Inverno di Lucio Sandon

Disegno del Maestro Roberto Rosatelli

Disegno Del Maestro Roberto Rosatelli

Per il sabato di Sandon, tornano le storie del Dott. Gardenia

Dio m’arrassa da invidia canina, da mali vicini et da bugia d’homo da bene
Si tratta di una misteriosa iscrizione incisa su di una lapide posta all’Ospedale della Pace, risalente forse al XVI secolo. La tradizione addebiterebbe tale frase a un onesto cittadino ingiustamente accusato e condannato a morte per omicidio a causa dell’invidia altrui e di false testimonianze. Prima di morire, l’uomo dispose il lascito della sua eredità proprio all’Ospedale della Pace, aggiungendovi la lapide sulla quale fece incidere la già citata iscrizione, eterna voce e perenne ammonimento contro ogni forma d’ingiustizia. Se la lapide, narra la leggenda, fosse stata però tolta, l’eredità in base alle precise disposizioni dettate dall’uomo sarebbe passata all’Ospedale degli Incurabili, tenendo anche pronta a tale proposito, un’altra lapida ancora con la stessa iscrizione. Tanto per premunirsi che nessuno togliesse di lì quella lapide, l’uomo dispose anche che qualcuno andasse di volta in volta a controllarla. E visto che in molti giurano di aver visto una strana sagoma aggirarsi nei pressi del vecchio ospedale salvo poi svanire nel nulla, sembra che tale supervisione duri ancora.

«Pronto dottò, mi avete riconosciuto? Sono il vostro vicino di casa!»
Il giovane veterinario abitava a San Giorgio a Cremano, in un “basso” a piano terra, nella stessa via dove viveva anche Massimo Troisi prima di diventare famoso. I due a volte si incrociavano uscendo la mattina, un saluto e via, ma più volte al giovane professionista era sembrato di scorgere un lampo divertito nello sguardo di quello strano vicino magro e allampanato: forse il bravo Massimo pensava che il dottor Gardenia fosse un po’ matto, e di certo non aveva tutti i torti. Purtroppo non era Troisi a telefonare alle sette di mattina a casa del veterinario, ma un tipo strano, un po’ matto, che abitava dopo la piazza principale del paese in un appartamento occupato all’interno di Villa Vannucchi, un monumento settecentesco che aveva resistito ottimamente al terremoto dell’ottanta, a differenza di molte costruzioni moderne, e che era stato invaso da molte famiglie rimaste senza casa.
Inutile cercare di svicolare: quando il matto chiamava, bisognava affrettarsi, pena la ripetizione delle telefonate al ritmo di tre minuti l’una dall’altra, qualunque fosse il problema. Il dottor Gardenia ingollò un caffè preparato in fretta dalla giovane moglie nella angusta cucina, prese la borsa e si avviò quasi di corsa giù per la strada, rabbrividendo nel freddo invernale e cercando di non guardare nella direzione della vecchia fabbrica abbandonata.
Strani rumori risultavano percepibili a San Giorgio a Cremano, nella zona in cui un tempo sorgeva una fabbrica di bombole distrutta da un incendio frutto di una manovra errata, e che costò la vita a diversi operai. La gente del posto oltre ad aver notato più volte luci evanescenti, sentiva spesso rumori di macchinari e il gran vociare di operai al lavoro. Il fenomeno si ripeteva con una certa costanza, soprattutto nel mese di gennaio, periodo nel quale avvenne l’incidente, e lo stesso incidente veniva inscenato negli orari più diversi da alcuni degli sventurati protagonisti come l’inquietante sequenza di un film dell’orrore, terrorizzando gli abitanti più impressionabili che erano convinti di udire di nuovo le deflagrazioni e le urla dei defunti.
A testa bassa il dottor Gardenia si affrettò lungo la stretta via, fino a sbucare nella piazza, e continuò con più calma verso la splendida villa vesuviana ora ridotta a dormitorio di senzatetto. Mentre attraversava l’enorme parco con quattordici viali disposti a raggiera, dove Gioacchino Murat dava delle feste indimenticabili, si attardò un poco ad osservare il grado di maturazione di una coltivazione di “friarielli”, sorta di broccoli amari che si sposano alla perfezione con le salsicce in padella, pietanza tipica del periodo invernale: sembravano a buon punto, mentre cavolfiori, lattughe e finocchi erano ancora un po’ indietro per via del freddo pungente. Gli occupanti della villa avevano provveduto a dare un senso pratico alle magnifiche aiuole progettate dagli architetti di scuola vanvitelliana per abbellire il giardino della villa. Fortunatamente il cortile era abbastanza grande anche per gli innumerevoli cani e gatti randagi che vi trovavano rifugio: circa cinquanta ettari di boschi e giardini. Altri gattoni poi, si acciambellavano sugli scaloni monumentali che il giovane saliva di malavoglia.
Il vecchio strambo aprì al primo squillo del campanello. «Venga dottore, si accomodi, la mia Birba sta male, non vuole mangiare da due giorni, beve soltanto e ha quel pancione come se fosse incinta, però giuro che non si è avvicinato nessun cane maschio!»
Meno male che il vecchietto non era poi così matto. Comprese la diagnosi e capì la necessità di un intervento urgente: caricò veterinario, moglie e cane sulla Fiat 128 giallo canarino, e partì sgommando. Il picchiatello vestiva sempre con un completo marrone a righe gialle, ne aveva uno per l’inverno e uno per l’estate. La cravatta era variabile nelle sfumature di ocra, invece la camicia dava l’idea di essere sempre la stessa ed aveva un colore ormai indefinibile. Le scarpe erano molto particolari perché lui aveva i piedi doloranti per l’artrite e per ovviare all’inconveniente aveva pensato bene di tagliare con le forbici la parte anteriore di tutte e due le sue paia, in modo da arieggiare e dare sollievo alle dita. La moglie del matto, anch’essa un pò eccentrica, era alta un metro e trentacinque e larga altrettanto. Sfoggiava una acconciatura platinata alla Marilyn, e labbra rosso fuoco che facevano pendant con gli occhi di espressione bovina, ma aveva una qualità peculiare: una logorrea monumentale che spaziava tutti gli argomenti trattati nelle trasmissioni mattutine della televisione, per cui il tempo del tragitto fino a Torre del Greco passò in allegria, tra la radio a tutto volume, i latrati irritati di Birba e i colpi di tromba con cui il picchiatello avvertiva le buche della strada che le stava puntando una per una, prima di investirle in pieno.
L’intervento per l’asportazione dell’utero durò poco più di un’ora, tempo sufficiente per gli sposini di recitare due volte il rosario e di avvertire tutti gli altri clienti dell’ambulatorio e anche i passanti, che la sua cagnetta era sotto i ferri e che solo un miracolo l’avrebbe salvata.
Dopo tre giorni Birba fu dimessa allegra e scodinzolante e consegnata ai raggianti proprietari. La matta venne trascinata in giardino dal cane, e rotolando su sé stessa fece il giro di tutti gli alberi strillando di gioia dietro una Birba super eccitata, mentre il matto si sedette sbuffando e sudando nonostante la temperatura invernale, davanti alla scrivania del veterinario.
«Allora dottore, quanto le devo per il disturbo?»
«Nessun disturbo, è sempre un piacere lavorare per lei. Dunque il listino prezzi dice: visita a domicilio, tot., intervento di piometra, tot., ricovero per tre giorni, tot… Dunque in totale sono cinquecentomila (il corrispondente dello stipendio mensile di un impiegato). Il matto strabuzzò gli occhi e scosse la con forza il capoccione.
«No dottore, non ci siamo proprio!»
Il dottor Gardenia sbuffò seccato. “Ecco qui, al momento di pagare fanno sempre storie.” Invece, prima che potesse profferire verbo, lo stravagante anziano prese un rotolo di banconote dalla tasca interna della giacca e cominciò a contare.
«Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette… dieci.» E senza alzare gli occhi sussurrò: «Non dica niente dottore, lei ha salvato Birba ed ha salvato anche me e mia moglie, che saremmo morti di dolore senza il suo miracolo!»
Basito e incapace di rispondere, il giovane guardava il mucchietto di banconote sul tavolo, mentre il matto si alzava non senza difficoltà e si avviava verso l’uscita, ma fatti due passi tornò indietro e si sedette di nuovo alla scrivania.
«Giusto, mi scusi, le devo fare la fattura!»
«No, guardi dottore lei non ha capito: io ero partito da casa con l’idea che questo intervento costasse molto di più e mi ero portato altri soldi… Ora lei deve farmi questa cortesia, prenda anche questi, mi faccia contento, e sbatté sul piano altre tre banconote con il faccione di Caravaggio poi afferrò la mano ormai inerte del dottore, scrollandola come se avesse intenzione di staccargliela, mostrando contemporaneamente l’opera

