“Vedi Napoli e poi muori”, un proverbio arcinoto, che mi fu ricordato un bel po’ di anni fa da un medico tunisino durante un viaggio ad Hammamet. Perché Napoli, città dalle infinite sfaccettature, controversa, misteriosa, esoterica, minacciosa, temuta e ammirata, lodata e odiata, è conosciuta in tutto il mondo.
Pino Daniele cantava la sua Napoli attribuendole “mille culure”; Lorenzo Marone la descrive con uno in particolare: il grigio, colore che rappresenta l’equilibrio degli opposti. Il grigio dei sampietrini, dei muri scrostati e delle chiese, dei portali dei palazzi nobiliari e del piperno che riveste quattro delle cinque torri del Maschio Angioino o le bugne che ricoprono la chiesa del Gesù Nuovo, delle strade e dei sassi e dei tanti, troppi muri che dividono e isolano…
“…Muri che delimitano rioni, zone, vite grigie. Il muro suscita in me, in noi, sensazioni contrastanti. Con la sua forza, le fondamenta profonde, il muro può sostenerci nel momento del bisogno, ci fa sentire protetti, come da bambini, quando impariamo da subito a costruirci un fortino con i cuscini del divano. Se, però, crescendo, continuiamo a tirare su muri e a delimitare gli spazi attorno a noi, allora finiamo per non vedere più cosa c’è oltre, finiamo con l’aver paura di cosa c’è al di là, e in quel preciso istante ci stiamo condannando a innaffiare il terreno incolto del razzismo, che di quella paura dell’ignoto si nutre. Per questo ognuno di noi dovrebbe quanto prima buttare giù un po’ di muri nella sua vita o, perlomeno, aprire un varco, una porticina che permetta di sbirciare fuori senza sentirsi smarriti, che consenta di andare alla scoperta del mondo senza rinunciare al proprio rifugio.”
La coesistenza degli opposti regna a Napoli ed è essa stessa Napoli. “Napoli è bianco e nero, è salite e discese, periodi di splendori e di buio, di “diagonali e passaggi segreti”, come ci ricorda Edoardo Bennato, è andare, fuggire via maledicendola e poi tornare da lei in punta di piedi. È restare, resistere, tirare avanti e sperare che domani vada un po’ meglio.
Splendide perle i racconti di Marone, leggiadri come una carezza che attraverso scale e vicoli, fede e scaramanzia, sacro e profano, profumi e botteghe, superstizioni e leggende, non vogliono archiviare o coprire il “lato oscuro” della città, ma intendono sottolineare quello che pochi sanno o dimenticano e che tanti ritengono doveroso omettere.
“Ai media piace il nero di Napoli, perché il nero fa audience. Perciò risposi che no, non ho paura, dissi quello che dico sempre in giro per l’Italia, che esiste una Napoli “normale” che non è raccontata perché non interessa raccontarla, una città fatta di gente “normale” che conduce “una vita normale”, al di là di tutto.
Ecco, questa Napoli continua a non attirare nessuno, nemmeno i napoletani, pronti a schierarsi da una parte o dall’altra, fra quelli che vedono sempre tutto nero o sempre tutto bianco. Un viaggio attraverso una città cosmopolita, dalla storia millenaria, ricca di poesia, di cultura, di architettura, di tradizioni che mi ha profondamente emozionata. Sarà perché anche io sono partenopea, sarà perché io questa città la “sento” fin dentro le viscere, perché rimango estasiata dinanzi al Cristo Velato, vengo rapita dal mito della sirena Partenope, resto affascinata dalla bravura e dalla maestria degli artigiani di San Gregorio Armeno, rimango incantata di fronte al golfo e suggestionata dalle protuberanze del nostro Vesuvio. Consapevole che esiste un’altra faccia della medaglia, ma io la mia città la amo.
“Perché Napoli è come un’ anziana donna che si porta appresso con difficoltà i suoi anni, una nobile in parte decaduta che se ne va in giro con un cappotto dimesso ma che ai lobi indossa degli orecchini di opale e all’anulare un bel diamante luminoso. È una città che forse ha perso un po’ di fiducia in se stessa e sembra provare vergogna a mostrarsi, ma che non ha rinunciato al piacere di curare i dettagli che la fanno sentire ancora bella.”
E, a questo punto, mi sento di dire:” Vedi Napoli e poi vivi”! Perché Napoli è certamente una città, ma è anche uno stile di vita! Lettura assolutamente consigliata!
Fabiana Manna
Titolo : Cara Napoli
Autore : Lorenzo Marone
Editore : Feltrinelli
EAN : 9788807492440
Prezzo : € 15
Lorenzo Marone (Napoli, 1974), laureato in Giurisprudenza, ha esercitato per quasi dieci anni la professione di avvocato. Autore di successo, ha pubblicato La tentazione di essere felici (Longanesi, 2015; Premio Stresa 2015, Premio Scrivere per amore 2015, Premio Caffè corretto città di Cave 2016, 15 traduzioni all’estero), che ha ispirato un film, La tenerezza, con regia di Gianni Amelio; La tristezza ha il sonno leggero (Longanesi, 2016; Premio Como 2016); Magari domani resto (Feltrinelli, 2017; Premio Selezione Bancarella 2017), Un ragazzo normale (Feltrinelli, 2018; Premio Siani 2018) e Cara Napoli (2018). Collabora con “La Repubblica di Napoli” con una rubrica fissa dal titolo “Granelli”. Vive a Napoli con la moglie, il figlio e la bassotta Greta. www.lorenzomarone.net.
La descrizione del libro
“A volte penso addirittura che Napoli possa essere ancora l’ultima speranza che resta alla razza umana.” Luciano De Crescenzo Cari librai, sono felice di presentarvi questo libro a cui tengo molto perché, più di tutti, parla della città in cui sono nato e vivo da oltre quarant’anni: Napoli. È una raccolta dei miei “Granelli”, gli articoli che negli ultimi tre anni ho scritto ogni domenica per “la Repubblica” di Napoli, attraverso i quali ho cercato di descrivere le mille sfaccettature di questa città. È un libro che mi aiuterà a spiegare perché, a mio avviso, sia necessario cambiare prospettiva su Napoli, perché occorra mostrarla in modo diverso a chi non la vive quotidianamente e ne sente sempre parlare in chiave critica, sottolineando quanto sia una città normale, piena di buchi neri, certo, ma anche di luce, e quanto valga la pena conoscerla, visitarla, viverla. Una passeggiata sottobraccio con i miei lettori, insomma, per raccontare a modo mio i granelli di verità che ho raccolto strada facendo. Credo che il paese abbia più che mai bisogno di Napoli, di capirla fino in fondo, assorbirne la mentalità, la sua cultura del vivere, quell’affrontare l’esistenza con un’alzata di spalle, con la velata ironia che serve a mascherare la malinconia. Credo che abbia infinitamente bisogno della sua “filosofia leggera”, della sua arte, della creatività che riesce a esprimere nonostante tutto, la capacità di convertire il brutto nel bello, le difficoltà in successi, la vita in commedia e di “farsi bastare” la poesia delle piccole cose. Grazie,