Hitler, l’ascesa al potere di Andrew Nagorski

Hitler – L’ascesa al potere di Andrew Nagorski. Un grande documento storico. L’ascesa del dittatore, raccontata attraverso lo sguardo di chi l’ha vissuta. Newton Compton editore.

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“Questo genio diabolico emerso dagli abissi della miseria, infiammato dalla sconfitta, divorato da odio e spirito di vendetta e ossessionato dal suo disegno di fare di quella tedesca la razza dominante dell’Europa e forse del mondo intero.”

Winston Churchill 

Tra la fine della Grande Guerra e l’inizio del secondo conflitto mondiale, trascorre pressappoco un ventennio. Un lasso di tempo di circa quattro lustri delicato, complesso e incerto, dal quale tutti i reduci e i sopravvissuti cercavano di riprendersi anelando un futuro più roseo. In particolare, in Germania, la criticità era sentita maggiormente: dopo la costituzione della Repubblica di Weimar, le rivolte a Berlino si erano moltiplicate in maniera esponenziale; la popolazione era ancora enormemente dolente per la cocente sconfitta bellica che aveva dato vita poi alle clausole punitive degli accordi di pace firmati a Versailles, senza contare che il marco tedesco subiva un deprezzamento drastico che aveva gettato i cittadini teutonici nella disperazione economica.

“Ci sono quelli che pensano immediatamente a una paralisi politica, a un periodo caotico in cui rivoluzionari e controrivoluzionari se le davano di santa ragione in mezzo alle strade. Ad altri viene subito in mente un’inflazione galoppante che azzera la vita, gettando milioni di solide famiglie borghesi nella povertà più totale. C’è chi ci vede un’epoca di frastornante libertà sessuale o, a seconda di chi parla, un periodo di vergognosa perversione e depravazione. Altri ancora, infine, ricordano quel decennio per la straordinaria rinascita culturale, contrassegnata da un’esplosione di creatività nelle arti e nelle scienze, resa possibile da un autentico sistema democratico. La cosa strana è che tutte queste associazioni psicologiche sono esatte e rispecchiano una versione accurata della realtà.”

In ogni caso, in qualsiasi modo si voglia valutare il periodo interbellico tedesco, l’autore di questo docu-libro si sofferma, nella fattispecie, sulle esperienze dirette e personali di diplomatici, intellettuali, giornalisti e militari americani che in quel ventennio si trovavano in Germania. Le loro storie, magistralmente assemblate da Nagorski, aprono uno scenario non a tutti noto del modus operandi dei teutonici dell’epoca, anche, ovviamente, in riferimento a colui che sarebbe stato il fautore della Seconda guerra mondiale. 

“…Ai lettori americani che non avevano mai sentito parlare di questo nuovo esponente politico restava probabilmente impresso soprattutto il fatto che lo si descrivesse come un “uomo del popolo”, che aveva prestato servizio nelle trincee della Prima guerra mondiale, che aveva poi lavorato come falegname ed era diventato capomastro edile (probabile esagerazione dei tempi in cui aveva fatto il manovale). Wiegand, giornalista americano che riesce a intervistare Hitler nel 1921, rappresentava il Führer quale oratore dalle capacità magnetiche, che era anche un organizzatore geniale ed eccezionale. Dopodiché elencava le caratteristiche principali del “Mussolini tedesco” in una descrizione quasi esauriente:

Trentaquattro anni, di taglia media, forte, magro, coi capelli neri, baffetti ben curati, occhi che talvolta sembrano sprizzare fiamme, naso diritto, fattezze e lineamenti netti, con un incarnato talmente delicato che sarebbero contente di averlo molte donne, e in possesso di un portamento tale da fornire l’impressione di un’energia dinamica molto ben controllata… Questo è Hitler, uno dei personaggi più interessanti che abbia conosciuto in questi ultimi mesi. Col suo fervore apostolico, dotato di un’eloquenza convincente e di un magnetismo grazie al quale si sta guadagnando dei seguaci perfino tra gli appartenenti dei circoli comunisti e socialisti, Hitler ha le stigmate del leader. Solo in futuro si dirà se sarà a capo di una piccola banda o di un grande movimento. Lui crede fortemente che la sua missione consista nel risvegliare la Germania per salvarla dai suoi nemici interni…”

