Intervista a Giovanni Macrì

Giovanni Macrì è un medico e un padre che ha dovuto imparare ad accettare e convivere con la condizione di disabilità di sua figlia Roberta a seguito di un incidente stradale.  “Dopo il buio della notte c’è sempre una nuova alba”  nasce per raccontare  quanto occorso e per esorcizzare la definizione di “diversamente abile” urlando che  “Nulla è impossibile basta volerlo!”. Gli abbiamo rivolto qualche domanda per saperne di più…

La recensione del libro qui

“Dopo il buio della notte c’è sempre una nuova alba”, di Giovanni Macrì

Ciao Giovanni , siamo felici di ospitarti nel nostro Blog

Questo tuo primo romanzo, “Dopo il buio della notte c’è sempre una nuova alba” arriva in un motivo ben preciso …. Raccontaci brevemente come nasce.

Questo mio libro, scritto come dico sempre io, con la penna e l’inchiostro del cuore, nasce dopo che sono riuscito ad elaborare, dopo due anni circa dal tragico evento, dopo esser riuscito a metabolizzare tutto l’incidente, perché per un genitore non è per nulla facile vivere questa realtà, e grazie soprattutto a mia figlia, alla sua voglia di vivere intensamente anche se in carrozzina, ogni attimo della sua vita in maniera veramente ammirevole e degna di esempio. Lei è riuscita a trasferire in me la sua gioia di vita, facendo sì che diventasse anche la mia!

La copertina riporta una bellissima fotografia di una ragazza sorridente e con una mano protesa verso il futuro.… E’ Roberta, tua figlia. Parlaci un po’ di lei…

Questa è una bellissima domanda! Mi si chiede di dare la corretta definizione di un “URAGANO”, quale lei… è! Lei è sempre stata una ragazza solare! L’incidente, capitato il 14 agosto 2011, l’ha avuto quando aveva solamente quasi 23 anni, infatti, questi li abbiamo festeggiati nel refettorio della struttura di riabilitazione, in quel di Montecatone (Imola-BO) dove era ricoverata. Una festa, ricca di sicilianità, tra i suoi nuovi amici e compagni di sventure! Ha sempre amato il ballo sin dall’età di quattro anni! Con il suo tutù, rigorosamente rosa, ballava in una scuola di ballo in Barcellona. Era una tra le più piccine! Quanti ricordi! Oltre che solare, è sempre stata testarda e ostinata nel voler a tutti i costi, come una brava comandante di vascello, portare in ogni occasione, la sua nave, tutta integra, in un porto sicuro, dopo una tempesta in mare aperto! Anche questo ha contribuito a far sì che la disabilità, pur vivendola in prima persona, non le appartenesse e la sfiorasse solo tangenzialmente!

Si parla spessissimo di disabilità ma ognuno di noi tende a vederla lontana … fino a che non ci tocca da vicino … Cos’era e cos’è oggi per te la disabilità?

La disabilità (o handicap) è la condizione di chi, in seguito a una o più menomazioni, ha una ridotta capacità d’interazione con l’ambiente sociale rispetto a ciò che è considerata la norma, pertanto è meno autonomo nello svolgere le attività quotidiane e spesso in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale”.  Definizione di Wikipedia con cui mi trovavo d’accordo fintanto che non sono stato nell’Istituto di riabilitazione motoria di Montecatone, dove, con i giusti presidi, le persone diversamente abili, diventavano … abili. Oggi, infatti, mi permetto di dissentire da quella definizione, almeno per ciò che riguarda la disabilità di mia figlia, guardando proprio lei. Lei, infatti, riesce, in altro modo, aiutandosi con degli ausili idonei a fare quello che faceva prima! Tutti noi lo facciamo! Proviamo a riflettere un attimo e a pensare: la forchetta è un ausilio per mangiare, il martello è un ausilio per piantare un chiodo o per rompere una noce, ne potrei fare a milioni di questi esempi. Lei usa altri ausili per far ciò che faceva prima: oggi guida la macchina, si muove autonomamente per le vie della città con il suo “TRIRIDE” (una terza ruota motorizzata che applica alla sua carrozzina), lava i piatti, stende i panni, ha una vita di coppia normale… e chi più ne ha, più ne metta! Addirittura a Montecatone ho visto un ragazzo che con la sola forza delle sue braccia, riusciva stando in carrozzina e senza aiuto a salire una scala. INCREDIBILE, ma vero! Se l’uomo ignorante non mettesse nel cammino di questi diversamente abili le sue stupide barriere, la loro vita sarebbe molto più… semplice e lineare e non tortuosa e piena di ostacoli a volte insormontabili. Basta pochissimo per rendere “visitabile” una città o un qualsiasi negozio rendendolo fruibile per… TUTTI!

