“David Bowie non è morto. Sono solo tornati a riprenderselo.” Steve Kitkars.
Sono già trascorsi tre anni dalla morte del Duca Bianco, avvenuta probabilmente in una clinica oncologica di New York per un tumore al fegato, malattia di cui erano a conoscenza solo pochi amici e familiari. Il produttore Tony Visconti, in un’intervista avrebbe detto: “Ha sempre fatto quello che voleva. E voleva farlo a modo suo, e voleva farlo al meglio. La sua morte non è stata diversa dalla sua vita: un’opera d’arte. Ha fatto “Blackstar” per noi, è stato il suo regalo d’addio. Sapevo da un anno che sarebbe andata così. Non ero preparato, però. È stato un uomo straordinario, pieno di amore e di vita. Sarà sempre con noi. Per ora possiamo solo piangere.”
David Bowie, all’anagrafe David Robert Jones, è nato a Londra l’8 gennaio 1947, ha calcato le scene per cinque decenni ed è stato un artista in continua trasformazione ed evoluzione, capace di reinventarsi nello stile, nella musica e nell’immagine. Quando a scuola, un insegnante gli chiese cosa volesse fare da grande, lui rispose di voler diventare l’Elvis britannico. Ispirato inizialmente dal fratellastro Terry Burns, David ha iniziato a cantare come corista nella chiesa di St. Mary nel 1958. Ha abbracciato la dottrina buddista e in merito a ciò ha detto: “Molto di quello che all’inizio mi aveva attratto del buddismo è rimasto con me, l’idea della transitorietà è che non c’è niente cui aggrapparsi pragmaticamente, che ad un certo punto dobbiamo lasciare andare ciò che consideriamo a noi più caro, perché la vita è molto breve. La lezione che ho probabilmente imparato più di qualsiasi altra cosa è che la mia soddisfazione viene da quel tipo di investigazione spirituale. E questo non significa che voglio trovare una religione a cui aggrapparmi, significa di cercare di trovare la vita interiore delle cose che mi interessano.”
L’anno del trionfo musicale è stato il 1972, con l’uscita dell’album “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars”, seguito da “Aladdin Sane” che lo hanno visto raggiungere le vette delle classifiche inglesi. Seguirono altri album importanti come “Low”, “Heroes”, “Lodger”. Gli anni ’80 sono stati per lui fondamentali anche per il cinema e il teatro. Il 17 gennaio 1996 Bowie è stato introdotto nella “Rock and Roll Hall of Fame”, riconoscimento a cui si è aggiunta la celebre stella sulla Hollywood Walk of Fame, posata a febbraio 1997. E stata la prima rockstar ad essere quotata in borsa, con obbligazioni collocate sulla piazza di Wall Street, i “Bowie Bonds”, appunto. Nel 2006 gli è stato assegnato il premio “Grammy Award alla carriera”. Fino all’uscita di “Blackstar”, avvenuta proprio il giorno del suo sessantanovesimo compleanno e due giorni prima della sua scomparsa. Un album che ha rappresentato la sua corsa contro il tempo e contro un male che in 18 mesi non gli ha dato via di scampo, privandolo della vita terrena ma elevandolo ulteriormente e definitivamente agli onori della gloria del rock. Un artista dalle infinite sfaccettature, polistrumentista, compositore, pittore, attore, capace di crearsi diversi alter ego. Con lui il rock è diventato Arte, fondendo insieme fantascienza e filosofia, travestimento e glam, androginica e provocazione, terreno e mistico.
Una curiosità: fu George Underwood che, durante un litigio a scuola, colpì David con un pugno nell’occhio sinistro e con l’anello che indossava gli causò una midriasi traumatica cronica, lasciandogli una dilatazione permanente della pupilla che avrebbe caratterizzato per sempre il suo sguardo e che lo avrebbe lasciato con una percezione alterata della profondità e della luce.
Fabiana Manna
Lo ricordiamo con una delle sue canzoni più celebri ” Let’s dance”.