Eppure, già in tempi non sospetti, come una serpe in seno, la Germania covava ideali di antisemitismo, che non tardarono a manifestarsi…

L’antisemitismo tedesco non era solo questione di opinioni e preconcetti fin troppo banali. Il 24 giugno 1922, Walter Rathenau, il ministro degli Esteri, l’ebreo che deteneva la più alta carica governativa, venne assassinato a Berlino, e in seguito scoppiarono altre violenze antigiudaiche, che i gruppi di destra mettevano in atto con sempre maggiore frequenza. Hugh Wilson, un diplomatico, assegnava la colpa alla combinazione di vari fattori: milioni di reduci di guerra rimpatriavano in Germania dove scarseggiavano i posti di lavoro, e fra i ricchi e i potenti era compresa “un’alta percentuale di ebrei”. Inoltre, si riteneva che il bolscevismo fosse dominato e condizionato dagli ebrei, precisava Wilson, oltre che da qualche partito democratico presente al Reichstag. È facilmente percepibile il dilagare dell’odio e del risentimento, scrisse.”

Intanto il tempo passava, e Hitler e le sue idee diventavano sempre più dilaganti e attecchivano nelle teste della maggior parte dei tedeschi.

“C’era chi si inquietava per il comportamento dei nazisti, ma pochi capivano la natura devastante delle trasformazioni in atto, coi pericoli rappresentati da questo popolo.”

Nel gennaio del 1933, Hitler ottiene l’incarico di formare un nuovo governo: viene nominato cancelliere, assume la guida del governo e ottiene la maggioranza assoluta in parlamento, dal quale riceve pieni poteri. Il più brutale dei periodi storici stava per concretizzarsi…

“Angus Thuermer era un altro giovane americano desideroso di conoscere la Germania hitleriana, dove giunse nel 1938. Si trovò ad essere un involontario testimone di quella che sarebbe passata alla storia come “Kristallnacht”, la Notte dei cristalli. In una strada vide il fumo che usciva da una sinagoga in fiamme. 

“Vedevo coi miei occhi, da testimone, una frenesia irreale… Era ciò che avevo già visto ai raduni nazisti, ma moltiplicato all’ennesima potenza. Là c’era il rumore, qui la furia. I cittadini guardavano davanti a sé, fingevano di non sapere cosa stesse accadendo. Ma al pomeriggio la gente non fingeva più: fissavano le devastazioni nelle zone in cui erano più frequenti le attività degli ebrei. I rari agenti presenti sono stranamente discreti, quasi invisibili, evidentemente hanno ricevuto l’ordine di non interferire con le camicie brune che si scatenano. Thuermer postulava che ci fossero due spiegazioni possibili all’orgia di violenza antisemita: a quel punto, la maggioranza dei tedeschi “credeva fino in fondo ” all’ideologia nazista, oppure era troppo spaventata per obiettare. Nell’autunno del 1938, chiunque sapeva cosa succedeva agli oppositori del regime.”

Le testimonianze di atti gravissimi e inimmaginabili, frutto della follia allo stato puro, piovono da ogni angolo di Berlino, lasciando tutti sgomenti, increduli, agghiacciati.

“Charles Thayer, un diplomatico di stanza al consolato di Berlino, venne informato di episodi terribili in tutta la città. Un suo amico aveva visto i nazisti lanciare un ragazzino da una finestra al secondo piano sulla folla sottostante. 

“Con una gamba rotta, il piccolo strisciava sulle mani e sulle ginocchia fra una foresta di stivali neri che lo prendevano a calci, finché il mio amico non forzò la calca per portarlo in salvo.” 

