Il breve mestiere di vivere – Sanremo non è solo festival, Adriano Morosetti. Mursia editore
Non sai che non esiste il diavolo, è solo Dio quando è ubriaco.”
Tom Waits
Sanremo, febbraio 1993. Il Festival è un’occasione imperdibile per gli abitanti della città e non solo. C’è un gran fremito, un’enorme fermento. Tutti gli italiani sono concentrati su quella manifestazione che dura una settimana. Ma che cos’è realmente Sanremo?
“Sanremo è una città complicata. Anche se conta meno di sessantamila abitanti ed è poco più di un paese, tra casinò, Festival, turismo, fiori e traffici vari, produce il giro d’affari di una capitale. Non è facile entrare nei suoi meccanismi e comprendere gli equilibri che la governano. Troppi soldi, troppa corruzione. La solita merda che andava avanti da troppo tempo e si cercava in tutti i modi di sotterrare alla vista, mascherare, insabbiare. Soprattutto nella settimana del Festival. In onda, le solite immagini: il porto, le palme, i fiori, i vicoli in festa. Nessuno doveva vedere il vero volto della città e scoprire ciò che nascondeva. Le telecamere nell’intera nazione erano accese su Sanremo, ma puntate, come sempre, nella direzione sbagliata.”
Già, perché in quel luogo tirato a lustro per il grande evento, basta girare l’angolo per scoprire il degrado e la miseria. Una realtà drammatica che in pochi conoscono.
“Per chi conosceva solo l’Ariston e il casinò, era difficile immaginare che a Sanremo esistesse un posto del genere. Di sicuro, gli inviati delle testate nazionali non ci avevano mai messo piede (…). Era questo che voleva Sanremo, la città più ricca della Liguria? Di sicuro, era quello che voleva Gipo Arnaldi e i razzisti come lui. Allontanare gli stranieri fuori dalle mura per non doverli più vedere, lasciandoli a marcire in un letamaio.”
Anche Arturo Ferretti, trentotto anni, cronista del settimanale “Vox”, una rivista di gossip, arriva da Torino nell’animata città dei fiori, in cerca di uno scoop relativo a un cantante spagnolo molto amato ma poco avvezzo a farsi vedere in pubblico: il noto Yannick. Il giornalista manca da Sanremo da otto anni, da quando il suo papà è passato a miglior vita. Deciso ad allontanarsi per sempre dai ricordi e dai suoi demoni, si trasferisce nella città sabauda, convinto di aver dato un taglio netto al suo passato e a quella parte di vita infausta e dolorosa. Una settimana passerà in fretta, si dedicherà al suo lavoro e andrà nuovamente via, lontano da quel posto che non gli ha reso merito. Queste sono le sue aspettative e le sue fasulle e traballanti convinzioni…
“Il Festival era alle porte e la città si era tirata a festa, pronta a farsi travolgere anche questa volta. I camion delle radio e delle televisioni avevano già preso possesso di tutti gli spazi. Per una settimana, Sanremo sarebbe stata la loro (…). A Sanremo, il Festival è davvero come il Natale. Arriva una volta all’anno e, per qualche giorno, impone nuovi ritmi, stravolge la vita di tutti e innalza attorno a sé una bolla di meraviglia. Poi svanisce, lasciandosi dietro un vago senso di amarezza e stordimento. In città, ci sono quelli che lo amano e quelli che lo odiano…”
Arturo è cresciuto in quel posto magico e maledetto al tempo stesso e, seppur sono passati diversi anni dal suo trasferimento, non ha dimenticato le vecchie amicizie. La domenica sera incontra Nino, un amico di vecchia data e titolare di un’impresa edile che vive momenti di grossa difficoltà, da sempre militante per la giustizia, che vuole raccontargli qualcosa di importante. Ma il cronista è, come spesso gli accade, troppo ubriaco, e rimanda la chiacchierata al giorno seguente. Si danno appuntamento a villa Augusta ma, quando Arturo arriva, trova l’amico per terra, in una posizione innaturale e in una pozza di sangue. Forse è un tragico incidente: pare che Nino sia caduto giù da un ponteggio. La figlia di Nino, Naïma però, è convinta che si tratti di omicidio e lo confida ad Arturo, instillando in lui molti dubbi. Il giorno successivo il cronista torna sul luogo dove ha rinvenuto il corpo esanime dell’amico e, a mente più lucida, si rende conto dell’esistenza di particolari sconcertanti.
