Il dominio delle Serie TV: il telespettatore tra catarsi e sublimazione dei sentimenti.

Il dominio delle Serie TV: il telespettatore tra catarsi e sublimazione dei sentimenti.

Diario di un emblematico viaggio, dal 1937 a oggi, tra “soap opera, telenovelas e fiction.

A qualunque ora accendiamo il televisore la programmazione dei vari canali ci propone serie TV sia sui canali cosiddetti in chiaro, sia su quelli a pagamento: secondo le leggi del mercato, se ce le offrono, verosimilmente, significa che noi, anche se inconsapevolmente, li richiediamo.

Sembra quasi che lo spettatore medio non prediliga più il film, con la sua compiutezza intrinseca della storia ma, piuttosto, uno scorrere degli eventi diluito nel tempo, che diventa un appuntamento con la vita e le vicende dei personaggi.

In realtà l’evoluzione dell’interesse dello spettatore verso tali tipologie di programmi parte da molto lontano; addirittura potremmo farla risalire al 1937 quando una nota società, la Procter & Gable, diede il via allo sceneggiato radiofonico a puntate “The Guiding Lights” che successivamente si trasformò in una vera e propria serie televisiva  il cui titolo italiano era  “Sentieri”: “Sentieri” è andato in onda negli Stati Uniti fino al 2009 e in Italia dal 1982 al 2012.

Oltre a “Sentieri” abbiamo avuto “Dallas”, e poi “Beautiful”, tutte produzioni identificate col nome di “soap opera”, ovvero “opere saponetta”, probabilmente perché agli esordi reclamizzavano, all’interno delle riprese, prodotti per l’igiene e saponi o perché erano inizialmente destinate essenzialmente alle donne.

In realtà intere famiglie seguivano, mentre pranzavano, il susseguirsi delle vicende, tra il rocambolesco e il romantico, di Ridge di “Beautiful” o  di Reva di “Sentieri” e gli spettatori sono invecchiati insieme ai loro beniamini.

Le location delle vicende dei personaggi delle soap opera erano estremamente lussuose e  la loro vita si svolgeva nella ricchezza più sfrenata. Chi non ricorda la villa strepitosa nella quale viveva il mitico J.R. e la sua Sue Ellen nella serie “Dallas”?

Ecco perché quando, dal Sud America, sono arrivate le cosiddette “telenovelas”, con ambientazioni molto più modeste e personaggi spesso ai limiti della indigenza, moltissimi fan delle “soap” americane sono passati alla visione di “Topazio” o di “Anche i ricchi piangono”,  serie di provenienza argentina o messicana.

Altro elemento che ha dirottato l’interesse dei telespettatori verso le telenovelas è stata la diversa durata dei due generi: mentre le “soap statunitensi” duravano praticamente illimitatamente, le “telenovelas” avevano un numero prestabilito di puntate e arrivavano alla tanto attesa puntata finale: l’amore trionfava, la situazione economica dei personaggi evolveva positivamente e la parola FINE dava una sensazione di gioia e di  soddisfazione a tutti coloro che avevano seguito, con trepidazione, le vicende dei personaggi, giorno dopo giorno.

Buoni sentimenti e giustizia perequativa davano dunque alle telenovelas quel quid in più che rendeva la fruizione della serie un momento di maggiore benessere rispetto agli intrighi e alle improbabili e talvolta ai limiti della realtà storie d’amore delle serie statunitensi.

Negli anni ottanta e novanta crebbe dunque, in modo esponenziale, una vera e propria passione verso quella che genericamente venne battezzata “fiction” ovvero spettacolo di finzione che racchiudeva entrambi i generi, nonostante il carattere alquanto semplicistico delle riprese e il livello spesso dozzinale della recitazione.

Addirittura si giunse, in alcuni casi, alla “divinizzazione” degli attori che vissero periodi di grande fama con considerevoli riconoscimenti anche in termini economici, addirittura migliori dei loro colleghi del cinema che si ritrovarono invece in situazioni difficili in quegli stessi anni.

Ma proprio dall’attenzione verso questo genere televisivo da parte di un importante regista, Steven Spielberg,  nasce la svolta: nel 1994 infatti inizia “ER Medici in prima linea”, serie TV prodotta proprio dall’ecclettico regista.

