Continuare a respirare di Veronica Polverari

Continua a respirare di Veronica Polverari, Brè edizioni.

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“Tutto passa. Passano le sofferenze e i dolori, passano il sangue, la fame, la pestilenza. La spada sparirà, le stelle invece resteranno, e ci saranno, le stelle, anche quando dalla terra saranno scomparse le ombre persino dei nostri corpi e delle nostre opere. Non c’è uomo che non lo sappia. Ma perché allora non vogliamo rivolgere lo sguardo alle stelle? Perché?”

Michail Afanas’evič Bulgakov 

31 gennaio 2020: il Consiglio dei ministri delibera lo stato di emergenza sanitaria per l’epidemia da coronavirus, a seguito dell’emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale, dichiarata dall’OMS. Un incubo mostruoso, fa capolino e bussa insistentemente alle porte di tutti i cittadini del mondo. Nessuno escluso. Una guerra silente, senza bombe né carri armati. Ma miete vittime, indisturbata e a caso. Un minimo contatto può essere fatale, specialmente per le persone più deboli. Gli ospedali cominciano ad essere invasi dai pazienti che hanno contratto il virus, e tutto il personale sanitario si ritrova ad essere stremato ed esausto. Nessuno potrà mai dimenticare le scene che quotidianamente hanno riempito le nostre case attraverso i telegiornali, l’angoscia, la paura, il panico, il terrore… Fino a quando il mostro si avvicina sempre di più, bussa anche alle nostre porte, nonostante le attenzioni, nonostante il rispetto dei divieti e dei limiti, nonostante le privazioni, nonostante tutto… 

Ed è quanto succede all’autrice di questo straziante e intenso romanzo, che pur avendo osservato con scrupolo e zelo le indicazioni del governo, nel marzo del 2021 si accorge di aver contratto il Covid. Tutto sommato non sta troppo male, e questo le consente di vivere una pseudo serenità. Fino a quando anche la mamma e la zia, con cui condivide gli spazi abitativi, risultano essere state contagiate. La mamma comincia a saturare male: necessita di cure ospedaliere. Le porte dell’inferno si spalancano per l’ennesima famiglia.

…Avevo letto anche molto sulla mascherina NIV o total-face. Pazienti che lamentavano la pesantezza di rimanere ventiquattro ore al giorno attaccati a un marchingegno simile, che butta fuori ossigeno e recupera anidride carbonica. Gli elastici che tirano per farla aderire al viso. La gomma sul contorno che si attacca alla pelle e che non si deve staccare altrimenti subentra la fame d’aria. Il caos organizzato di rumori, suoni e allarmi del ventilatore polmonare e degli altri strumenti a cui i ricoverati sono attaccati. Il personale sanitario che fa visita per prendere i parametri senza la possibilità di scambiare molte parole perché di mezzo c’è la mascherina, o semplicemente perché c’è la stanchezza.”

Le regole sono state tassative: non c’era alcuna possibilità di far visita ai propri cari, nel bene e nel rispetto di tutti, era fondamentale e necessario restare fuori dagli ospedali. E attendere che il medico di turno chiamasse per informare i familiari rispetto al decorso della malattia. Oltre agli sporadici messaggi telefonici, che mantenevano un flebile contatto ed edulcoravano, consapevolmente, la situazione. Ma tutti sapevano la vera verità, anche se non espressamente palesata.

Sapevo che si sentiva sola. Ero consapevole che temeva di non farcela, che durante tutto il giorno dentro quel mondo ossigenato che la teneva in vita faceva bilanci, ricordava il passato, pregava e affidava la sua salute a chi non c’era più. Non poteva di certo paragonare quanto le stava accadendo ad altre sciagure, lei era viva. Ma sapevo che ciò che mi aveva scritto era una bugia. Questa non era più leggera. Questa era una delle prove più difficili che avesse mai affrontato. A settantadue anni doveva solo riposarsi dalle fatiche del lavoro e godere le gioie della vita che aveva fatto nascere.”

