Il teorema della Spada, Lucio Sandon

Il teorema della spada, Lucio Sandon. Bertoni Editore

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“Quando eravamo bambini ci spiegavano che il mondo è pieno di magia. La fonte di questa magia sono le luci sempre mutevoli che danzano nel cielo. La sciamana del nostro villaggio ci raccontò che quelle luci erano gli spiriti dei nostri antenati e che avevano il potere di cambiare la nostra vita. Le piccole cose diventano grandi, l’inverno lascia posto alla primavera, tutto scorre e si trasforma continuamente.”

Harold Gould

Sin da piccoli, tutti abbiamo sentito narrare storie di tempi lontani, di personaggi mitici, di avvenimenti anche inverosimili, che hanno saputo incantarci, rendendo magiche e speciali tante serate che, diversamente, sarebbero trascorse in modo anonimo e prive di slanci. Anche molti eventi storici, certi e documentati, non di rado assumono un’aurea fantastica, perché arricchiti di particolari curiosi e stravaganti, che lasciano un punto interrogativo rispetto alla loro eventuale veridicità. E le varie divinità che si sono susseguite nel corso dei millenni, hanno certamente influenzato l’operato di milioni di uomini, e ancora lo fanno…Affinché le messi fossero abbondanti, la pace regnasse, gli animali si riproducessero senza difficoltà, le consorti dei regnanti dessero alla luce il primogenito maschio, gli dèi, che cambiavano di volta in volta in base ai periodi, alla cultura e alla collocazione geografica, favorivano gli adepti, a patto di avere in cambio altro. I fedeli erano tenuti a rinunciare a qualcosa, a “sacrificare” a volte parte del raccolto, a volte animali, a volte, ahimè, giovani fanciulle vergini o anche bambini innocenti e inconsapevoli. Ed è pressappoco quello che era stato richiesto ad Annibale Barca, nobile e valente combattente cartaginese: il sacerdote Annone, in nome di Tanit, dea della luna e della morte, bramava il sangue del piccolo Amilcare, di soli nove anni, affinché alla città fosse evitato un attacco da parte dei Romani.

“Quello però era un giorno particolare: la convocazione presso il tempio di Tanit non era più procrastinabile e ben sapevo come quella chiamata costituisse un cattivo presagio per chiunque, ma specialmente per i membri delle più potenti famiglie di quella città (…). Accanto al tempio principale, consacrato a Baal, era stato eretto un altro tempio non meno inquietante e dedicato al culto di Tanit, l’oscura e sanguinaria divinità femminile portata fino in quel luogo dagli antichi fondatori della nostra città (…). La statua di bronzo, simulacro della dea, era nera a causa del sangue delle vittime sacrificali. Si trattava di un grande idolo cavo di bronzo con forme vagamente femminili, tra le cui braccia tese venivano deposti i doni alla dea Tanit e destinati a essere bruciati nel fuoco che ardeva nelle sue viscere. Conoscevo in ogni minimo particolare quel l’orribile rito che si celebrava quando la città correva gravi pericoli, ed era proprio quello che stava succedendo in quel momento, quando la nostra amata Patria tremava per la minaccia di un altro attacco da parte dei Romani. Fino dai tempi più remoti, le famiglie nobili avevano il dovere di offrire in sacrificio alla dea della luna il loro frutto più prezioso: la vita dei propri figli non ancora adolescenti. Solo facendole bere quel sangue innocente, si poteva evitare che la rabbia funesta della dea si scagliasse sull’intera comunità. I fanciulli, ignari e drogati, con le mani legate dietro la schiena e con il capo coperto da un velo nero per non farli riconoscere, venivano fatti incamminare verso i sacerdoti del tempio, i quali dopo averli presi in braccio, li sgozzavano come agnelli per donarli alla divinità delle tenebre, scaraventandoli infine nella bocca rovente dell’idolo.”

Intanto sono passati secoli da allora, e ormai siamo giunti ai nostri giorni. Una sera una ragazza di venticinque anni resta in panne con l’auto in un posto un po’ isolato. Per una mera coincidenza, cinque ragazzi, un tantino alticci e qualcuno anche sotto effetto di droghe, si trovano nei paraggi. La giovane si fida e chiede loro aiuto, ma in poco tempo il branco perde il controllo e si scatena con violenza inaudita contro la malcapitata: la picchiano, la seviziano, abusano di lei a turno e poi l’ammazzano, facendone sparire il corpo. Dopo un primo periodo di preoccupazione, gli assassini non parlano più dell’accaduto, ma nei successivi quindici anni a quella terribile sera, qualcosa di oscuro e quasi inspiegabile accade di volta in volta ad ognuno di loro…

