Intervista a Marco Martano

Marco Martano di cui abbiamo letto ” I racconti dell’inconscio” è un bravissimo autore di thriller psicologici. Noi abbiamo parlato con lui e ci ha regalato questa bella intervista.

Racconti dell’inconscio La recensione

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Chi è Marco Martano?

Non so, forse lo capirò quando le mie anime in contrasto troveranno un accordo. Al momento lo scontro è ancora nel vivo, è difficile capire chi sono. Quel che so è che sono Nato ad Agnone da una famiglia di artisti, soprattutto musicisti, da parte di madre e di persone estremamente pratiche dal lato paterno. Inutile dire che credo di aver assorbito l’influenza della prima famiglia. L’infanzia in un paese intriso di magia, circondato da montagne e verde, mi ha insegnato ad ascoltare la voce, l’essenza della natura ed è incredibile quanto si può imparare solo osservando il gambo di un fiore ondeggiare nel vento, in controluce, col sole tiepido del tramonto sullo sfondo. O la danza delle foglie su un albero accarezzato dalla brezza del mattino, o la suggestiva stasi della natura avvolta da una nevicata invernale, che cristallizza ogni cosa, facendo esplodere le anime di emozioni profonde, quasi arcane. Credo di essere questo: un ascoltatore del silenzio, dei suoni della natura, dei tumulti dell’anima, dei riflessi dell’inconscio. Ho imparato, passo dopo passo a scavare sempre più all’interno, a perdermi nell’intimo dei pensieri più nascosti. Perché è importante vivere ed essere presenti nel mondo che percorriamo ogni giorno, ma spesso non ci rendiamo conto di quanto sia ancor più immenso il mondo che c’è in ognuno di noi. Nel mondo eterno ho sempre appagato il mio bisogno estremo d’arte attraverso la scrittura. Ho iniziato a scrivere il mio primo libro, incompiuto, a otto anni, ricordo il titolo “Il tempio di Aklavik”. Scrivevo tanto, ogni giorno, frasi, aforismi, propositi, idee, brevi racconti. La scrittura era il mezzo più immediato per codificare la voce dell’arte che sentivo intorno a me e dentro me. Poi sono arrivati gli anni del Dams, i primi cortometraggi da regista, i quattro anni di lavoro come critico per una rivista cinematografica, ma è arrivato soprattutto l’amore a sconvolgere quel mondo, dando a tutto un nuovo ordine. Nel 2017 ho pubblicato i miei primi tre libri, arrivando a capire che il mio modo di sentire l’arte non può esprimersi in modo migliore se non nella scrittura, che mi permette di scavare nell’animo del lettore meglio di quanto riuscirei a fare con qualunque altra espressione artistica. Questa è la mia strada definitiva, quindi una cosa posso dirtela: chi sono? Sono uno scrittore, un ascoltatore dell’arte.

I racconti dell’inconscio il tuo libro di racconti esplora il mondo dell’inconscio e del sogno come è nata la tua percezione dell’inconscio umano?

Come detto c’è un mondo dentro di noi, un mondo spesso , anzi, quasi sempre confinato dalle barriere della razionalità, che ci obbligano a seguire ciò che è ritenuto universalmente giusto e non ciò che per noi è vero, ciò che sentiamo, perché l’universalità è un concetto astratto, qualcosa che non esiste ma ci spingono a credere per indirizzare il gregge. È più facile gestire un popolo privo di personalità, così le mode, le abitudini, i doveri, finiscono col distruggere, schiacciare ciò che c’è di più vero e antico, autentico in noi: la libertà di essere unici. Ognuno di noi, nonostante spesso lo nasconda anche a sé stesso, ha qualcosa di diverso da tutti, qualcosa di unico, un pensiero, un’idea, un gusto. Eppure la società ci spinge a credere che l’omologazione sia “fica”, che chi non segue le regole del mondo sia un “geek” un disadattato, un folle. Ciò che cerco nella mia scrittura è l’autenticità dei sentimenti, delle emozioni, delle idee, anche insensate ma vere. Su questo si basa il primo dei cinque racconti dell’inconscio: “La bottiglia”. Molti dei protagonisti delle mie storie seguono ciò che sono dentro, a dispetto delle regole della società. Ma finiscono spesso per trovarsi in un mondo kafkiano, in cui si sentono alieni, infelici, insoddisfatti, pieni di dubbi e soprattutto sono posti di fronte al grande interrogativo: seguire ciò che è “giusto” o ciò che è “vero”. La follia, ma soprattutto l’aspetto onirico è solo una diretta conseguenza. Siamo talmente immersi in un mondo razionale che ormai il nostro essere riesce ad esprimersi solo attraverso il sogno, nel momento in cui abbassiamo le nostre difese, i nostri muri, apriamo le nostre gabbie e non possiamo più essere domatori della nostra mente che, lasciata libera di vagare rivela ciò che di più profondo esiste in noi. L’inconscio, i desideri, le paure, le speranze si mostrano con tutta la loro prorompente verità. Il sogno è il momento perfetto, primordiale, intimo, solo nostro, in cui il mondo esterno non può giudicarci, in cui la nostra indottrinata abitudine a giudicarci svanisce. È il momento in cui siamo noi e basta. Il sogno nei miei racconti finisce spesso col mescolarsi alla realtà, confondendo e spiazzando i protagonisti. Ma paradossalmente diviene più vero il mondo onirico di quello artificiale della realtà fisica.

