Luciana Pennino è una donna positiva con la perenne gioia negli occhi, Primule fuori stagione è il suo primo romanzo pubblicato con Iuppiter edizioni, un inno alla rinascita, perché si sa che le primule sono simbolo di rinascita, di speranza e di nuovi inizi.
Noi abbiamo chiacchierato con lei, ci ha parlato di sé e del suo bel romanzo.
Primule fuori stagione La recensione
Buongiorno Luciana e benvenuta nel nostro blog.
Chi è Luciana Pennino?
Una donna di 52 anni, a novembre 53, con molta freschezza negli occhi, per guardare il mondo con quanta più tenerezza possibile. Come ho scritto nelle note del risvolto di copertina del mio romanzo, non so ancora cosa farò da grande, e non perché sia un’irrisolta o una ondivaga, ma perché amo dire di sì, continuamente, a nuove avventure.
Ci racconti in poche parole il tuo “Primule fuori stagione” (Iuppiter Edizioni)?
È la storia di una quarantaseienne napoletana, adeguatasi da anni ad avere mire e abitudini low profile, almeno rispetto a un passato più glorioso, che deve fare i conti con un brusco licenziamento: la vita le appare senza più veli in tutta la sua precarietà, slatentizzando le incertezze già esistenti ma messe a tacere nel tentativo di essere dimenticate. In realtà, emerge prepotente la precarietà non solo professionale, a causa dell’enorme difficoltà di ricollocarsi, ma anche quella economica, personale, sentimentale. Nel suo tentativo di ricostruzione, la sorregge una notevole dose di autoironia e la capacità di osservare, con curiosità e acutezza, situazioni e persone in cui si imbatte quotidianamente.
Questo tuo primo libro è una storia di rinascita, quasi un’araba fenice che deve rinascere dalle sue ceneri. Come è nata questa storia?
Dal bisogno di analizzare quello che stavo vivendo col distacco di chi lo racconta e, contemporaneamente, col piacere di dare libero sfogo al turbinio di pensieri e di emozioni che mi stava provocando rimanere senza lavoro, e senza guadagno, vivendo da sola, e alla soglia dei 50 anni, in una città difficile come Napoli.
Le protagoniste del tuo libro sono quasi tutte donne. Un raccontarsi in prima persona quasi come un monologo teatrale: la tua origine partenopea ha inciso in qualche maniera?
Penso che abbia inciso il mio modo di essere, a prescindere dalla territorialità: quando racconto, mi piace interpretare, e quando osservo una scena che mi colpisce particolarmente, ne realizzo nella mia mente una sceneggiatura… È una caratteristica partenopea? Non so…
La perdita del lavoro in età non più verdissima e purtroppo fuori mercato, la mancata maternità che in questo periodo buio si fa sentire prepotentemente: cosa hai voluto raccontare con questa bella storia?
Ho voluto raccontare Luciana, naturalmente, ma con la certezza di rappresentare molte altre donne. Ho messo a nudo molto di me: raccontare le vulnerabilità, i turbamenti, i sogni irrealizzati è un atto di coraggio che crea l’immagine di una donna, la protagonista, e anche dell’autrice, comune, per nulla una super donna, a cui rivolgere uno sguardo di complicità e di simpatia, e in cui, chissà, identificarsi. E personalmente trovo che il processo di immedesimazione con l’eroe, o l’eroina, sia interessante, nella scrittura.
Una donna con un grande talento nella sua professione perché rinuncia al successo a Milano per tornare alle origini con un lavoro più modesto? Basta l’amore a farti decidere di buttare tutto all’aria?
Può bastare l’amore, o l’amore negato, o il troppo amore, o un amore insano… saranno i lettori a scoprirlo! Luciana invece ti risponde che l’amore dovrebbe sempre rispettare i “voli” di ciascuno dei componenti della coppia…
I diritti d’autore del tuo libro saranno devoluti I diritti alla onlus Tesfà pro H.E.W.O. di Napoli, per sostenere i progetti del Centro per i Diritti dell’Infanzia dell’H.E.W.O. a Quihà in Etiopia. Ci racconti il tuo impegno sociale?
La onlus Tesfà pro H.E.W.O. di Napoli è nel mio cuore da vari anni, e questa non è la mia prima iniziativa a favore del Centro per i Diritti dell’Infanzia dell’H.E.W.O., nel villaggio di Quihà-Macallè, nel Tigray etiope. Ne conosco personalmente i fondatori e sono certa della destinazione dei fondi che raccogliamo in occasione di vari eventi sociali. Ho scelto di devolvere i diritti d’autore a persone che non smettono di ringraziarci, senza capire che siamo noi, invece, a dire grazie a loro, perché ci permettono di vivere dei momenti di gioia pura, quella che nasce dal donare.
I social, i blog, il contatto diretto con i lettori, secondo te aiuta un’autrice al suo primo libro? E tu che rapporti hai con questi moderni strumenti di promozione.
Aiuta, certo, perché il gradimento di un libro lo decreta il pubblico dei lettori, al di là delle recensioni… ops, dimenticavo di star rispondendo alle domande di una recensora! A parte gli scherzi, i mezzi “social” di cui disponiamo, aiutano ma non sostituiscono, nella promozione di un libro come nella vita in generale, il contatto diretto e reale. Quindi, per un autore esordiente, come per un pluri-pubblicato, sono fondamentali le presentazioni.
Perché dovremmo leggere il tuo libro?
Perché è brioso, vivace, lieve e profondo all’unisono… Datemi fiducia!
Infine vuoi aggiungere qualcosa? E ti ringraziamo di essere stata con noi.
Aggiungo un grazie di cuore a te perché tu, sì, mi hai dato fiducia, leggendo e recensendo “Primule fuori stagione” e facendomi “parlare”: mi hai creato uno spazio, mi hai donato tempo, mi hai dedicato attenzione…! E grazie ai lettori del tuo blog, futuri lettori del mio romanzo, mi auguro!