“Tommy aveva avuto un brutto incidente con il motorino (…). Probabilmente dopo la caduta Tommy era riuscito a rialzarsi, forse a trascinarsi sul bordo della carreggiata, ma poi doveva essere svenuto per lo shock o il dolore, perché la morte non era stata provocata dalla caduta, bensì dal soffocamento. Il ragazzo venne trovato con il capo immerso in una pozza di fango, in testa ancora il casco ben allacciato e nessuna frattura o lesione interna (…). Un paio d’anni dopo, anche Umberto ebbe un incidente mentre pescava trote nel lago vicino al paese (…). I lucci avevano pasteggiato con la faccia e le mani di Umberto: venne riconosciuto solo perché aveva ancora nella tasca dei pantaloni il suo portafoglio con i documenti (…). Cinque anni dopo, era toccato a Bellantonio. Bellantonio lo avevano trovato impiccato con un filo di ferro al tronco di un grosso albero, in mezzo ai boschi dove spesso andava a caccia di frodo: la cosa sembrò molto strana a tutti. Lui non era sicuramente il tipo da suicidarsi, specialmente non durante una battuta di caccia (…). Cosa più singolare, tra i denti spezzati del cacciatore c’era un monile di forma curiosa (…). Il Tunisino si alza insieme all’amico con il quale è cresciuto e insieme al quale ha dato la morte (…). Con un solo passo gli arriva alle spalle e gli pianta il suo coltello a serramanico sotto lo sterno fino in fondo al torace, tirandogli dietro la testa con il braccio sinistro, così come si uccidono i nemici con la baionetta. Non un grido risuona nella baracca, tra i due amici nemmeno un ultimo sguardo. La lama recide i tessuti e i muscoli, trapassa il pericardio e il cuore, che si ferma in pochi attimi, bloccato dal suo stesso sangue. Nessuna emorragia all’esterno. Giorgio è più fortunato degli altri suoi amici. Muore subito, senza soffrire troppo.”

Angelo Aquilani, ufficiale di polizia penitenziaria e amico dei cinque, pur essendo di fatto all’oscuro di quanto successo anni addietro, ha frequentemente incubi terribili, strani e inquietanti. E tra l’altro, dopo aver trovato uno strano oggetto in un sanitario appena sostituito, è protagonista di eventi assurdi e preoccupanti. Comincia ad essere più vigile, e a farsi e a fare domande…

“Ma era mai possibile che un’antichissima divinità scomparsa potesse ritornare sotto forma di incubi? E poi? … Perché proprio a me? Che significato potevano avere quei sogni? Erano forse in relazione alla sparizione del mio amico Giorgio, o alla morte degli altri ragazzi? Oppure, forse, quelle visioni così strane avevano a che fare con qualcosa che poteva succedere a mio figlio…”

Quello che poteva inizialmente avere solo l’aria di suggestioni, di colpo si materializza, e una figura quasi eterea avverte Angelo, spaventandolo e lusingandolo al tempo stesso.

“Aquilanio, tu hai ritrovato la chiave della cripta, quella chiave che era andata perduta da molti secoli. Hai trovato la chiave non per caso, ma perché era lei che ti cercava. Tu sei il discendente di Annibale, e hai il dovere di portare a termine il giuramento che lui aveva fatto, il giuramento di consegnarmi l’oro di Roma in cambio della vita di suo figlio! (…) Se questo non dovesse avvenire, la tua punizione sarà la stessa che ho inflitto al tuo antenato (…). Tu morirai infelice, ma solo dopo aver assistito alla morte di tutti quelli a cui vuoi bene. Se invece assolverai alla tua missione come ti comando, potrai vivere nell’agiatezza fino alla fine dei tuoi giorni…”

In un intreccio perfetto, nel quale particolari storici e credenze antiche si fondono con innumerevoli eventi attuali, si dipana la trama di un romanzo appassionante e coinvolgente. La narrazione, molto dettagliata, scorre fluida e piacevole. Forza e debolezza, caratteristiche in antitesi e perennemente presenti in ogni individuo, vengono analizzate da varie prospettive, permettendo al lettore più attento di fare un salto temporale e di porsi non pochi quesiti. Quante vittime sono state ingiustamente immolate in nome di un qualsiasi dio? Quanto sangue innocente è stato sparso per potersi garantire ipotetici favori? Come si sarebbe comportato ciascuno di noi e come avrebbe giudicato quell’opera che ai tempi era uso comune, se ci fossimo trovati a vivere in un certo periodo storico? E oggi, cosa è realmente cambiato?

Sandon ha saputo raccontare una bella storia, che a mio avviso crea anche molteplici spunti di riflessione.

Da leggere!

Cosa possono avere in comune un maldestro ispettore di polizia penitenziaria, un bambino afghano, un clan camorristico e una dolce signora di campagna, con il leggendario condottiero Annibale Barca? Cos’è quell’oscuro monile che semina una scia di morte? Dalle verdi foreste del Molise e dalle pianure di Canne della Battaglia passando per il carcere di Poggioreale e tra le misteriose colline che sovrastano Cagliari, un crudele richiamo conduce fino al tesoro dei cartaginesi. Un thriller senza respiro, un eroe suo malgrado, due storie d’amore unite da venti secoli.

Autore: Lucio Sandon
Editore: Bertoni
Anno edizione: 2021
In commercio dal: 6 dicembre 2021
Pagine: 372 p., Brossura
EAN: 9788855354264

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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