Il confine tra sogno e realtà e l’impercettibile limite mentale che conduce alla follia, raccontaci la gestazione di questo libro che a me ha fatto molto riflettere.

Credo che la follia sia un rifugio per coloro che non hanno  avuto a forza di affrontare l’artificialità del mondo. Una volta resosi conto di quanto tutto sia falso, costruito, effimero, il proprio inconscio ha preso il sopravvento, distruggendo il confine tra mostrato e latente. Molti grandi geni sono diventati folli e molte persone ritenute pazze dimostrano attitudine alla genialità. Forse sono semplicemente andate un passo oltre il confine tra l’accettazione del mondo e quello che siamo, precipitando nella spera dell’intollerabilità. Purtroppo la vita ci condanna a qualche piccolo compromesso, ma per ogni artista vero il confine tra follia e razionalità è sempre molto, molto sottile. Ogni artista è un potenziale folle. Da quest’idea nasce uno dei personaggi che più ho amato nei miei racconti: il pittore Jacob Evenbrug de “Il quinto angolo del quadro”, dove quel quinto angolo, è l’elemento in più, da eliminare, per giungere alla perfezione dell’arte pittorica. Ma lascio ai lettori quello che spero sia un piacere nello scoprire di più…

I racconti dell’inconscio, David Lynch dipingere il cinema, Fine a quattro mani con Barbara Scudieri tua moglie, quale senti più tuo, quale dei tre libri ti rappresenta maggiormente?

Ogni libro rappresenta una parte di me: Racconti dell’inconscio è il sunto delle mille riflessioni, della mia filosofia di vita, il mio pensiero, l’attrazione che esercita in me il mondo infinito dell’onirico, dell’inconscio, della follia. FINE nasce dalla profonda complicità e dalla passione comune, anzi, dalle infinite passioni comuni che ho la fortuna di condividere con Barbara. Rappresenta un po’ di noi, del nostro mondo segreto, del nostro modo di essere, di pensare, di sentire. Il libro su Lynch è un omaggio ad uno degli artisti che più di tutti mi hanno insegnato ad andare oltre la realtà, che oltre l’apparenza c’è un mondo tutto da scoprire. Sento vicino artisticamente Lynch da tanti punti di vista. David nasce pittore ed arriva al cinema per il desiderio di veder vivere i suoi dipinti (era talmente ossessionato da quest’idea al punto da inserire nei suoi quadri pezzi di carne che, andando in putrefazione, rendeva i dipinti vivi). Io invece parto dal cinema per arrivare alla scrittura, la forma artistica che mi permette di sprofondare nell’animo in maniera più efficace.

Scrivere un libro a quattro mani con la tua compagna di vita , quali sono le percezioni e le implicazioni di questo mettersi a nudo.

FINE è un po’ come un figlio, per me è un piccolo capolavoro, perché è stato un capolavoro il modo in cui è nato e cresciuto, parola dopo parola. Credo sia un libro fortemente emotivo, uno di quei libri che diventano poi parte del lettore, perché continuano a vivere nelle riflessioni, nelle emozioni e nei pensieri di chi lo legge. Questo era il mio immodesto ma “vero” parere, confermato poi dai tanti lettori che si sono emozionati nel leggerlo e che hanno poi voluto condividere con noi quell’emozione.