Nei momenti più difficili della vita tutti tendiamo a fare delle considerazioni, rispetto alla nostra esistenza e a quella dei nostri cari. È naturale, forse umano, dannatamente umano…

Aveva sofferto e lottato abbastanza nella vita, non c’era bisogno di questa battaglia. Speravo e pregavo. Pregavo non troppo, sentivo che un po’ ce l’avevo con Dio, ma speravo tanto, continuavo a sperare e non potevo fare altro.”

Cos’altro si può fare in queste circostanze? Nulla. Sperare e attendere. E l’attesa è quel limbo che logora, macera, consuma fino all’osso. Un lasso di tempo che squarcia e fa brancolare nel buio più profondo, bramando la luce con un ardore che non si può spiegare. Si può comprendere solo se il cammino è stato il medesimo. Fino a che una telefonata non pone fine alle aspettative. E la terra vacilla sotto i piedi, tanto da sprofondare in un abisso di incredulità, di sofferenza, di dolore, di disperazione che penetra le carni come un coltello affilato. Nulla sarà più com’era stato. Mai più…

“Nel momento in cui ci si guarda dall’alto si è già in uno stato di beatitudine. Appare tutto normale, come una cosa di cui si è fatta esperienza altre volte. Si fluttua nella stanza e si vede il proprio corpo disteso inerme e lo si guarda con distacco. Lo si considera come un inutile ammasso di carne e ossa, una zavorra a cui l’anima era attaccata per un brevissimo periodo dell’esistenza universale e che si è pronti ad abbandonare per raggiungere una dimensione migliore. Una dimensione in cui i colori, i suoni, i profumi più belli e inesplorati si fondono, vibrano e creano un “luogo” sublime. Subito dopo il passaggio, ci si sente un tutt’uno con l’universo intero: l’anima è anche acqua, oceani, montagne, tramonto, alba, luce, vento. L’anima non è più corpo, ma è solo mente, non è più come la si intende sulla vita terrena: nella condizione di passaggio alla nuova dimensione la coscienza si apre, si rafforza, si amplifica, tutto il comprensibile viene capito e tutto l’incomprensibile viene saputo. Si è davvero sé stessi in una condizione di appagamento e intelletto. Ogni nozione, informazione, conoscenza appare nota, evidente e chiara. Tutte le leggi del cielo, della terra, del fuoco si legano all’anima e in un lampo tutto ciò che è stato durante la vita terrena viene compreso, i ricordi, anche quelli sopiti nell’inconscio, riaffiorano prepotentemente e risultano veri, come un qualcosa che si sta rivivendo. Non si è nella dimensione del sogno, si è nella vera dimensione dell’esistenza. Tutto appare preciso e ordinato senza le tracce di quella confusione che tanto infastidisce la vita sulla Terra. L’anima, o ciò che esce dal corpo, conosce tutto, capisce il senso di ogni gesto vissuto, il perché di ogni cosa, perfino il motivo per cui ci si ammala nel corso degli anni. Ogni cosa è legata a un’altra e ognuno è davvero una pedina di un gioco immenso, mossa da un’entità superiore fatta di amore puro. Un disegno soprannaturale perfetto, in cui tutti vivono le loro vite con una sorta di predestinazione universale. Una volta staccatasi dal corpo, l’anima brama nel ritornare nel suo stato originale etereo e inconsistente, perché quello che vive sulla terra è solo un breve passaggio che doveva essere vissuto, finalizzato al solo scopo di ritornare nella condizione più lieta dell’esistenza. Mia mamma dovrà essersi vista dall’angolo della stanza, attaccata a tubi e apparecchi, con il dottore e l’infermiera chinati sopra di lei. Poi avrà visto il dottore tenerle un po’ la mano. In quel momento avrà saputo tutto quello che c’era da sapere, cosa le aveva provocato la malattia, se ci fosse stata una terapia che l’avrebbe salvata, perché si fosse ammalata e perché avesse finito la sua vita in quel momento. Avrebbe saputo anche tutto quello che avevo patito io, rinchiusa in casa, lontana chilometri da lei, nell’attesa che guarisse. La sua mente, o quello che ormai era diventata, avrà vissuto per intero tutta la sua vita, avrà rivisto me, avrà vissuto nuovamente i momenti felici passati insieme. Ma ne sarà stata distaccata perché lei stava già entrando in un tunnel luminoso che la attraeva verso qualcosa di grande, necessario e meraviglioso. Il suo corpo ancora caldo era rimasto lì. Come avviene nella muta del serpente, quel corpo, a me così familiare, non valeva più nulla, non le era più indispensabile perché lei era tornata nel posto dove doveva e voleva essere, in un posto dove si sentiva beata e accolta nel profondo.”

