“Un Paese senza memoria è un Paese senza identità.” Rinaldo Sidoli
27 gennaio 1945: le truppe sovietiche della 60esima armata del “Primo Fronte Ucraino” del maresciallo Ivan Konev, giunsero in Polonia, a Oświęcim ( in tedesco Auschwitz), dove scoprirono il campo di concentramento e liberarono i sopravvissuti. L’apertura dei cancelli di quel lager equivalse ad affacciarsi all’inferno: l’orrore, in tutte le sue inenarrabili sfumature, si era concretizzato di fronte ai soldati russi. Non avrebbero mai immaginato di assistere a una visione raccapricciante, paurosa, terrificante, macabra. L’apertura di quei maledetti cancelli portò alla luce tutto l’odio e gli abomini perpetrati da uomini ai danni dei propri simili. Oltre alle testimonianze dei superstiti, parte dei documenti e strumenti di tortura e annientamento furono ritrovati in quel posto maledetto a conferma di ciò che era accaduto. Solo una decina di giorni prima, le SS evacuarono il campo, costringendo circa 60.000 prigionieri a seguirli in una marcia della morte, durante la quale in moltissimi persero la vita.
Gli Stati membri dell’ONU decisero il primo novembre 2005 che la data simbolica di riferimento in ricordo della Shoah, coincidesse con il giorno della liberazione di Auschwitz, appunto il 27 gennaio.
L’Italia ha istituito la giornata commemorativa nella stessa data ma alcuni anni prima, e gli articoli 1 e 2 della legge 20 luglio 2000 numero 211 definiscono così le finalità e le celebrazioni del Giorno della Memoria: “La Repubblica Italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data del l’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del,popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”
In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzate cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia del nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.
L’indifferenza, l’egoismo, il disinteresse e la freddezza hanno contribuito in maniera determinante e irreversibile ad un processo di torture, sevizie, barbarie, efferatezze spietate nei confronti di milioni di persone innocenti, indifese e inermi.
Primo Levi scriveva: “A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che “ogni straniero è nemico”. Perlopiù questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager.” E dunque il mio auspicio è che ogni giorno sia il 27 gennaio, ogni giorno sia SEMPRE la “Giornata della Memoria”. Abbiamo il dovere di ricordarci che viviamo tutti sotto lo stesso cielo, che siamo tutti essere umani uguali a prescindere dal credo, dal colore della pelle, dalla cultura, dall’estrazione sociale, dalle inclinazioni sessuali e politiche. E dobbiamo farlo soprattutto in quest’ultimo periodo storico-politico di enorme confusione, che genera inevitabilmente e nuovamente paura e diffidenza. E concludo con una frase di Tiziano Terzani, tratta dal suo “Lettere contro la guerra”: “Solo se riusciremo a vedere l’universo come un tutt’uno in cui ogni parte riflette la totalità e in cui la grande bellezza sta nella sua diversità, cominceremo a capire chi siamo e dove stiamo. Altrimenti saremo solo come la rana del proverbio cinese che, dal fondo di un pozzo, guarda in su e crede che quel che vede sia tutto il cielo.”
Fabiana Manna