CHE COS’E’ IL BULLISMO
Bully” (bullo) significa prepotente, è proprio di una persona che usa la propria forza o potere per intimorire o danneggiare una persona più debole. Con il termine bullismo si intende un’oppressione psicologica, verbale o fisica, continuata nel tempo, perpetrata da una persona o un gruppo di persone più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole, che non può difendersi. Il bullismo quindi è una vera e propria violenza a causa della quale la vittima vive una profonda sofferenza e svalutazione di sé: viene emarginata dal gruppo e derisa. Silenzio e mancanza di sostegno: la vittima si sente sola, prova vergogna e ha paura di raccontare perché teme vendette o di non essere creduta.
Negli anni 70 lo psicologo norvegese Dan Olweus, dopo il suicidio di due bambini iniziò delle ricerche sul bullismo nelle scuole e ne pubblicò i risultati. Per la prima volta si parlava di un tipo di violenza tra ragazzi. La sua ricerca portò alla luce un fenomeno che era sottostimato e sottovalutato.
CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL BULLISMO
- Il bullismo è intenzionale: Gli atti psicologici, verbali e fisici sono intenzionali, cioè hanno lo scopo di offendere e creare disagio. Il bullo prova soddisfazione a insultare, offendere o picchiare la vittima. Continua i suoi comportamenti anche di fronte al malessere, anzi più la vittima sta male più si sente stimolato a continuare.
- Persiste e dura nel tempo: le azioni si verificano sempre davanti ad altri compagni, spettatori o complici e sono duraturi nel tempo, per giorni, mesi e addirittura anni. Questi atti ripetuti e continui portano la vittima a perdere autostima, con conseguente stato di depressione e solitudine.
- Asimmetria nella relazione, non è un rapporto alla pari: c’è disuguaglianza tra bullo e vittima, cioè questa non riesce a difendersi perché il bullo si circonda di un gruppo e gode del supporto della classe.
Nel bullismo si prende purtroppo di mira la diversità in tutte le sue manifestazioni. Chi è diverso viene discriminato perché c’è nella nostra società un’intolleranza verso ogni forma di disuguaglianza fisica, sociale, etnica.
LE FORME DI BULLISMO
Il bullismo si manifesta con modalità diverse. Una prima distinzione va fatta tra bullismo diretto e indiretto.
Il bullismo diretto può essere verbale o fisico:
- Bullismo fisico si attua con l’aggressività e il contatto fisico (picchiare, tirare capelli, spuntare, spingere, dare pizzicotti, fare sgambetti, rubare oggetti personali o rovinarli).
- Bullismo verbale consiste nel minacciare, deridere, offendere. Un ragazzo viene preso di mira per il suo aspetto, per il colore della pelle, per il suo modo di fare.
Il bullismo indiretto è tra le forme più diffuse di bullismo. Questo tipo di violenza è più sottile, si attua sul piano psicologico e sociale perciò sfugge all’occhio esterno. E’ una forma di isolamento sociale e esclusione intenzionale dal gruppo. E’ diffuso tra le ragazze che usano mezzi come: esclusione dalle attività gruppo, smorfie, risate e occhiate maligne. Si diffondono pettegolezzi e voci cattive sulla vittima per distruggere le sue amicizie.
I RUOLI NEL BULLISMO
- Vittima che subisce le violenze
- Bullo
- Aiutante (complice del bullo)
- Sostenitore (colui che incita o ride agli atti del bullo)
- Esterno – spettatore passivo (guarda ma resta indifferente per non essere preso di mira)
I testimoni degli atti di bullismo, sono dei codardi, degli omertosi, spettatori di ciò che loro vorrebbero fare, incapaci come i bulli di emozioni positive e sane.
Il bullismo non è un fenomeno individuale, ma di gruppo. Infatti gli atti avvengono sempre alla presenza di più ragazzi ad esempio in classe. I compagni si fanno influenzare dal bullo e tendono a lasciarsi coinvolgere nelle sue attività per far parte del gruppo. Vi è quindi un “contagio sociale” e una mentalità da “branco” che fa diminuire il senso di colpa per gli atti compiuti.
CHI SONO I BULLI
Il bullo secondo Olweus è un bambino che ha una grande popolarità e influenza sugli altri, viene temuto ed è ostile, non rispetta le regole. Ha un forte bisogno di potere, di dominio e di affermare la propria identità, ha mancanza di sensibilità nei confronti dei sentimenti altrui, cioè assenza di empatia. Secondo Olweus ciò è dovuto ad un clima familiare poco sereno e un’educazione autoritaria con deprivazione affettiva. Il bullo ha avuto dei genitori freddi e distanti, che lo hanno trascurato. Inoltre potrebbero avergli insegnato a risolvere i problemi attraverso la rabbia e la violenza. I figli cresciuti in un ambiente violento o poco sereno potrebbero pensare che un comportamento aggressivo e prepotente sia normale e accettabile.
Il bullo è impulsivo, aggressivo verso coetanei e adulti, tende sempre a prevaricare, ha difficoltà nell’autocontrollo, presenta una bassa tolleranza alla frustrazione. La caratteristica che lo contraddistingue in modo particolare, è l’assenza di empatia, di solidarietà, di capacità di mettersi nei panni dell’altro per comprendere ciò che prova. I bulli non sono capaci di sentire emozioni, in quanto in loro prevale la pulsione immediata ed agiscono in base ad essa.
Il comportamento del bullo è l’espressione di un disagio sociale e famigliare, derivante da violenze subite o modelli familiari aggressivi, da vuoti e mancanze interiori che vengono nascoste dietro una ostentata sicurezza, da troppa esposizione a immagini di violenza attraverso videogiochi e film. Infatti fare i prepotenti è coerente con l’immagine di potente o di duro, si tratta di uno stereotipo diffuso specialmente tra i maschi, ma sempre più anche nelle femmine. Quei bambini che a otto anni mostrano atteggiamenti da bullo rappresentano, la spia di un disadattamento sociale generalizzato che, successivamente, può portare a episodi di violenza conclamata o, addirittura, alla criminalità.
Uno studio ha rilevato che sia i bulli che le loro vittime avranno probabilità di soffrire e di sperimentare fallimenti scolastici, perdita del lavoro in età adulta e povertà. Potrebbero anche essere più propensi a diventare tossicodipendenti e criminali.
Dobbiamo trasmettere ai nostri figli modelli educativi basati sul rispetto, sulla comunicazione, sull’ascolto, sul confronto. Trasmettere vuol dire innanzitutto essere di buon esempio, cioè fungere da modelli positivi, impartire ai bambini le regole del vivere civile, saper dire dei no che possono aiutare ad apprendere ad accettare le frustrazioni che inevitabilmente la vita riserva, tutti aspetti che sono fondamentali per uno sviluppo equilibrato.
LE VITTIME
Le vittime sono più sensibili, insicure e calme rispetto ai loro coetanei. Se attaccate da altri studenti reagiscono piangendo e chiudendosi in sé stesse. Non riescono a far fronte agli insulti e tendono a negare il problema colpevolizzandosi. Hanno una visione negativa di sé, si considerano timide, poco simpatiche e attraenti.
A scuola non hanno molti amici e non usano la violenza neanche se istigate. Questi bambini hanno rapporti più stretti con i genitori e sono stati iper protetti. Questa iper protezione può portare il bambino a non sviluppare autonomia nello sviluppare relazioni con gli altri.
CHIARA VERGANI