Ho volutamente estrapolare diversi stralci di questo straordinario libro perché in questa tragedia ho rivissuto pari pari la mia esperienza personale. Anche la mia mamma ha lasciato questo piano per le medesime ragioni della mamma dell’autrice. Il Covid ha segnato tutti, in modo indelebile, e ci ha cambiati profondamente. E solo chi ha vissuto in prima persona questa tragica esperienza, in modo diretto o meno, sa. Sa cosa vuol dire sobbalzare allo squillo di una telefonata, sa cosa significa restare fuori dalle mura ospedaliere, sa cosa vuol dire ignorare completamente i trattamenti riservati agli ammalati, medici e/o umani. È uno strazio inenarrabile, un logorio incessante. E ci si aggrappa alla speranza, alla fede, anche alla magia nera se si potesse…

È una lettura dove il dolore si tocca con mano, dove la sofferenza e lo sgomento si fanno spazio a gomitate, dove le parole si fanno anima, nell’accezione più profonda del termine. Ma c’è anche altro, molto altro. Dopo che il dolore ha assunto la sua peggior forma, si ricerca la serenità, la pace, la voglia e la necessità di sorridere. Ancora una volta. Nulla sarà più come prima, ma forse per istinto di sopravvivenza, per dovere morale nei confronti di coloro che ci hanno amato e di chi ci ama, ce lo imponiamo. E da lì, nuovi inizi si prospettano, nuovi orizzonti si profilano. Da lì si riparte, diversi, profondamente mutati, arricchiti di nuove consapevolezze, che nel bene e nel male, ci fanno comprendere il vero senso dell’amore, della vita, della nostra precarietà.

Un libro che mi sento di consigliare vivamente. 

“Mamma era diventata tutto quello per cui io l’avevo amata. Lei stessa era diventata l’amore che provavo.”

Il dolore è uguale e contrario all’amore. Entrambi, per motivi diversi, sono totalizzanti e non lasciano spazio ad altri pensieri. Riempiono ogni atomo del corpo e lo fanno vibrare. Ma se l’amore scuote con ampi movimenti di eccitazione, il dolore immobilizza in uno stato di scossa sotto pelle. Un perenne stato febbrile.”

“Non abbiamo nessun controllo sulla morte, per cui non ci resta che essere padroni della vita: maneggiarla con cura e allo stesso tempo con intelligenza, sfruttando tutto il potenziale che abbiamo a disposizione.”

“Questo maledetto Covid che ci ha nascosto il sorriso, chiuso in noi stessi, che ci ha fatto morire da soli, non ci ha tolto la forza di amare, abbiamo avuto e continuiamo ad avere la possibilità di vivere di un amore senza confini.”

Una dedica densa di emozioni. Una lettera che va oltre l’amore, oltre il dolore. Aurora e la sua Bibi, sono madre e figlia. Due persone unite da un immenso sentimento, un affetto che oltrepassa i legami familiari. Sono due cuori che convivono. Una vicenda narrata ai giorni nostri e che combatte i mostri attuali. E cosa c’è di più malvagio della pandemia che abbiamo vissuto negli ultimi anni? Le due donne si trovano a combattere un nemico sconosciuto, un rivale orribile che non ha pietà. Il Covid non si ferma davanti agli affetti, non si arresta davanti alle lacrime. Bibi e Aurora sono chiamate a superare una prova difficile, la più dura. E la sconfitta sembra essere troppo vicina e drammatica. Pensieri, nostalgie e memorie di un passato insolito, a tratti burrascoso, sono racchiusi in un romanzo che è un inno alla vita e alla speranza. Una presa di coscienza sul fatto che anche chi non c’è più, camminerà per sempre al nostro fianco.

Autore: Veronica Polverari
Editore: Brè
Anno edizione: 2022
In commercio dal: 24 luglio 2022
Pagine: 135 p., Brossura
EAN: 9791259702296

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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