Pubblicato da Lucio Sandon

Nato a Padova e trasferito a Napoli da ragazzo, Lucio Sandon lavora come veterinario. Ha pubblicato tre romanzi: Il Trentottesimo Elefante, La Macchina Anatomica, e Cuore di Ragno. Poi due raccolte di racconti con protagonisti cani, gatti, tigri, leoni e altri animali incontrati durante la quarantennale carriera: Animal Garden e Vesuvio Felix, e infine una raccolta di racconti comici: Il Libro del Bestiario Veterinario. La Macchina Anatomica – Graus editore, è risultato nel 2018 vincitore del premio letterario Talenti Vesuviani, e si è classificato al secondo posto del concorso letterario Albero Andronico, al terzo posto del premio letterario Montefiore di Cattolica, ed è stato selezionato tra i finalisti del premio Zeno di Salerno. Cuore di Ragno – Graus editore, è già stato premiato nel 2019 come vincitore sia del premio letterario Città di Grosseto “Amori sui generis” come inedito, che dei premi letterari Velletri Libris e Talenti Vesuviani, come opera edita. Cuore di Ragno verrà premiato al Campidoglio nell’ambito del concorso letterario internazionale Alberoandronico, mentre è risultato vincitore del Concorso letterario Città di Grottammare nella sezione Romanzo storico. E’ in uscita a firma di Lucio Sandon dopo l’estate, per i tipi di Jonglez Editore di Versailles, la guida turistica del Molise dal titolo “Il Molise Insolito e Segreto. Lucio Sandon collabora con il giornale online Lo SpeakersCorner, dove pubblica settimanalmente il racconto della domenica. Due di essi sono stati premiati: segnalazione di merito al Premio Iplac - Voci di Roma, e Premio Letterario Letizia Isaia, primo premio narrativa. http://www.lospeakerscorner.eu/lo-scrittore-lucio-sandon-e-i-suoi-racconti/

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