Ilio 1184 a.C. La fine del mondo. La guerra che Omero non ha potuto raccontare
Introduzione
“Un giorno anche la guerra si inchinerà al suono di una chitarra.”Jim Morrison
Aneddoti personali
La storia, da millenni, ha saputo sempre dimostrarci quanto le guerre abbiano accompagnato la vita degli uomini. Conquiste, ambizioni perverse di dominio, di occupazione, di prevaricazione su altri popoli sono le motivazioni primarie che da tempo immemore hanno spinto gli esseri umani a compiere razzie, crudeltà e orrori di ogni sorta, spesso nel nome di un dio, di un ideale o di un odio atavico. Ma l’onore, la gloria e il coraggio dimostrato nelle battaglie, e anche le ricchezze e la potenza che da una vittoria possono conseguire, sono sufficienti a giustificare tutte queste barbarie e a rendere l’uomo un essere migliore? Tutte le giovani vite spezzate, tutte le lacrime versate, tutto il sangue sparso, tutto il dolore che consuma i superstiti e le famiglie dei caduti, valgono veramente i deliri di onnipotenza di una minoranza che induce e obbliga il suo popolo all’immane sacrificio? No, nel modo più assoluto…“…I nostri eserciti si sono scontrati e molte madri non hanno visto tornare i figli dalla battaglia. Le loro urla, insieme a quelle delle spose che non avevano più un uomo con cui dividere il letto, hanno risuonato dentro le mura di ogni casa, in ogni città. La terra nutrita di sangue ha generato non più ricchi frutti con cui sfamarci, ma soprattutto odio e vendetta. Perché la guerra, nobili Achei, non è gloria, è soprattutto dolore. I giovani precedono i vecchi nell’Ade, i figli senza colpa diventano schiavi, le donne subiscono ogni oltraggio. Talvolta, chi cade onorevolmente sul campo, trafitto dalla lama del suo nemico, può considerarsi più fortunato di chi gli sopravvive, perché non farà più parte di quella lunga scia di sangue, di orrore e di vendetta che offende gli dei…”
Recensione
Dove comincia la storia della Storia? A volte nei luoghi più inaspettati, spesso le sue radici affondano in un tenero passato, dove la spensieratezza della fanciullezza si somma alla inconsapevolezza di ciò che verrà. E il Fato, ineluttabile, mischierà le carte e farà da mattatore. Ma davvero è tutto nelle sue mani o l’uomo ha la possibilità di decidere in altro modo?“Nella vita di ognuno c’è sempre un’altra possibilità. Siamo noi a crearci la nostra vita, soltanto noi. Tutto ciò che accade deriva dai nostri comportamenti e dalle scelte che facciamo. Da quelle giuste e soprattutto da quelle sbagliate.”
E questa storia comincia nell’isoletta di Salamina, nella quale vivono i piccoli principi Aiace e Teucro, figli del re Telamone. Il loro destino è già segnato dal ruolo che rivestono e Telamone, dispone che Aiace sarà addestrato da una persona di sua fiducia, Chirone, insieme al cugino Achille, figlio di Peleo, re di Ftia.
“Questa è la vera impresa che Chirone è chiamato a svolgere: trasformare due giovani impetuosi in futuri re dotati di saggezza, far comprendere quando occorre fermare l’impatto e usare la mente al posto della spada.”
Tra gli insegnamenti del paziente Chirone, le risa, la spensieratezza e la fiducia in un avvenire prospero e sereno, i due fanciulli crescono, ignari di dover affrontare un futuro nefasto e ineluttabile, che li vedrà protagonisti di una guerra assurda, feroce ed estenuante, che non è e mai sarà la loro…
Inizia così la descrizione dettagliata, complessa e articolata di Matteo Palli, per la conquista di Troia, la città di Priamo, voluta a tutti i costi da Agamennone. La piana di Ilio diviene per dieci lunghissimi anni il palcoscenico di lotte spietate e sanguinose, mal celate da sogni di gloria, da onore da rispettare e da ideali da condividere. Il vero motore è solo l’avidità, il desiderio di supremazia, la brama di potere. A migliaia cadono, trucidati barbaramente, mutilati e straziati. E in questo scenario devastante, la speranza della vittoria viene inevitabilmente sostituita dalla paura e dal dolore. Ilio non apre solo le porte dell’Ade, ma diviene essa stessa inferno. Fisico e psicologico.
