È il primissimo pomeriggio del 31 agosto 1931 quando Giulio, arrivato in Sardegna da Rovigo per un lavoro di bonifica alla cava del Monte Acri e la promessa di un podere a mezzadria, si imbatte in un macabro ritrovamento: scopre i cadaveri di due ragazzi barbaramente ammazzati sulla 26 Est di Mussolinia, identificati successivamente come Rosa Gemma e Loris.
Le indagini partono immediatamente e fin da subito coinvolgono, oltre alle autorità competenti, anche Don Massimo, un salesiano di origine veneta trasferito in terra sarda. La tragica notizia giunge anche a Roma e, il presidente della Società Bonifiche Sarde, Manlio Dolce, parte alla volta di Mussolinia con sua moglie, Donna Erminia, più giovane di lui di venti anni, viziata , capricciosa e sfrontata.
Lo scopo di Dolce è quello di ripristinare l’ordine e mettere a tacere tutti, con ogni mezzo e ad ogni costo: Mussolinia rappresenta per il presidente fonte di potere, denaro e fama.
“A Mussolinia la lira italiana era vietata. Se un colono o un lavoratore voleva acquistare un pezzo di stoffa, un sacco di farina da polenta o una zappa, poteva e doveva usare solo la moneta della Società, e lo poteva fare solo dentro i confini di Mussolinia, nei punti vendita prestabiliti. In questo modo la Società faceva i prezzi, gestiva i guadagni, controllava i consumi e, ovviamente, le vite di tutti quanti.”
La vicenda si evolve in poco meno di una settimana: un arco di tempo nel quale si intrecciano amori, passioni, sentimenti. Uno splendido romanzo, scritto in modo scorrevole e con minuzia di particolari. I luoghi, i personaggi, gli stati d’animo e le emozioni sono perfette e dettagliate in modo da coinvolgere globalmente il lettore.
Un racconto di fantasia inserito magistralmente in un contesto reale: Mussolinia è realmente esistita ed è stata la prima città di fondazione fascista, così chiamata in onore di Benito Mussolini dal 1930 al 1944 quando, in seguito alla caduta del fascismo e in seguito ad un decreto regio, fu cancellata da documenti, mappe e, di conseguenza, dalla memoria, e fu ribattezzata Arborea. “Il sangue nero di Mussolinia” è stato un modo per riportare alla luce quel ventennio oscuro e tragico che, in ogni caso, fa parte del nostro passato e, come tale, non può e non deve essere dimenticato.
Lettura più che consigliata!
Fabiana Manna
Titolo : il sangue nero di Mussolinia
Autore : Emanuela Signorini
Editore : Giovane Holden Edizioni
EAN:9788832921946
Prezzo : € 15
Sono nata a Gallarate, in provincia di Varese, il 16 ottobre 1960. Giornalista professionista fin dal 1987, ho lavorato in testate giornalistiche molti doverse fra loro, con incarichi altrettanto diversi (cronista, inviato, caposervizio, caporedattore). Questo mi ha reso stilisticamente eclettica, istintivamete curiosa, caratterialmente ostinata. Le maggiori testate in cui ho lavorato: La Notte (quotidiano milanese del pomeriggio), Airone, Panorama, Stop, Novella Duemila, Eva Express, Donna Moderna, Consigli Pratici, Vivimilano del Corriere della Sera. Nel 2000 ho lasciato il giornalismo tradizionale per cimentarmi nella nascente comunicazione online, lavorando come web content manager. Dopo brevi esperienze nella comunicazione commerciale, ho fondato una casa editrice per la realizzazione di web magazine. Nel 2005, sfruttando una lunga pausa lavorativa, ho concluso la mia formazione universitaria, con una laurea magistrale in Lettere Moderne, indirizzo storico contemporaneo, all’Università Statale di Milano. Durante quel periodo di studio e ricerca, ho avuto modo sfogliare vecchi archivi privati e visionare materiale documentale inedito che mi hanno fornito prezioso materiale per la stesura de “Il sangue nero di Mussolinia”. Ho innumerevoli passioni che occupano il mio tempo libero, ma le due che si contendono, a pari merito, la mia attenzione sono: la lettura e il giardinaggio.
La descrizione
La vicenda si concentra in una settimana di fine estate 1931 in una landa di recente bonifica della Sardegna, dove sorge la città nuova di Mussolinia (oggi Arborea di Sardegna), abitata da famiglie poverissime e numerose, per lo più venete, trapiantate per lavorare la terra dalla Società Bonifiche Sarde, con il benestare del regime fascista. Un lunedì mattina, tra polvere e fichi d’india, vengono trovati, morti ammazzati, due ragazzini: lei è veneta, lui è un pastore sardo di Terralba. Immediatamente il giovane parroco salesiano di Mussolinia, don Massimo, veneziano d’origine, è coinvolto nelle indagini. Sulla scena si fanno avanti innumerevoli personaggi. Tutti, chi per un motivo chi per un altro, ostacolano il sacerdote che, con l’aiuto del maresciallo dei carabinieri e del medico, vuole scoprire che cosa è accaduto. A complicare la situazione, arriva da Roma donna Erminia, moglie del presidente della Società Bonifiche Sarde, Manlio Dolce: ricca, viziata, spudorata, vede nel giovane sacerdote un balocco erotico, come i tanti amanti che ha avuto; un uomo da possedere a ogni costo, per il gusto di avere per sé qualcosa di vietato. Invece, seguendo il parroco nelle indagini, con lo scopo non tanto nascosto di circuirlo, a poco a poco qualcosa muta nel suo atteggiamento e sarà proprio lei la chiave di volta dell’intera vicenda. Tra colpi di scena, improbabili colpevoli e segreti inconfessabili, grava la presenza oppressiva di una città, Mussolinia, a cui, per contratto, si deve ubbidienza, sudore della fronte e soprattutto una moralità ineccepibile. Mussolinia è una colonia
Il perché e il percome de IL SANGUE NERO DI MUSSOLINIA
La vicenda si concentra in una settimana di fine estate 1931 in una landa di recente bonifica della Sardegna, dove sorge la città nuova di Mussolinia (oggi Arborea di Sardegna). Questa città nuova è abitata da famiglie poverissime e numerose, per lo più venete, trapiantate qui per lavorare la terra dalla Società Bonifiche Sarde, con il benestare del regime fascista.
