma espressivo da cui trapelano continuamente scintille di intelligenza fervida, di espressione acuta, di sollecitazioni inaspettate a vedere oltre le consuete apparenze. Così l’afflato poetico che in Manfridi è molto forte si scioglie in una prosa densa e articolata in cui ogni frase, ogni aggettivo, ogni connessione risulta insieme indispensabile e deviante. Un romanzo che onora come meglio non si potrebbe l’ansia divorante di sapere e di comprendere che sola giustifica la creazione di un testo tale da porsi poi di fronte al suo lettore come un’ardua difficoltà da affrontare, perché difficile e sovente aspro ma proprio per questo profondamente remunerativo per chi è convinto della forza più che mai necessaria della narrazione in sé. Mai banale, mai retorico, mai ostentato ma profondamente serio e convincente, un inno alla letteratura e all’amore, all’intelligenza e alla volontà.»

Autore: Giuseppe Manfridi
Editore: La Lepre Edizioni
Collana: Visioni
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 1 novembre 2019
EAN: 9788899389598


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Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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