“Il diario della Sacerdotessa di Ashtart”
Introduzione
“Io sono Lilith, la leonessa ammaliatrice. Mano di ogni serva, finestra di ogni vergine. Angelo della caduta e coscienza del sonno leggero. Figlia di Dalila, di Maria Maddalena e delle sette fate. Nessun antidoto per la mia dannazione. Dalla mia lussuria s’innalzano le montagne e si aprono i fiumi. Torno per trafiggere con i miei flutti il velo del pudore e per asciugare le piaghe dell’assenza col profumo della dissolutezza.”(Joumana Haddad)Recensione
La primissima cosa che passa per la testa appena ci si approccia alla lettura di questo libro, se totalmente neofiti dell’argomento, è “chi era Ashtart? E perché si parla di Sacerdotessa di Ashtart?” Ashtart altro non è che una translitterazione del nome Astarte, Dea venerata dai Semiti, nonché Grande Madre Fenicia connessa alla Dea Ishtar e legata alla fecondità, alla fertilità della terra e alla guerra.Sulla copertina del libro è raffigurata una statuetta in terracotta nota come Rilievo di Burney, ovvero un rilievo, probabilmente presente originariamente su una tomba, risalente al XVIII secolo di fattura paleo babilonese, che porta il nome del suo scopritore, e rappresenta la “Regina della notte”. Quest’ultima spesso associata alla divinità babilonese “Lilith”, identificata come demone notturno in grado di causare problemi di natura sessuale ai bambini, maschi, oltre che essere nota per incarnare aspetti negativi della femminilità, come la lussuria, la depravazione, la stregoneria, le pratiche magiche. E’ stata accostata da alcuni studiosi alla Dea sumera “Ishtar”, Dea dell’Amore , e al mito del suo viaggio nell’Ade.
Ma cosa ha a che fare, in questo caso, il sacerdozio con gli Dei? Era usanza tra la civiltà babilonese, ma non solo, un rituale sessuale noto come “prostituzione sacra” che si svolgeva all’interno dei luoghi di culto e dove il sacerdote nel tentativo di assorbire quanta più energia vitale possibile, si univa carnalmente alla sacerdotessa celebrando, grazie a questa unione, un rito che onorava la Dea Ishtar per invocare la fertilità delle donne appartenenti alla comunità. L’argomento riguardante la prostituzione sacra è molto più ampio e merita un approfondimento a parte.
Unendo storia, mito, leggenda, culti religiosi e pagani, Francesco Pilieci dà vita a un romanzo che, pur se liberamente partorito dalla sua fantasia, tratta tematiche alquanto singolari e per nulla lontani da talune verità e realtà quotidiane. Si parla di sortilegi, riti divinatori, di sciamani, fenomeni onirici ed esperienze extrasensoriali, di terrorismo jidahista e fondamentalismo islamico; di Dei e religioni orientali, archeologia e ritrovamenti, ma anche di omosessualità, droga e abusi di ogni genere, di separazioni, abbandoni, adulterio, ninfomania e del passato che ritorna. Tutto questo, e molto altro, fa da cornice alla breve ma intensa storia d’amore tra Laura e Giulio. Laura è un diplomatico italiano di un’ambasciata mediorientale, conosce Giulio in occasione di un convegno sulla problematica tra gli Stati di Israele e Palestina. Laura, a seguito del ritrovamento di un papiro contenente il diario di una sacerdotessa di Ashtart, rimane vittima di un sortilegio … O no? Che succederà a Laura? E Giulio, come scoprirà tante verità? Chi tornerà dal passato per chiudere un ciclo della vita di Giulio?
Conclusioni
Un romanzo ricco di pathos ed emozioni anche forti, ben costruito, dal linguaggio colto ma mai ostentato tanto meno volgare. La narrazione è fluida, scorrevole, piacevolmente corretta, totalmente priva di refusi ortografici e/o sintattici e storicamente ricercata. Forse un po’ troppo veloce in alcuni punti, che avrebbero avuto bisogno di maggiori dettagli, ma che nulla toglie alla validità della scrittura. Un buon testo narrativo dal quale trarre svariati spunti per approfondire la conoscenza di determinati contesti storico-culturali e non solo … Si presterebbe a mio avviso a una bella trasposizione televisiva. Un libro di cui consiglio sicuramente la lettura.Teresa Anania