La cultura celtica

La cultura celtica

Cosa non sappiamo dei Celti? Scopriamolo insieme!

Secoli or sono, ben prima della religione cristiana, il paganesimo era la religione principale. In Nord Europa era diffusa la popolazione celtica, che si estendeva dalle isole britanniche fino al Danubio, oltre ad alcuni insediamenti più a sud, verso la penisola iberica, italica e anatolica. Essi ebbero origine durante l’età del Ferro nell’area compresa fra l’alto Reno e le sorgenti del Danubio, in pratica fra Germania meridionale, Francia e Svizzera, solo in un secondo momento colonizzarono il Nord Europa e non solo, spostandosi verso l’attuale Spagna, Italia e Grecia. Quando parliamo di celti dobbiamo tener ben presente che indichiamo un macro gruppo formato da tante sottocategorie, come i Galli, i Britanni, i Galati … la società celtica era molto complessa, si basava sulla struttura della grande famiglia patriarcale, il gruppo famigliare, detto “clan”, un termine scozzese entrato nel gergo quotidiano, non includeva solo i familiari più stretti ma anche parenti di terzo, quarto grado o acquisiti, ecco perché ogni clan era formano da venti, trenta persone. Più clan formavano una tribù – tuath – comandata da un re. Le classi erano decisamente articolate, dall’aristocrazia agli schiavi e, infine, i druidi, sacerdoti, magistrati e maghi, depositari delle tradizioni comunitarie, del sapere collettivo e dell’identità intertribale nella quale tutti i Celti si riconoscevano. I druidi non erano soltanto un collegamento fra l’uomo e la divinità, erano anche i responsabili del calendario e guardiani del “sacro ordine naturale”, oltre che filosofi, scienziati, astronomi, maestri, giudici e consiglieri del re. I celti consideravano la cultura “elitaria”, dunque era vietato scrivere e l’istruzione di un druido durava circa vent’anni, da un lato perché doveva apprendere molte discipline fra le quali l’astronomia, scienze, nozioni sulla natura, dall’altro lato perché serviva molto tempo per imparare tutto a memoria. Ma l’aspetto più interessante, innovativo della cultura celtica è che la donna godeva di uguali diritti all’interno della società. Poteva ereditare come gli uomini ed essere eletta a qualsiasi carica, comprese quelle di druido o di comandante in capo degli eserciti. Al momento del matrimonio i beni venivano divisi in parti uguali e amministrati da entrambi. Com’erano i celti? Fonti dell’epoca li descrivono alti, muscolosi e robusti, occhi e pelle chiari, capelli rossi o biondi… e caratterialmente? Irascibili, litigiosi, valorosi, superstiziosi, leali, grandi bevitori e amanti della musica. I Celti crearono una propria letteratura eroica, della quale tuttavia scarsissime sono le testimonianze. Tale tradizione letteraria, infatti, era trasmessa solo oralmente, per opera dei bardi e dei druidi. L’uso della scrittura era riservato alle funzioni pratiche, poiché presso i Celti era ritenuta illecita la trascrizione della sapienza. Volendone preservare la segretezza, i sapienti la tramandavano esclusivamente per via orale. In cosa credevano i celti? Erano pagani, politeisti, adoravano divinità legate alla terra, davano molta importanza alla quercia, albero che rappresentava la forza, la grandezza. Molto importante era il dio guerriero Lug – simile al Mercurio romano – inventore dell’arte, dio dei viaggi e dei commerci. Poi c’era Belanu il guaritore, Toutatis il signore della guerra, Taranis il signore del tuono, Belisama l’iniziatrice delle arti. I celti vedevano l’anno come una ruota con otto raggi, ogni raggio rappresentava una festività, un sabbat. Quando i primi pellegrini provarono a cristianizzare le regioni celtiche si scontrarono con un resistente muro di tradizioni radicate da secoli e così, per rendere più facile e accettabile la nuova religione, decisero di adottare le celebrazioni celtiche dando loro connotazioni cristiane. Oggi, dunque, ristudiando i sabbat celtici, possiamo notare che le attuali feste cattoliche hanno attinto a man basse dall’arcana religione. Ma vediamole un po’ più da vicino:

Yule: cadeva il 21 dicembre ed era la festa del solstizio d’inverno. Era un periodo di riposo e danze. A Yule si festeggiava la nascita del dio Sole bambino, infatti i celti sostenevano che Yule fosse la giornata più fredda dell’anno (non a torto, siccome durante il Solstizio d’Inverno assistiamo alla notte più lunga dell’anno e più ore di oscurità equivalgono a temperature più basse), dal 22 dicembre però le giornate iniziavano già ad allungarsi, anche se di pochi minuti per volta…fino all’arrivo della primavera. Simboli di Yule erano il vischio, l’agrifoglio, l’albero! I celti portavano in casa un sempreverde, simbolo di sopravvivenza al freddo, e lo addobbavano con campanelle e cibo per ingraziarsi le fate che vivevano fra i rami. Ci si scambiavano anche dei doni, di solito arance, mele o frutta secca, cibi tipici del periodo. Dinanzi alle case si appendeva una ghirlanda per buon auspicio, altri simboli erano i cervi, le stelle, i cristalli di ghiaccio. Le notate le similitudini con il Natale? Andiamo avanti! Imbolc: Presso i Celti tra l’1 e il 2 febbraio era Imbolc, una delle quattro feste celtiche, dette “feste del fuoco” perché l’accensione rituale di fuochi e falò ne costituiscono una caratteristica essenziale. In questa ricorrenza il fuoco è però considerato sotto il suo aspetto di luce, questo è infatti il periodo della luce crescente. Gli antichi Celti, consapevoli dei sottili mutamenti di stagione come tutte le genti del passato, celebravano in maniera adeguata questo tempo di risveglio della Natura. Il concetto basilare di Imbolc è la purificazione: il fuoco elimina il vecchio e permette al nuovo di sorgere. Psicologicamente è il momento di purificare la nostra mente dai cattivi pensieri e dai sentimenti inadeguati. Una bella pulizia mentale, che ci consenta di fare entrare in noi la luce della Natura rinnovata. Quando i cristiani evangelizzarono queste popolazioni, inventarono la festa della Candelora, che cade proprio il 2 febbraio, anch’essa festa della luce siccome, come suggerisce il nome, si celebra il fuoco con la benedizione delle candele. Il legame della festa con le candele, la purificazione e l’infanzia, sopravvisse nell’usanza medievale di condurre le donne in chiesa dopo il parto a portare candele accese. Oestara: si festeggia il 21 marzo, giorno dell’equinozio di primavera. Nell’antichità, per l’occasione, le sacerdotesse della dea, celebravano un particolare rito che involveva l’accensione di un cero simboleggiante la fiamma eterna dell’esistenza. Con la diffusione del Cristianesimo la festa di Ostara venne assimilata dalla Pasqua. Parecchi elementi della tradizione antica furono inglobati dalle festività attuali, tra questi si possono citare, oltre al cero pasquale, il coniglio, simbolo di fertilità e prosperità e l’uovo, simbolo dell’embrione primordiale da cui scaturisce l’esistenza. Beltane: si festeggiava il 1 maggio. Ancora oggi, in Irlanda il mese di maggio si chiama “beltane”. In questo giorno i druidi accendevano dei falò sulla cima dei colli e vi conducevano attraverso il bestiame del villaggio per purificarlo ed in segno di buon augurio. Anche le persone attraversavano i fuochi, allo stesso scopo. Beltane è il momento in cui le energie della luce e della vita si manifestano nel loro aspetto più gioioso e trionfale. Questo è un tempo in cui celebriamo il ritorno dell’estate e della fertilità, periodo di scampagnate e feste all’aperto. È il periodo adatto per operare, per condurre a realizzazione le cose che ci siamo prefissati di compiere. Anche psicologicamente i nostri pensieri si volgono all’esterno, per fare e operare. Un consiglio? Passate più tempo con gli altri, questo è il tempo di stimolare la nostra creatività e la nostra fertilità interiore. Lithà: cade il 21 giugno, solstizio d’estate. Il sole trionfa nel giorno più lungo di tutto l’anno. La luce arriva al suo massimo splendore per poi riprendere, inevitabilmente, il cammino verso l’oscurità, spegnendosi pian piano. Questo è il momento centrale dell’anno, ideale per dedicarsi alla divinazione collocando erbette propiziatorie sotto al cuscino, per accendere falò in cui bruciare piante aromatiche. Ma anche il momento in cui le piante hanno poteri miracolosi: dal vischio al sambuco, dalla verbena all’artemisia, dalla calendula alla celebre erba di san Giovanni. I cristiani hanno sostituito Lithà proprio con la festa di San Giovanni, tant’è che in seno alla cristianità, in nome di un santo, tanti sono i riti diffusi, dedicati specialmente alle giovani in cerca di marito, da compiere durante la notte di San Giovanni, riti che hanno un forte retrogusto