Sei un appassionato di cinema, infatti hai scritto un libro dedicato al mondo della celluloide vuoi parlarcene?

“Dipingere il cinema” mette a confronto l’influenza che hanno avuto grandi pittori come Cezanne, Magritte, Bacon e Hopper sul cinema di Lynch. Ma approfondisce anche il suo rapporto con il mondo e i concetti filosofici dell’artista. Mi soffermo soprattutto sui suoi primi cortometraggi, quelli in cui il regista era davvero libero di esprimersi senza condizionamenti esterni, con risultati a dir poco onirici, folli! Stupendi!

Quasi tutti i tuoi libri sono thriller psicologici da dove nasce questa passione?

Non credo esista genere più coinvolgente del thriller. Essendo un cinefilo la mia passione per questo genere nasce dalla passione per registi come Lynch (ovviamente), Hitchcock, Lang, Murnau. Adoro in particolare il cinema espressionista tedesco degli anni Venti. Un vero shock culturale iniziato con la scoperta del capolavoro “Il gabinetto del dottor Caligari” di Wiene. Ma anche la letteratura ha fatto la sua parte: illuminante è stato l’incontro con Edgar Allan Poe, l’autore che, almeno al momento, sento più vicino al mio “modus operandi” letterario.

Uno scrittore colto ed appassionato come te è sicuramente anche un grande lettore cosa leggi e quali sono i tuoi autori preferiti?

Diversamente da ciò che il 99,99% delle persone credono, non penso che per saper scrivere bene bisogna essere grandi lettori. Amo Poe, mi emozionano i concetti filosofici di Emerson, ma non sono assolutamente un grande lettore. Nutro la mia arte con mille sfaccettature: il cinema, la musica, sia ascoltata (Muse, R.E.M. e U2) che eseguita: quando ho tempo mi rilasso suonando la chitarra. Amo la pittura, adoro Caravaggio, Magritte e Cheval, mi piace molto anche la pittura fiamminga, Van Eyck in particolare. In poche parole adoro ogni forma artistica!!!

Il tuo sogno nel cassetto e prossimi progetti.

Sogno universale: vivere in un mondo in cui le persone siano più vere, più pensanti e meno indottrinate e soprattutto in armonia. Sogno personale: arrivare a vivere d’arte, senza dover scendere a patti con i doveri imposti dal mondo e infine… andare a vivere stabilente ad Edimburgo, la città del mondo in cui mi sono sentito di più a casa. Più nell’immediato conto di pubblicare entro l’anno il mio prossimo thriller che si baserà su una tematica molto originale, senza abbandonare mai il tema dell’inconscio, e un fantasy-thriller, primo tomo di quella che sarà una saga di almeno otto volumi.

Con i self publishing che tu hai scelto , è fondamentale l’apporto dei  social ed il rapporto con i lettori, come  lo vivi e gestisci?

Ho scelto il self publishing per mantenere la totale autonomia e il controllo sulle mie opere. Sono in totale disaccordo con la disequilibrata e spesso nebulosa politica delle case editrici. Una scelta che rifarei mille volte. Il rapporto con i lettori è un piacere, un ulteriore arricchimento e dà enormi soddisfazioni.

Infine un po’ di autopromozione dove possiamo acquistare i tuoi libri?

Tutti i miei libri sono disponibili in formato elettronico e cartaceo su Amazon e sul sito di Giuntialpunto. Inoltre sono ordinabili nelle librerie Giunti. Di seguito alcuni link:

https://www.amazon.it/dp/1520503857

https://www.amazon.it/dp/1521296294

https://www.amazon.it/dp/1520866356

Ti ringraziamo di essere stato con noi.

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato da Elisa Santucci

Sono Elisa Santucci, fondatrice ed amministratrice dall'8 luglio 2016 . Il blog nasce dalla mia passione per i libri da sempre, dalla voglia di parlarne e fare rete culturale, perché io penso che il web, i blog, i social si possono usare in tanti modi, io ho scelto di creare un'oasi culturale. io sono pienamente convinta che leggere ci insegna a pensare e a essere liberi. "Leggere regala un pensiero libero come un volo di farfalle, un’anima con i colori dell’arcobaleno , forza e creatività" è il mio motto. Editor freelance, correttore di bozze, grafica. Servizi editoriali .

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