Quanto ha pesato o continua a pesare nella tua vita essere un medico e non avere gli strumenti per restituire a Roberta e a quanti come lei la possibilità di poter camminare?

Sin dal primo momento ho maledetto questa mia peculiarità. Ho avvertito il peso immenso della mia impotenza e quella di tutti i professionisti in campo medico e chirurgico su questa terra di fronte a una lesione totale del midollo. Oggi è impossibile poter ristabilire le connessioni nervose. Domani, magari con l’utilizzo delle cellule staminali o altro, magari si potrà fare, oggi purtroppo, NO!  Oggi ci sono, come ho detto prima, gli ausili per ogni disabilità di un certo grado, soprattutto per i soggetti portatori di paraplegia. Partito, infatti, da un prototipo di “esoscheletro” per consentire ai paraplegici di fare ciò che fino a pochi anni fa nessuno avrebbe neppure osato immaginare, ovvero alzarsi in piedi sulle proprie gambe e camminare, l’ingegnere paraplegico israeliano Amit Goffer cominciò a testarne uno fin dal 2001 allo Sheba Medical Center di Tel Aviv. Nel 2015 Carmine Consalvi e Nicoletta Tinti addirittura corsero, per circa un chilometro, la loro maratona a Roma, dopo aver indossato proprio un “esoscheletro”. Una struttura esterna applicata sul corpo, come una specie di armatura da IRON-MAN, che permette di muoversi in totale autonomia e fare anche le scale, il tutto regolato da un computer. Oggi sempre più manovrabili e addirittura agevoli da indossare, infatti sono stati fatti enormi passi in questo campo e da una collaborazione tra ricercatori svizzeri e italiani, nasce proprio il primo “robot indossabile”.

Roberta ha saputo fare della sua debolezza il suo punto di forza. Quanto tempo è passato però prima che accettasse la sua nuova “vita”? E Giovanni papà?

Lei dal momento in cui ha realizzato, eravamo a Montecatone da circa due mesi, quando finite le scuse che potevo addurre: shock midollare o quant’altro di falso che le dicevo per giustificare in qualche modo la sua insensibilità e mancanza di movimento volontario degli arti inferiori, avuta, dopo ulteriore visita da parte di un neurochirurgo , chiamato da me all’interno della struttura, un luminare che opera nella squadra del Prof. Costa, quello che ha in cura i piloti delle moto da Gran Premio, da me la conferma di ciò che già immaginava, ha iniziato a divorare e incamerare spasmodicamente tutte le nozioni  che i “maestri” le proponevano per risolvere questo o quel problema. Mentre, Giovanni papà, ci ha impiegato due anni, come ho detto, per accettare la paraplegia della figlia. Aiutato da colleghi del settore e soprattutto dalla forza, dalla determinazione, dal coraggio di mia figlia sono riuscito a elaborare questo “lutto”.

Il romanzo fonda le radici su tre pilastri: Vita-Amore Incondizionato -Destino. Cosa rappresenta e che ruolo riveste in Giovanni uomo ognuno di questi concetti? E in Giovanni papà?

L’Amore verso un figlio è per me qualcosa di trascendentale. Impossibile descrivere con le sole parole. E’ qualcosa che ti prende e ti fa diventare in un tutt’uno con lui. Gioire per le sue gioie, piangere per i suoi dolori… vivere per lui e con lui. E’ chiaro che ognuno di noi ha un “fato” già scritto al quale non possiamo sottrarci. Perché, mentre nel destino l’uomo può intervenire e modificarlo, nel fato ogni azione umana è inutile: e non rimane che piegarsi all’immodificabile!

 Credi che esista, per ognuno di noi, un destino predeterminato?

Certo che sì! Potrei citare Virgilio con la sua frase: “nescia mens hominum fati sortisque futurae et servare modum rebus sublata secundis”  (“la mente dell’uomo sconosce il fato e il destino futuro, e non riesce a tenere entro limiti dovuti quando esaltato dalla prosperità.” Eneide, X, 501-502)

So che non hai un grande rapporto con i Social, ma quanta influenza pensi abbiano nel “farsi conoscere”?