Il lunedì mattina di quel lontano agosto 1931, tra polvere e fichi d’india, vengono trovati, morti ammazzati, due ragazzini: lei è veneta, trapiantata qui per lavoro, con la famiglia poverissima; lui è un pastore sardo di un paese vicino, Terralba.
Immediatamente il giovane parroco salesiano di Mussolinia, Massimo, veneziano d’origine, è coinvolto nelle indagini.
Sulla scena si fanno avanti innumerevoli personaggi. Tutti, chi per un motivo chi per un altro, ostacolano il sacerdote che, con l’aiuto del maresciallo di Mussolinia e del medico, vuole scoprire che cosa è accaduto ai ragazzi.
Tra i tanti personaggi, emerge la figura di donna Erminia, la moglie dell’uomo più potente della città: il presidente della Società Bonifiche Sarde, Manlio Dolce.
Erminia è una donna ricca, viziata, spudorata. Vede nel giovane sacerdote un balocco erotico, come i tanti amanti che ha avuto: un uomo da possedere ad ogni costo, per il gusto di avere per sé qualcosa di vietato. Invece, seguendo il parroco nelle indagini, con lo scopo non tanto nascosto di circuirlo, a poco a poco qualcosa le sfugge e senza rendersene conto, si innamora di lui. Massimo contrasta questa passione come può: prima rifiutando di vederla o incontrarla, poi trincerandosi dietro la sacralità della tonaca, infine giustificando l’attrazione che sente per lei, con ragioni goffamente “filosofiche”.
Il manage tra sacerdote e donna Erminia si intreccia saldamente alle indagini “non autorizzate” condotte dal giovane salesiano.
La narrazione procede così tra colpi di scena, viene animata da una quantità di personaggi minori ed è costantemente gravata dalla presenza oppressiva di una città, Mussolinia, a cui, per contratto, si deve ubbidienza, sudore della fronte e soprattutto una moralità ineccepibile.
Mussolinia è una colonia di lavoro: non c’è spazio per l’amore o la passione. Eppure, amore e passione sono ovunque, persino nella vicenda dei due ragazzini ammazzati.
Le indagini prima si concentrano sulle famiglie dei ragazzi, poi virano improvvisamente in qualcosa che ha a che fare con il malaffare di personaggi squallidi, che stanno mettendo in difficoltà i piani di sviluppo della stessa città di Mussolinia. I colpevoli fanno tutti capo a una persona che, più di tutti, ha la stima della gente di Mussolinia: un insospettabile, disposto a tradire la benevolenza di Mussolinia, pur di nascondere lo squallore di un vizio personale.
La scrittura di questo giallo storico è essenziale e asciutta, come il luogo dove si compie l’azione. A Mussolinia non c’è spazio per i ghirigori: è lei – la città il cui nome è stato cancellato nel 1944 per decreto regio dai documenti, dalle mappe, dai libri, dalla storia e dalla memoria – la vera protagonista.
Il sangue nero del titolo è quello della sua anima fascista per convenienza, ma è anche il sangue rappreso dei ragazzini ammazzati e persino il colore del suo vino: movente, o forse solo giustificazione, dell’omicidio di due adolescenti innamorati, che hanno avuto un’unica colpa, vedere quello che non andava visto.
NB – L’organizzazione e la mappa della città nuova di Mussolinia sono esattamente quelle descritta nel romanzo: una colonia di lavoro, con gente strappata alla fame più assoluta, obbligata per contratto a un lavoro rigidissimo, con regole che dettano legge non solo per tempi e produzione agricola, ma persino per l’organizzazione delle famiglie e la moralità delle persone. Il tutto, in cambio del miraggio di un podere a mezzadria, sotto il terrore costante di “essere rimandati indietro”, nelle lande affamate del Nord Est italiano di quegli anni.
Mussolinia, opera privata di una società costituita a Milano nel palazzo del Notaio Guasti (Società Bonifiche Sarde), finanziata con denaro privato (Banca Commerciale), e foraggiata con le casse del Governo di Roma, fu il primo esperimento italiano di bonifica di terre insane e di ripopolamento.
Il fascismo finanziò l’impresa privata, ma di fatto rimase a guardare. Poi, qualche anno dopo, fece da sé con bonifica e ripopolamento di stato, dunque fascista, del più famoso e propagandato Agro Pontino.