Nino stava girando la pittura, piegato in avanti. Doveva avere il pennello in mano. Qualcuno lo aveva sorpreso alle spalle. Ne era nata una colluttazione. Il secchio era caduto a terra, spargendo la vernice. Quanti erano? Nino era una forza della natura, un uomo da solo non ce l’avrebbe mai fatta, anche se armato. Per bloccarlo dovevano essere almeno in due, meglio tre. Uno di loro si era macchiato le scarpe di vernice e si era pulito le scarpe sul battiscopa, mentre gli altri due tenevano fermi Nino. Tre, sicuro. Dopo lo avevano portato di sopra, e lo avevano buttato giù, insieme al pennello. Tornava tutto, mi ero convinto.”
Comincia, per Arturo, una corsa che gli impone di dividersi e conciliare la storia di Yannick, il noto cantante, introvabile, misterioso e bellissimo, la vicenda di Nino, il suo caro amico, morto in circostanze dubbie e tutti i suoi demoni, che dal passato riaffiorano senza dargli tregua, costringendolo a uno stile di vita sopra le righe.
“Presi il whisky e le sigarette, e mi misi in poltrona. Con un pacchetto pieno e una bottiglia al mio fianco, mi illudevo di poter affrontare anche la notte più nera, quando i demoni facevano capolino e cominciavano a danzarmi intorno. Non avevo bisogno di altro. Negli anni, mi ero allontanato da tutti, preferendo la sola compagnia di me stesso. Seduto in poltrona, in penombra, in silenzio. Un altro bicchiere. Un’altra sigaretta. Fino a spegnermi.”
Com’è realmente morto Nino? Arturo sarà capace di scoprire la verità e, contestualmente, riuscirà ad intervistare e fotografare l’inarrivabile star del momento?
In un crescendo di emozioni si dipana una storia che commuove, appassiona, fa riflettere. Lo stile narrativo è molto accattivante e le pagine scorrono velocemente, entusiasmando il lettore dalla prima all’ultima.
I mostri del passato, i demoni interiori, le questioni insolute si ripresentano, anche dopo anni, puntualmente, se non debitamente e consapevolmente affrontate. Inutile cercare l’oblio utilizzando scappatoie palliative. Le ferite non rimarginate con le dovute cure sanguineranno sempre.
Un bel romanzo nel quale ognuno può trovare un pezzetto di sé…
«In onda, le solite immagini: il porto, le palme, i fiori, i vicoli in festa. Nessuno doveva vedere il vero volto della città e scoprire ciò che nascondeva. Le telecamere dell’intera nazione erano accese su Sanremo, ma puntate, come sempre, nella direzione sbagliata.»
Febbraio 1993. Sanremo si prepara a ospitare il Festival e tra i numerosi giornalisti giunti a seguire l’evento, c’è anche Arturo Ferretti, tornato nella sua città natale come inviato di una scalcinata rivista di gossip. In una città messa sottosopra da troupe televisive, cantanti famosi e feste esclusive, Ferretti si ritrova invischiato nella morte di Nino, un vecchio amico. Per la polizia è un semplice incidente, ma troppe cose non tornano. Cinico e disilluso, il giornalista vorrebbe solo strappare uno scoop e andarsene, ma sa che non può farlo: per scoprire la verità e uscirne vivo, dovrà imparare a fare i conti con i fantasmi del passato, perché, come canta Enrico Ruggeri sul palco dell’Ariston, “il breve mestiere di vivere è il solo mistero che c’è”.
Adriano Morosetti è nato a Sanremo nel 1977. In passato è stato molto cose: giardiniere, barista, copywriter, autore televisivo. Da anni lavora come sceneggiatore di serie animate per la rai e il mercato internazionale. Il breve mestiere di vivere è il suo primo romanzo.
Pagine 284
Euro 18,00
EAN 9788842566472