Mentre bruciavano le sinagoghe, i malfattori saccheggiavano gli empori e i grandi magazzini ebraici. Da Werthein, fecero cadere i pianoforti a coda dalla galleria in modo che si frantumassero sul pavimento, sei piani più in basso. Le violenze proseguirono per due giorni e il personale del consolato americano doveva entrare e uscire di soppiatto, passando dall’uscita d’emergenza sul retro dell’edificio, perché gli ebrei in preda al panico bloccavano le porte sulla facciata anteriore per tentare di rifugiarsi dentro. 

“Per l’intera giornata i Kempinski, i Werthein, i Rosenthal, alcuni dei nomi di famiglia più antichi e onorati di Berlino, tremavano davanti alle nostre scrivanie, implorando di ricevere visti o passaporti, qualsiasi cosa avesse potuto salvarli dalla pazzia che aveva invaso la città.”

L’idea di Hitler era la guerra: l’aveva voluta, l’aveva studiata, l’aveva preparata e l’aveva messa in atto. Il suo pensiero fisso era quello di prevaricare chiunque avesse solo tentato di intralciare la sua opera folle, distruggendo e conquistando, fino a divenire il dominatore assoluto. Con tanti, tantissimi seguaci.

“La Repubblica di Weimar era stata una forma estremista di democrazia liberale, “e adesso i tedeschi si sono affidati all’altro polo estremo, quello della tirannia”, poiché in mezzo al caos del XX secolo era per loro troppo arduo “pensare e prendere decisioni da uomini liberi”, continuava Shirer. E questo lo portava ad articolare la teoria dei “due caratteri” della Germania

“L’individuo tedesco regala un po’ del suo pane razionato per nutrire gli scoiattoli di Tiergarten alla domenica mattina. In quanto persona singola, è molto gentile e premurosa. Per contro, come unità della massa teutonica è capace di perseguitare gli ebrei, di torturare e uccidere i suoi connazionali in un campo di sterminio, di massacrare donne e bambini con cannonate e bombardamenti, di invadere senza la minima giustificazione i territori di altri Paesi, falciandone i cittadini se protestano, o riducendoli in schiavitù.”

Nagorski, con il suo libro, ci ha donato un ulteriore tassello di un mosaico della storia più cruenta e crudele dello scorso secolo. Le testimonianze che è riuscito a raccogliere, alcune assolutamente inedite, ci consentono oggi di valutare alcuni aspetti che hanno preceduto la Seconda guerra mondiale da un’altra prospettiva: quella di chi è stato testimone in loco, e ha vissuto in prima persona le dinamiche funeste che avrebbero catapultato il mondo in una battaglia assurda e sanguinolenta. Nessuno può dimenticare gli abomini che sono accaduti, e tutti abbiamo l’obbligo e l’onere di capire e ricordare, soprattutto in memoria dei milioni di innocenti che hanno perso la vita, in nome di una mera follia…

Come si viveva in Germania mentre il paese scivolava nel suo periodo più buio? Come giudicarono e interpretarono l’ascesa di Hitler gli stranieri che furono testimoni delle atrocità del nazismo? Andrew Nagorski, tratteggia il passaggio dalla Repubblica di Weimar al terzo reich attraverso le testimonianze di diplomatici, militari, intellettuali, atleti americani che si trovavano all’epoca in Germania. Tra oppositori del nazismo e qualche sporadico sostenitore, tra spie dell’occidente e osservatori casuali, nella galleria di personaggi descritta da Nagorski possiamo ritrovare, ad esempio, lo scrittore Thomas Wolfe, l’aviatore Charles Lindbergh e l’atleta Jesse Owens. Ognuno con una storia unica da raccontare, che merita di essere conosciuta perché i tragici errori del passato non possano più ripetersi.

Andrew Nagorski

Giornalista pluripremiato, è stato vicepresidente e direttore della sezione politiche pubbliche dell’EastWest Institute, un think tank con sede a New York. Nella sua lunga carriera giornalistica, ha lavorato per anni a «Newsweek», guidando le redazioni estere di Hong Kong, Mosca, Roma, Bonn, Varsavia e Berlino. La Newton Compton ha pubblicato Sulle tracce dei criminali nazistiHitler. L’ascesa al potere L’anno in cui i nazisti hanno perso la guerra. Per saperne di più: andrewnagorski.com

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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