Giocchino Criaco dopo il grande successo editoriale e cinematografico di Anime Nere, torna in libreria con un nuovo romanzo “La Maligredi”; un romanzo che leggi tutto d’un fiato e che ti lascia senza respiro. Noi gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Buongiorno e benvenuto nel nostro blog.
Dopo anni dalla morte di Corrado Alvaro, grazie alla sua scrittura sono stati nuovamente accesi i riflettori sull’ Aspromonte avvicinando la gente ad una realtà che pur non sempre positiva, è spesso raccontata in maniera distorta. Oltre al grande amore per la Calabria cosa la spinge a trattare argomenti cosi singolari?
Interpreto la letteratura come una luce che scruta gli angoli della società. In Calabria c’era una pagina nobile del suo popolo che era necessario raccontare
La Maligredi arriva in libreria a dieci di distanza dal grande successo editoriale, ma soprattutto cinematografico, di Anime Nere; Premesso che li ho amati entrambi, qual è a Suo avviso la differenza tra i due romanzi? A quale è più legato?
Anime Nere potrebbe essere un capitolo della Maligredi. Si completano raccontando insieme 50 anni di storia meridionale e nazionale. Li amo allo stesso modo anche se il primo è più duro e il secondo ha una dimensione poetica maggiore che mi è più congeniale.
Cos’è “La Maligredi”?
La Maligredi è la discordia che diventa maledizione facendo implodere le comunità unite dalla solidarietà. Un mondo antico che rifiuta l’omologazione. Una resistenza a una modernità imposta. Quindi una storia dal Sud del mondo non solo calabrese.
Chi è Rocco Palamara e perché raccontare la sua storia?
Rocco è Papula, un ragazzo biondo e bello che si inventa una magnifica rivoluzione insieme alle donne. Una storia fantastica e sepolta che per giustizia andava raccontata.
L’ambientazione del romanzo è quella “paesana familiare”, le rughe sono il piccolo microcosmo dove tutto è di tutti, dolore compreso. Credo, da calabrese, che nei piccoli centri molte cose siano tutt’oggi fortemente ancorate al passato. In cosa secondo Lei ci si è “evoluti” rispetto all’arcaicità di una forma mentis ancora radicata sotto taluni aspetti?
C’è fortunatamente una dimensione umana nel Sud non solo in Calabria ma è accompagnata da un abbandono che ritorna tragico come negli anni Settanta e in fondo ciò nega una evoluzione naturale. L’arcaicità del mondo del romanzo aveva i connotati buoni della solidarietà non quelli della nostalgia o dell’arretratezza.
Quanto è importante per Lei scrivere? E cosa vuole comunicare attraverso la Sua scrittura?
Scrivere è un esercizio di liberazione personale rispetto a un retaggio che ti lega al passato ma è anche la costruzione di una rappresentazione corretta del Sud con le sue pieghe e piaghe infinite.
Essendo un Avvocato, perché ha deciso di raccontare la realtà di un territorio come la Calabria da un punto di vista diverso da quello di un uomo di legge?
Più che dal mio punto di vista cerco di lasciare ai miei il diritto di raccontarsi e mi limito a raccontare i loro cunti.
Qual è il messaggio che vuole trasmettere con “La Maligredi”? A che pubblico è rivolto?
C’è soprattutto un rapporto madre-figlio/Lidia-Nichino che per me è stato commovente raccontare, e poi le amicizie estreme, tutti temi universali, e c’è un racconto intimo ed interno delle periferie. Credo ciò sia di interesse globale e non marginale.
Se dovesse utilizzare tre aggettivi per descrivere “La Maligredi” quali sarebbero?
Epico; Commovente; Disarmante
Nicola, Filippo e Antonio, cosa direbbe a ragazzini come loro?
Di non perdere la speranza e di non rendere vana la resistenza eroica delle mamme di gelsomino.
Che consigli darebbe ad un giovane autore che si avvicina alla scrittura?
Di essere se stesso e cedere un pezzo della propria anima al lettore.
Che ruolo hanno, e quanto contano secondo Lei, i Social per far conoscere le proprie opere?
Questo è un uso buono dei Social che ti relaziona direttamente con l’altro senza finzioni, superando meccanismi di protezione di certi e più noti autori.
Qual è il Suo sogno nel cassetto? Progetti per il futuro?
Sono andato via dalla Calabria per sfuggire al destino del pastore. Oggi sono convinto che quello sia il mestiere più bello per me. Vorrei fare il Capraio in Aspromonte.
La ringrazio per la Sua disponibilità e per averci dedicato del tempo; naturalmente attendo il suo prossimo romanzo.
Grazie a Voi….
Gioacchino Criaco nasce ad Africo, (RC) un piccolo centro della costa ionica calabrese. Figlio di pastori, in giovane età inizia a meditare su una nuova trattazione letteraria dell’Aspromonte e luoghi limitrofi, data la scarsa divulgazione degli stessi. Si diploma presso il liceo scientifico “Zaleuco” di Locri, e si laurea in Giurisprudenza a Bologna. Esclude l’attività forense per avvicinarsi al mondo della letteratura calabrese, in quel momento assai sparuto. Dopo anni di sperimentazione, nel 2008 pubblica Anime Nere il suo primo romanzo, di grande impatto socio-culturale. Inaugura così il noir di matrice calabrese. Criaco racconta e descrive quelle realtà minori al limite della civiltà che, nonostante facciano parte di un contesto territoriale inserito in una nazione sviluppata e democratica, sembrano continuare a vivere di leggi e tradizioni proprie, a dimostrazione di una distanza fisica e politica forse irriducibile. Pubblica in seguito i romanzi Zefiro, American Taste e Saltozoppo.