Essere senza destino, Imre Kertèsz

Essere senza destino, Imre Kertèsz

Autore: Imre Kertèsz

Titolo: Essere senza Destino

Editore: Feltrinelli

Collana: Universale Economica

Edizione: 10/2014 Tascabile

Pagg:  223 -Brossura

Prezzo: €. 9,50

Non è stata inizialmente una lettura semplice…
L’autore ha impiegato 10 anni per ultimarlo e per moltissimo tempo nessuno lo volle pubblicare, quando finalmente apparve in Ungheria nel 1975, fu totalmente ignorato e l’autore messo al bando. Dovette aspettare il crollo del muro di Berlino per vederne riconosciuta l’opera tanto in patria quanto all’estero.
È una ricostruzione autobiografica dell’autore IMRE KERTÉSZ di quanto vissuto durante l’anno (1944/45) in cui è stato deportato ad Auschwitz, e i vari trasferimenti tra i campi di concentramento di Zeitz e Buchenwald, da cui poi verrà liberato. La narrazione è in prima persona, il linguaggio utilizzato semplice e d’effetto. A raccontarsi è uno studente 15enne, Gyurka, che viene arruolato al lavoro forzato alla Shell per poi essere costretto a partire per la Germania.  L’autore descrive il tutto con estrema naturalezza e lucidità. I giorni da deportato prima, ed internato poi, vengono ripercorsi quasi fossero delle normalissime giornate all’interno di un collegio, lasciando percepire in un certo senso, un punto di vista quasi “onesto” dell’olocausto. Tutto viene giustificato, le avversità, le ingiustizie, la fame, la sporcizia, le piaghe, il dolore….. il protagonista giustifica tutto in maniera spiazzante e tutto accade “un passo dopo l’altro” con naturalezza.  Non ci sono parole di disprezzo, di odio, né immagini crude; si evince al contrario una sorta di pietas per i carcerieri, quasi a giustificarne il comportamento, perché determinate azioni in determinati luoghi, non possono avere un decorso diverso. Quando finalmente, per un caso fortuito, viene liberato la gente si aspetta il racconto degli “orrori”, dell’inferno vissuto al campo, quell’inferno che Gyurka, disorientando tutti afferma di non conoscere e pertanto non poterlo descrivere e aggiunge che a differenza di Auschwitz all’inferno di sicuro non ci si annoia. Ci si aspetta che dimentichi in fretta ma ….”non si può cominciare una vita nuova ma soltanto proseguire quella vecchia”….. La chiave di lettura dell’intera testimonianza di vita vissuta è che …..”non esiste assurdità che non possa essere vissuta con naturalezza”. ….. Tutto è ovvio e tutto è naturale come il tempo che inesorabilmente passa un giorno dopo l’altro come naturale è la felicità, “una trappola inevitabile”. Ed e’ cosi che si conclude il libro con la presenza della felicità. …………'”perché persino là, accanto ai camini, nell’intervallo tra i tormenti c’era qualcosa che assomigliava alla felicità. Tutti mi chiedono sempre dei mali, degli orrori, sebbene per me, forse, proprio questa sia l’esperienza più memorabile. Si, è di questo, della felicità dei campi di concentramento che dovrei parlare loro la prossima volta che me lo chiederanno. Sempre che me lo chiedano. E se io a mia volta, non l’avrò dimenticato.” …….

Imre Kertètz

IMRE KERTÉSZ  Romanziere e saggista ungherese di origini ebraiche, morto nel 2016. Nel 1944 subì la deportazione ad Auschwitz e Buchenwald, da cui fu liberato dopo un anno. Per la manifesta avversione al regime comunista, fu licenziato dal quotidiano per il quale lavorava. Per sopravvivere si dedicò alla traduzione ( Freud – Nietzsche – Canetti – Wittegenstein), iniziando contemporaneamente la stesura del romanzo autobiografico che lo impegnerà per circa 10 anni: Essere Senza Destino.  Per Kertész l’Olocausto non rappresenta uno “scandalo”, una macchia sulla coscienza collettiva dell’Occidente, quanto l’esito necessario di un impianto raziocinante votato male. Questa concezione permea anche le successive prove narrative : Fiasco (1988), Kaddish ,per il bambino non nato (1990) , Il vessillo britannico (1991), Liquidazione (2003), Dossier K. (2006); nonché la fitta produzione saggistica. Nel 2002 è stato insignito di Premio Nobel per la Letteratura.

Trama:

Dal Premio Nobel 2002, un libro sul mondo concentrazionario e sulla psicologia dei campi di concentramento secondo uno scampato, che vorrebbe paradossalmente farsi portavoce della “felicità” dei campi. Gyurka non ha ancora compiuto 15 anni, quando una sera deve salutare il padre costretto a partire per l’Arbeitsdienst. Alla domanda perché agli Ebrei venga riservato un simile trattamento, il ragazzo rifiuta di condividere la risposta religiosa, “questo è il volere di Dio”. Perché dovrebbe esserci un “senso” in tutto questo? Poco dopo Gyurka viene arruolato al lavoro forzato presso la Shell, e da lì, un giorno, senza spiegazione, viene costretto a partire per la Germania. La voglia di crescere, di vedere e imparare, l’impulso vitale di questo ragazzo sono così marcati e prorompenti che la sua ratio trova sempre il modo di giustificare il corso degli eventi, tanto più in un mondo in cui comunque domina l’arbitrio. Da qui tutto procede a piccoli, quanto inesorabili passi, in un fatale succedersi di momenti: tanti ordini che non vengono motivati e a cui si obbedisce prima ancora di averli capiti, una serie di azioni che porta alla distruzione di sé. La sopravvivenza a questo punto è solo un caso fortuito: sono i compagni che un giorno denunciano le sue gravi ferite a un infermiere, innestando quella deviazione di rotta che alla fine salverà Gyurka.

Pubblicato da Teresa Anania

Eccomi..... Sono Teresa Anania, e ho una passione sfrenata per i libri. Un amore iniziato ad otto anni e cresciuto nel tempo. Amo scrivere e riversare, nero su bianco, emozioni, sentimenti e pensieri concreti e astratti. La musica è la colonna sonora della mia vita. Ogni libro lascia traccia dentro di noi e con le recensioni, oltre a fornire informazioni "tecniche", si tenta di proiettare su chi le leggerà, le sensazioni e le emozioni suscitate. Beh..... ci provo! Spero di riuscire a farvi innamorare non solo dei libri ma della cultura in senso lato.

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