pagano. Lithà è famosa anche per essere la “notte di mezza estate”, notte delle follie delle assurdità, si diceva che durante Lithà fosse più facile incontrare fate e folletti…tant’è che William Shakespeare vi ha dedicato anche un’opera teatrale: Sogno di una notte di mezz’estate. Lughnasadh: 1 agosto. E’ la festa del raccolto dedicata al dio del Sole e della fertilità agricola. Festa corrispondente all’inizio dell’autunno. I rituali praticati in questo momento erano indirizzati ad assicurare raccolti generosi, da cui sarebbe dipesa la sopravvivenza dei Celti durante la stagione fredda. Si danza, si gioca e si accendono fuochi. Infatti da agosto in poi le giornate già iniziavano ad accorciarsi e bisognava pensare al futuro, all’inverno. Lughnasadh è anche la festa del pane, i celti celebravano la morte e risurrezione del grano che moriva per dare la farina, subiva il fuoco del forno e risorgeva per sfamare tutti. In questo significato ricorda molto l’assunzione della Madonna al cielo, che i cristiani celebrano il 15 agosto. Mabon: cade il 22 settembre, equinozio d’autunno, il buio riprende pian piano il sopravvento sulla luce. Mabon significa “Grande Figlio”, egli era il dio gallese della giovinezza, della vegetazione e dei raccolti. Questo dio è la controparte di Persefone, rapito dalla madre, Modron “Grande Madre”, a pochi giorni dalla nascita, ma salvato da Re Artù. La festività è una festa di ringraziamento per i frutti della terra e sottolinea la necessità di dividerli con gli altri per assicurarsi la benedizione del dio e della dea durante i mesi invernali. In questo momento luce e buio sono di nuovo in equilibrio. Simbolo dell’equinozio d’autunno è il cigno, la cui anima è immortale e in grado, quindi, di fare da guida nell’aldilà. A livello individuale siamo chiamati a guardarci dentro per raggiungere l’equilibrio fra pulsioni opposte, fra luci e ombre. Samhain: 31 ottobre, era il capodanno celtico e, forse, avrei dovuto metterlo in cima alla lista ma, data la sua fama, ho preferito tenerlo per ultimo. Il suo nome si suppone significhi “fine dell’estate”. Questo era il periodo più magicodell’anno: il giorno che non esisteva. Durante la notte il grande scudo di Scáthach veniva abbassato, eliminando le barriere fra i mondi e permettendo alle forze del caos di invadere i reami dell’ordine ed al mondo dei morti di entrare in contatto con quello dei vivi. I morti avrebbero potuto ritornare nei luoghi che frequentavano mentre erano in vita, e celebrazioni gioiose erano tenute in loro onore. Spiritualmente parlando, la festa era un momento di contemplazione. Per i Celti morire con onore, vivere nella memoria della tribù ed essere ricordati nella grande festa che si sarebbe svolta la vigilia di Samhain era una cosa molto importante. La morte era il tema principale della festa, in sintonia con ciò che stava avvenendo in natura: durante la stagione invernale la vita sembra tacere, mentre in realtà si rinnova sottoterra, dove tradizionalmente, tra l’altro, riposano i morti. Durante Samhain si lasciavano candele dinanzi alle porte per aiutare le anime dei defunti a ritrovare la strada verso casa, ci si mascherava in maniera “mostruosa” per allontanare gli spiriti crudeli che avrebbero potuto rapire i vivi per trascinarli nell’Aldilà, si lasciava del cibo fuori dalle abitazioni per le anime dei propri cari defunti che, altrimenti, avrebbero fatto degli scherzi ai vivi. Durante l’evangelizzazione la Chiesa provò a sradicare questo culto ma senza troppo successo. Halloween non fu completamente cancellata, ma fu in qualche modo cristianizzata, tramite l’istituzione del giorno di Ognissanti il 1° Novembre e, in seguito, della commemorazione dei defunti il 2 Novembre.

Allora, credete ancora che la cultura celtica sia qualcosa di lontano da voi e che le loro abitudini pagane non vi riguardino affatto? Rifletteteci la prossima volta che decorerete l’albero, mangerete uova di cioccolato o andrete fuori con amici indossando un cappello da strega.

Raffaella Iannece Bonora

Pubblicato da Raffaella Iannece Bonora

Raffaella Iannece Bonora, autrice del libro "La Tavola degli Otto", si occupa, come freelance, di arte, musica, spettacolo, cinema, teatro, moda, letteratura ed eventi culturali. Gusti personali? Non è facile.dover scegliere un solo romanzo o una sola pellicola ma ci provo...Libro preferito? "Il Grande Gatsby"! Film? "La leggenda del pianista sull'oceano". Musica? Bruce Springsteen! Teatro? Shakespeare, sempre e comunque ❤ Su instagram mi trovate come arte_alla_spina e raffaella_iannecebonora_author

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