Accanto a una insolita tecnica narrativa rappresentata dall’alternarsi di fasi di calma piatta a momenti di tensione a mille,  talvolta intervallati anche da momenti di comicità, la grande novità che colpisce lo spettatore è “lo spessore” dei dialoghi, ben più profondi e acuti di quelli, spesso anche contraddittori, delle soap e delle telenovelas.

Ma, soprattutto, elemento vincente è la capacità di coniugare la spettacolarità delle riprese statunitensi con un inedito elemento che, precedentemente, mancava totalmente nelle “soap opera”: il valore assoluto della “care”, ovvero della cura del prossimo.

Una giovane sceneggiatrice afroamericana, Shonda Rhimes, coglie la straordinaria potenzialità di questo aspetto e anche la sua finalità divulgativa e nel 2003 nasce “ Grey’s Anatomy”, probabilmente la serie tv che ha maggiormente interagito, negli anni, con gli spettatori in termini di valori trasmessi e di scelte di vita.

Le vite e le vicende dei personaggi, così come sono strutturati, fra amori combattuti,  difficoltà lavorative, conflitti tra genitori e figli, battaglie contro i pregiudizi di vario genere quale l’omosessualità, la diseguaglianza dei sessi o l’alcolismo, trovano una connessione sia di tipo ideologico che ideale con le vicende strettamente mediche: in virtù di questa incredibile associazione,i personaggi di “Grey’s Anatomy” vengono empaticamente percepiti come uomini e donne che, attraverso il proprio lavoro, rivelano la propria anima.

Non sono dunque le loro vicende a essere il centro della narrazione, ma piuttosto la metafora che esse rappresentano per la vita di ciascun essere umano.

“Grey’s Anatomy” è alla quindicesima stagione, mantenendo un livello di ascolti e di fan straordinario per la longevità del programma: tanti telespettatori preferiscono vedere una puntata di questa serie tv piuttosto che un bel film o una trasmissione, sicuramente più interessante, di musica, teatro o  politica.

Credo proprio che siano davanti alla testimonianza che le persone durante il cammino della vita avvertano il bisogno di sentirsi confortati dalla comprensione che le proprie battaglie quotidiane siano, essenzialmente, le stesse di quelle di altri; che, seppur nelle vesti di personaggi di fiction, le vivono anch’essi in maniera similare, e  trarre sollievo dalla circostanza che, se in un modo o in un altro tali personaggi riescono a “cavalcare la vita rimanendo in sella”, ognuno di noi può farlo, con i mezzi che si ritrova a disposizione.

E che al di là delle meschinità e delle brutalità che, purtroppo, fanno parte della  nostra natura esiste un istinto naturale dell’uomo a prendersi cura degli altri e a fare di quella cura il senso della propria vita, indipendentemente dal sesso, dalla religione, dall’età o dall’etnia.

Perché l’uomo esiste veramente quando entra in relazione con altri uomini e può realizzare se stesso appieno e in maniera duratura esclusivamente prendendosene cura e lasciando che altri si prendano cura di lui, senza limitazioni di genere o di razza.

E se tali messaggi raggiungono milioni e milioni di telespettatori, anno dopo anno, per oltre quattordici anni e risultano ancora vincenti vuol dire che, probabilmente, c’è bisogno proprio di questo.

Magari per continuare a credere che ci sia ancora speranza in un Mondo che i “Potenti della Terra” hanno cercato, da molti anni, di orientare verso altri e molto meno nobili valori!

Pubblicato da Rita Scarpelli

Sono Rita Scarpelli e vivo a Napoli, una città complessa ma, allo stesso tempo, quasi surreale con i suoi mille volti e le sue molteplici sfaccettature. Anche forse grazie a questa magia, da quando ero bambina ho amato la lettura e la scrittura . Nonostante gli studi in Economia e Commercio mi abbiano condotta verso altri saperi e altre esperienze professionali, il mio mondo interiore è sempre stato popolato dai personaggi e dalle storie dei libri che leggevo e ancora oggi credo fortemente che leggere sia un’esperienza meravigliosa. Parafrasando Umberto Eco, “Chi non legge avrà vissuto una sola vita, la propria, mentre chi legge avrà vissuto 5000 anni…perché la lettura è un’immortalità all’indietro”. Lo scorso anno ho vissuto l’esperienza incredibile di pubblicare il mio romanzo di esordio “ E’ PASSATO”, nato dalla sinergia dell’ amore per la scrittura con la mia seconda grande passione che è la psicologia. E poiché non c’è niente di più bello di condividere quello che ama con gli altri, eccomi qui insieme a voi!

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