Beh, oggigiorno, come il telefonino che è parte integrante della mano, i social sono il mezzo di comunicazione immediata con il mondo intero! E’ come averlo a lato e puoi in qualche maniera, se usati nella misura corretta, interagire con esso e con le persone che vi abitano comunicando le tue emozioni.

Qual è stato il complimento più bello al tuo racconto? E la critica?

Al momento solo commenti positivi: toccante, emozionante e coinvolgente! Una giornalista mi chiese in un’intervista: il momento più doloroso e quello più emozionante di questa vicenda. Risposi alla prima domanda: “Certamente quando dovetti dirle la verità sulle sue reali condizioni! Ci abbracciammo e le dissi piangendo, come adesso che ricordo quel momento, dopo che lei mi confermò la sua giusta deduzione, che non avrebbe più camminato: “Supereremo anche questa insieme, come abbiamo sempre fatto!” Mentre per il più emozionante: “Di certo quando varcammo nuovamente, dopo sei mesi, la soglia di casa nostra, con la consapevolezza che non ci sarebbero stati più i “maestri” al nostro fianco, ma solo i loro insegnamenti cui scrupolosamente attenerci!”.

Se dovessi descrivere Roberta con tre aggettivi, quali sarebbero e perché?

Mi stai limitando chiedendomene solo tre, ma se tre devono essere, sono: “Roboante, profonda, vulcanica, ostinata, forte, determinata, solare, affettuosa, estroversa, guerriera… scusa me ne avevi chiesto solo tre!”. Mi son lasciato prendere la mano!

E se Roberta dovesse descrivere te con tre aggettivi quali pensi potrebbero essere ?

Bisognerebbe chiederlo a lei, anche se uno sicuramente può essere, e non è un mio vanto: “Presente!”.

Dove è possibile acquistare il romanzo?

In tutte le librerie prenotandolo o su internet, sui siti quali IBS o AMAZON

A chi è consigliata la lettura?

Lettura consigliata a tutti, grandi e piccini perché la storia di Roberta è un monito per non arrendersi mai dinnanzi alle avversità che la vita ci pone davanti, perché come dice lei: “Nulla è impossibile, basta volerlo!”.

Progetti per il futuro?

Miei, quello di poter affrontare con la mia scrittura, tematiche attuali e stimolanti proprio per far in modo di  non girare lo sguardo altrove e ignorare ciò che di doloroso o poco interessante, per qualcuno, ci circonda. Ho trattato per questo, vari argomenti, scrivendo sulla “disforia di genere”, sui bambini soldato della Sierra Leone, sulle baby-prostitute, sull’autismo, sulle violenze domestiche, sull’esplosione del reattore di “Chernobyl” e sulle violenze perpetrate nei manicomi prima della legge Basaglia, la 180/78, cui proprio quest’anno cade il quarantennale. Quelli di Roberta… tanti! Come io dico… chi o cosa può fermare un tornado! Dal ballo, alla sua passione che da tre anni ha per il “para powerlifting”, il sollevamento di pesi da panca, dove ha già nel suo palmares parecchie medaglie d’oro per la sua categoria, non ultima quella di campionessa nazionale 2018. Comunque uno in particolare che la coinvolge in prima persona, ovvero, quello di portare nelle scuole, nelle tavole rotonde, su di un palco, insomma dappertutto, il suo messaggio di combattere sempre e di non arrendersi mai!  “Nulla è impossibile basta volerlo!”

Ti ringraziamo per averci dedicato del tempo e un grande abbraccio a Roberta una vera e propria forza della natura.  Un esempio per tutti…

 

Teresa Anania

Pubblicato da Teresa Anania

Eccomi..... Sono Teresa Anania, e ho una passione sfrenata per i libri. Un amore iniziato ad otto anni e cresciuto nel tempo. Amo scrivere e riversare, nero su bianco, emozioni, sentimenti e pensieri concreti e astratti. La musica è la colonna sonora della mia vita. Ogni libro lascia traccia dentro di noi e con le recensioni, oltre a fornire informazioni "tecniche", si tenta di proiettare su chi le leggerà, le sensazioni e le emozioni suscitate. Beh..... ci provo! Spero di riuscire a farvi innamorare non solo dei libri ma della cultura in senso lato.

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