Come un delfino di Gianluca Pirozzi

Come un delfino

Gianluca Pirozzi
Vanni fugge dalle proprie origini, dalle complicate dinamiche familiari e dalle perdite strazianti che segnano la propria infanzia nella Napoli degli anni Settanta. Riesce così, faticosamente, a costruirsi una nuova dimensione esistenziale. A Roma, la ricerca della propria identità e dell’amore lo legano a Tiago, col quale matura il sogno di costituire una famiglia. Col tempo questo desiderio prende forma grazie all’amicizia con Amandine. Tuttavia, una nuova scossa minerà l’assetto della vita di Vanni, mettendolo di fronte a una scelta cruciale per il proprio futuro. Attraverso le pagine, anche quelle più difficili, dell’esistenza di Vanni e dei suoi cari, emerge il suo inesauribile amore per la vita. La felicità diviene così un traguardo, raggiungibile solo accettando il proprio dolore. Gianluca Pirozzi, con uno stile incisivo, scandaglia nel profondo la vita intima di tutti i personaggi, mostrando come anche le fragilità possano rivelarsi una risorsa.

Introduzione

La vita è una straordinaria danza, a volte atipica, anomala, statica; altre vivace, coordinata, fluida. Talvolta le note sono stonate, e danno vita a passi incerti, sgraziati, dolorosi. In altre circostanze la musica è impeccabile e il movimento risulta essere armonico, perfetto, unico. L’alternanza del ritmo, della melodia, della modulazione, genera inevitabilmente una successione di movenze che si avvicendano inesorabilmente, fino all’esalazione dell’ultimo respiro. E non c’è scampo o alternativa: in un modo o nell’altro, dobbiamo ballare, tutti…

Recensione

Il romanzo di Gianluca Pirozzi è di notevole impatto emotivo. Racconta la vicenda, narrata in prima persona dal protagonista, Giovanni Salzano detto Vanni. Siamo a Napoli, e Vanni vive in contesto familiare sostanzialmente disfunzionale: il papà assente, incentrato su se stesso e sul suo lavoro di scultore, anaffettivo, incapace di esternare emozioni e benevolenza. La mamma, traduttrice, è a sua volta succube dei comportamenti del marito, che tende a giustificare e a legittimare, pur manifestando, però, un grande amore nei confronti del figlio. E poi c’è nonna Iole, comprensiva e premurosa, rappresenta per Vanni un punto di riferimento saldo e indissolubile.

“Ogni volta che ho guardato indietro a quegli anni, mi stupisco anche di come la mia famiglia abbia potuto ammirare con disinvoltura momenti di relativa gioia a episodi incandescenti, in cui immancabilmente ad appiccare il fuoco era sempre lui, mio padre, intorno al quale tutto pareva dover ruotare. E per me allora, per molti versi, anche adesso è inconcepibile e fonte di stupore il motivo per il quale-a parte la mamma- fosse nonna Iole a non piacere a mio padre e la ragione per la quale, senza alcun preavviso, lui sentisse il bisogno di scagliarsi proprio contro di lei o mettesse in ridicolo quelli che io, invece, vedevo in lei come pregi assoluti”.

Altro affetto stabile sarà per Vanni Tommaso, detto Maso, a cui seguirà anche Martina. Ma con Maso il rapporto è quasi simbiotico. Tra i due fratelli c’è complicità, alchimia, intesa. Fino a quando un destino ineluttabile e spietato farà capolino nella famiglia Salzano, strappando alla vita il piccolo Maso, in seguito a un banale incidente con uno slittino.

“Mio fratello se ne andò ridendo e la sua risata colma di eccitazione è ancora tutt’uno col senso di crimine di cui mi rivestii per non aver saputo frenare e deviare la traiettoria, che lo slittino, su cui stavamo entrambi scendendo in velocità, aveva ormai preso trascinando me e Maso, che era seduto dietro di me, in un’improvvisa collisione contro un muretto di cemento di un ristorante proprio ai piedi di una delle piste dell’Aremogna. Maso fu scaraventato contro il muro di quel ristorante e se ne andò praticamente sul colpo. Io me la cavai con quattro punti dietro la testa provocati dallo slittino che aveva attutito l’impatto tra me e il muretto sul quale era andato direttamente a sbattere mio fratello”.

Il dolore immane, i sensi di colpa e la sensazione di abbandono, diventano per Vanni il suo pane quotidiano. Per cercare di superare e di contrastare lo sconforto, Vanni decide di trasferirsi a casa di Chiara, un’amica di famiglia, e successivamente, di andare in Inghilterra per una vacanza-studio. È in questo periodo che il giovane ragazzo comincia a maturare l’idea di andare a studiare in un’altra città per allontanarsi dalla sua famiglia, ed è sempre in questo lasso di tempo che inizia a interrogarsi sulle sue inclinazioni sessuali.

“…Non ricordo particolare vergogna per il sorgere di questa mia possibile attrazione nei confronti di Angelo, né disagio nell’ipotizzare un’attrazione del mio nuovo amico nei miei confronti. Vederlo nudo davanti a me e aver sentito che potevo provare interesse per quel giovane corpo appena più muscoloso del mio fece riemergere alcuni pensieri che già qualche tempo prima mi erano passati per la testa ma che avevo fino ad allora deciso di tenere congelati e inespressi. Ma non andai oltre a una mera supposizione di quello che ipotizzai potesse essere un’attrazione reciproca”.

La vita di Vanni inizia a delinearsi. Va a studiare a Roma, conosce Federico, e con lui il dolore del tradimento. E poi le incertezze di Piermaria, fino a giungere con il tempo e molta più consapevolezza, al porto sicuro di Santiago, detto Tiago, con il quale progetta di costruire una “famiglia arcobaleno”.
Le tematiche trattate in questo romanzo sono molto forti ed estremamente attuali: si va dalla violenza psicologica, consumata tra le mura domestiche, al dolore e all’elaborazione di un lutto, alla consapevolezza e all’accettazione della propria omosessualità, alla gioia e alle difficoltà dell’omogenitorialità. Con una scrittura limpida e lineare, Pirozzi riesce ad articolare, attraverso una modalità di dialogo nella quale forse non mi sono mai imbattuta, una storia di vita strutturata e complessa. Molto dettagliata la descrizione della permanenza di Vanni a Skopje; un po’ prolissa invece la parte in cui il protagonista, dietro suggerimento del papà, scrive un diario in cui annota esperienze, emozioni e ricordi. Estremamente toccanti le ultime pagine.
Un libro comunque di rara intensità, nel quale sono dispensate emozioni stracciate, acute, viscerali. Una lettura che mi sento di consigliare vivamente a tutti.

Conclusioni

Restare in apnea, sul fondo del mare, per poi riemergere, a respirare a pieni polmoni. A intermittenza. Proprio come un delfino. Questa, forse, la vita di ognuno di noi.

Recensione di Fabiana Manna

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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