“La battaglia mostra sempre, all’inizio, il suo lato emozionante e violento. Forse ricco di fascinazione perversa. Gli uomini cercano di superare gli avversari e i propri limiti, con ogni mezzo, in ogni modo. Ma alla fine, senza fretta, giunge sempre un triste epilogo fatto di lutto e di dolore, di lacrime e di ricordi, di fallimento e di inutilità…”
La lettura di questo libro mi ha letteralmente rapita, dalla prima all’ultima pagina. Matteo Palli diviene cronista illustre di una storia epica, e la rende differente da quella che tutti conosciamo: qui non ci sono divinità, non c’è l’Olimpo, non ci sono esseri immortali. Nella piana narrata dell’autore c’è un forte cameratismo, un grande senso di appartenenza, c’è amicizia, lealtà, solidarietà, mutuo soccorso, tanto coraggio, speranza di pace, c’è amore verso i propri cari e le proprie origini. Ma c’è anche tanta sofferenza, c’è dolore, disperazione, delusione, amarezza, sconforto, tristezza, solitudine. In poche parole c’è l’uomo. Con i suoi vizi e le sue virtù, le sue angosce e le sue speranze, le sue aspirazioni e le sue debolezze. C’è insieme coraggio e timore, forza e paura, voglia di lottare e desiderio che una lunga, estenuante guerra finisca. C’è l’uomo, appunto. E tutta la sua eterna, globale umanità.
“La morte non teme la sconfitta, non ha fretta; come un temporale in estate non ha timori. Non distingue coraggio e viltà, non le interessa il giusto o lo sbagliato. Divide i padri dai figli, gli uomini dalle spose, unisce i nemici e gli amici. Come un predatore dall’alto ti osserva, come una indulgente madre ti lascia scegliere, ti lascia sbagliare. Non ascolta i pensieri, non le interessa l’onore, non le appartiene l’amore, non conosce il rimpianto. Come la notte sorprende sempre il giorno, con il suo mantello cala e tutto copre. Solo fumo verso il cielo è nessuna alba dopo il crepuscolo. La morte si prende la vita dei saggi e degli stolti, dei principi e dei contadini. Non teme la sconfitta, non ha fretta…”
Conclusioni
Il romanzo di Matteo Palli è complesso e articolato, ma allo stesso tempo scorrevole e avvincente. La narrazione è fluida, lineare, accattivante. La penna dell’autore ha saputo descrivere in modo magistrale gli stati d’animo, le emozioni e le sensazioni provate di volta in volta dai vari personaggi. È stata una lettura nella quale a volte mi sono persa, spesso emozionata. Ho sentito i pianti, i lamenti, le urla; ho visto il sangue ricoprire quotidianamente quella piana, ho percepito la paura della morte riflessa nei soldati ormai spacciati, ho distinto il coraggio e la rabbia, ho scorto le infinite cicatrici, che dalla pelle al cuore hanno segnato indelebilmente tutti coloro che sono stati trascinati nella follia della guerra. Perché nessuno esce vivo da una guerra, neppure i superstiti…Citazioni
“Nella vita di un uomo i giorni importanti non sono mai più di dieci. Gli altri si trascinano identici, scanditi dal sorgere del sole e dall’arrivo della notte, dall’odio o dall’amore. Vissuti con gioia e soddisfazione o velati di tristezza e macchiati dal rimpianto, guidati da gesti consueti che si ripetono stancamente. Poi ci sono quei giorni, non più di dieci appunto, che ogni uomo ricorderà per sempre. E il racconto di questi diventerà ripetitivo e ossessionante perché saranno l’essenza della vita stessa. Anche quando i muscoli avranno ceduto e le rughe avranno coperto il volto un tempo liscio e lucente e la vita scorrerà lenta verso il suo epilogo, il ricordo di quei giorni non morirà mai.”