“Io e la sclerosi multipla”
Questa è una storia vera, una vita di sofferenza, segnata da abusi, problemi economici, duro lavoro, lutti… è la storia di Maria, una donna forte, che lotta di continuo e finalmente trova la felicità, l’amore e il figlio tanto desiderato. Ma proprio quando crede di aver messo la parola fine alle sue pene, ecco la tragica notizia: Maria ha la Sclerosi Multipla. La sua storia, benché difficile, vuole però essere un messaggio di positività, di speranza; nonostante la disperazione e la fatica per accettare la malattia, Maria trova la forza di andare avanti e ce lo racconta in queste pagine.
Introduzione
“ Concediti un momento di dolore quando le sventure della vita ti visitano. Tuttavia non trascorrere le tue giornate nella costruzione di un monumento in loro onore.” (Dodinsky)Aneddoti personali
La mia considerazione parte dalla fine con un grosso punto interrogativo … Come si fa? Come si può sopportare per tantissimi anni partendo dall’infanzia, soprusi, violenze e angherie di ogni genere?Recensione
Racconto breve questo di Maria Palma Tuccio, giovane donna siciliana che in poco meno di cinquanta pagine tenta di mettere insieme i cocci della propria esistenza. Lo fa partendo da lontano, dalla sua infanzia negata. Una bambina costretta a crescere troppo velocemente all’interno di una famiglia estremamente problematica e ignorante, con una madre anaffettiva, algida e cattiva nell’animo. Un padre violento e nullafacente, un padre-padrone, un orco abituato solo a prendere e mai a dare, un essere ignobile capace di esigere e violare l’innocenza di un angioletto di appena dieci anni, troppo piccola per capire e per difendersi da colui che avrebbe dovuto essere l’eroe, il modello di riferimento e il primo amore di ogni bambina. E come ci si può difendere a quell’età quando tua madre, colei che ti ha messa al mondo, dà a te la colpa della “debolezza” del proprio uomo?! Come può una bambina sopravvivere giorno dopo giorno al senso di colpa che la rende carnefice e non vittima di un evento atroce che ti segna per tutta la vita? Come, e a chi, puoi confidare quanto ti è stato fatto quando colei che ti ha partorita ti costringe a non fiatare perché in fondo te la sei cercata, perché non sei altro che “una buttanella”?!! Non è complicato mettere al mondo dei figli, chiunque può essere in grado di farlo … sono le madri e i padri, poi ci sono le mamme e i papà e qui siamo su un altro pianeta. Non dimentichiamoci anche che parliamo della fine degli anni settanta, quando un bambino non aveva alcun diritto e nessuna voce in capitolo. Occorre arrivare alla fine degli anni ottanta, nel 1989 per l’esattezza, per vedere riconosciuti i diritti all’infanzia e all’adolescenza.La violenza subita nel corpo e nell’anima è solo l’inizio di una serie di eventi funesti che sconvolgeranno la vita di Maria Palma, dalla scelta di sposare la persona sbagliata pur di “fuggire” da un contesto familiare malato, alla morte di uno dei fratelli immediatamente dopo un terribile anatema urlatogli dalla madre, all’essere costretta ad abbandonare la scuola dell’obbligo. Gli unici episodi positivi nella vita della nostra autrice, il ricordo dei nonni, l’incontro con l’amore della sua vita e la nascita del loro bambino. Si potrebbe pensare, finalmente la luce in fondo al tunnel, ma non è così purtroppo … E’ a questo punto che entra in causa il titolo del libro. Titolo che proietta immediatamente il lettore in una condizione precaria di salute ma, di fatto potremmo dire che è in un certo senso fuorviante, è un problema marginale che aleggia all’interno del racconto ma non è il fulcro della narrazione. Maria Palma racconta l’iter lunghissimo, oltre un decennio, che ha dovuto affrontare prima che qualcuno le diagnosticasse la malattia e tutto ciò che ha dovuto subire, a causa di problemi ignorati per anni ma che la etichettavano quasi come una malata di mente incapace di poter badare al proprio figlio. Ma la giustizia divina e quella umana a volte camminano a braccetto e dopo varie lotte la nostra autrice è riuscita finalmente a ottenere la piena custodia del bambino e a vivere una vita serena, nonostante i pregiudizi quotidiani dettati dall’ignoranza e dall’incapacità della gente di guardare oltre la disabilità. Ciò che sicuramente emerge, una frase dopo l’altra, è il profondo bisogno di sentirsi amati, di quell’amore mancato che difficilmente può essere sostituito.
Conclusioni
Dal punto di vista prettamente narrativo e stilistico il racconto è scritto di getto e presenta una moltitudine di errori grammaticali e ortografici. Avrebbe avuto necessità di un accurato lavoro di editing ma se guardiamo il risvolto della medaglia, dietro ognuno di quegli errori dettati da una mancata scolarizzazione, c’è chi ha lottato per essere la donna che è oggi e, se il lettore in questo preciso caso, si fermasse alla narrazione sgrammaticata o alla sintassi approssimativa e inesatta, non farebbe altro che perdere la reale drammaticità della testimonianza diretta del vissuto di una grande donna.Teresa Anania