La danza della lepre, Giuseppina Pieragostini

La danza della lepre. Storia dell’ultima bambina contadina, Giuseppina Pieragostini. La Lepre edizioni

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"Non sempre ciò che viene dopo è progresso."
Alessandro Manzoni

10 giugno 1959: una donna inglese decide di fare un viaggio nel cuore dell’Italia, per rievocarne anche un altro, che la riporta indietro nel tempo, nel periodo della sua giovinezza. Sarà accompagnata da Giuseppe Libberati, arrivato a Londra proprio grazie al papà di Isabella, dopo che nelle sue terre c’era stato un terremoto.

Il signor Giuseppe, mi ha presentato, ma dovrei dire che mi ha decantato: Isabella Stazzano, una signorina inglese che pittura pitture famose in tutto il mondo, che vive in un palazzo tra i più belli di Londra, che conosce la parlata nostrana meglio di noialtri.- Soprattutto si è fatto bello di mio padre: Italiano, grande amico del re e della regina con cui mangiava insieme a pranzo e a cena, ingegnere mondiale, commendatore di quelli grossi, che ha viaggiato in tutto il mondo insieme alla signorina sua figlia qui presente, che aiutava come un padre tutti gli italiani bisognosi in Inghilterra e anche in Italia e che purtroppo è venuto a mancare, lasciando un capitale come non si è mai visto.

Isabella ferma i suoi pensieri, le sue emozioni e le sue sensazioni su carta, indirizzandoli a Beatrice, una sua cara amica. La sua destinazione è Noèlle, un piccolo paesino sperduto sito nel territorio del Piceno.

“Noèlle sta a significare un posto che non esiste: di sicuro è stato uno scherzo di chi ci voleva male.”

La donna, da tutti definita “ingresa” per la sua provenienza, comincia piano piano ad insinuarsi in quel contesto abitativo che, nel bene e nel male, non smette di stupirla quotidianamente.

“…la popolazione di Noèlle si presenta composta da una decina di famiglie costrette in un panorama angusto, ancora più ridotto dalla conformazione naturale del sito. A giudicare da questo primo approccio, ognuno cerca di presentare in una luce sfavorevole le vicende altrui e di vantare le proprie. In questa operazione chiedono senza pudore la mia condivisione, mentre io cerco di difendere il mio appartato angolo di osservazione che è il medesimo di quando ritraevo paesaggi e persone. Ma questo luogo, a differenza di quello di tanti anni fa, sembra necessitare di approvazione, addirittura di complicità, come fosse troppo incerto e friabile per potercela fare da solo.”

Le donne in primis, viventi e no, sembrano essere le vere padroni del posto, oltre che le uniche vere detentrici di segreti e misteri che non tardano a fare capolino.

“Queste donne sono le modelle mancate di un viaggio nato dalla disattenzione: se non sarò io a dipingerle, spero saranno loro a fornirmi un ritratto di loro stesse, di questo insediamento, della sua storia e del trapasso che sta subendo.”

In particolare, colei che si arroga il diritto di farle da guida, è Pietruccia, una bambina vispa, indomabile ed eccentrica, con un passato travagliato e un presente che, a onor del vero, non le rende merito. L’ultima bambina contadina…

“Questa bambina si presenta come il capro espiatorio che porta addosso tutta l’umiliazione e la mortificazione di questa comunità in cieca fuga dal passato.”

La guerra è riuscita a creare uno spartiacque netto tra un prima e un dopo. Gli usi, le abitudini, le stesse credenze a cui tutta la popolazione di Noèlle era profondamente legata e radicata, cominciano a vacillare, inficiate da una modernità che vuole irrompere con forza in quella terra di nessuno, in quel posto che sa di casa del diavolo, in quel luogo da cui tutti quasi vogliono scappare…

“La guerra aveva aperto la porta al mondo di fuori, così come il tetto crollato aveva aperto il cranio di don Filicittu, e per la prima volta gli abitanti di Noèlle si erano visti con gli occhi degli altri. Degli stessi famigliari reduci da regioni lontane, dei mercanti che cominciavano a transitare insieme alle merci, dai paesani che intrattenevano nuovi scambi, dagli stessi figli che frequentavano la scuola. Guardandosi da fuori, i concittadini di Noèlle avevano visto la miseria, il sudiciume, le leggende infantili, le case soffocanti e sovraffollate, i debiti iniqui che li perseguitavano, la fatica senza requie, la crudeltà ottusa del padronato, la dignità impraticabile, l’inammissibilità del desiderio. Si vergognavano di loro stessi.”

Una comunità che si va via via sfaldandosi, accomunata però da un mistero quasi terrificante: come e perché sono morte quelle piccole fanciulle quasi in odore di santità, che per un periodo hanno abitato il posto in cui ora alloggia Isabella? È stato solo un caso, o qualcuno ha ordito la trama per il loro precoce trapasso?

Pagina dopo pagina, il racconto diventa sempre più intenso e si arricchisce di particolari inediti che trasportano il lettore in una dimensione quasi surreale. La minuzia dei dettagli, la descrizione particolareggiata dei luoghi, degli abiti e delle sfaccettature caratteriali, la parlata dialettale, le dicerie e le fantasie di gente avvezza in via esclusiva alla sopravvivenza, le tradizioni legate anche agli aneddoti in cui i protagonisti principali sono fantasmi, spiriti e stregoni, ci rapiscono letteralmente per poi catapultarci in un passato che di fatto, non è nemmeno troppo lontano. Un tempo andato, forse violato, bistrattato, che a modo suo vuole essere ricordato e riscattato, come simbolo di origini, di provenienza, di radici. Anche o forse proprio a dispetto di quella forma di evoluzione che ci ha travolti tutti, in maniera repentina e irrefrenabile. Ma, di fatto, non potremmo guardare all’oggi e non potremmo pensare al domani se gettassimo, almeno di tanto in tanto, un occhio al passato, carezzandolo con gratitudine e amore filiale…

“Mi accorgo che il mio sguardo cerca di correggere la natura stessa della pietra, alla ricerca di marmo, di granito, di vestigia che mi facciano credere di aver trovato le tracce degli dèi e degli eroi. Ai miei occhi il presente, isolato da ogni rimando a un passato possibilmente mitico, sembra non essere mai sufficiente, meno che mai in questo posto, dove il presente appare insignificante anche a chi ci vive.”

“La guerra non si è portata via solo tanti cristiani, s’è portata via pure le credenze.”

Fine anni Cinquanta del secolo scorso. In un villaggio montano del Piceno va in scena il trauma della modernità. Lo racconta Isabella Stazzano, studiosa inglese del folklore contadino, seguendo i fili di una memoria che tutti hanno fretta di sotterrare. Le fa da guida Pietruccia, l’ultima bambina contadina, che cerca di sopravvivere con arte e sfrontatezza. C’è un enigma da sciogliere: come e perché sono morte le Santucce, ultime ospiti del piccolo romitorio femminile che era stato il cuore del villaggio? Ognuno – l’elusiva Zinghirìna, le tre vecchie Vizzòghe, il canonico, don Filicittu, il medico condotto, dottor Poli, le donne e i rari uomini risparmiati dall’emigrazione – sembra avere la propria verità. Qualcosa di terribile e misterioso è avvenuto nel recente passato della piccola comunità, sospesa tra costumi ancestrali e irruzione della “nuovo”, e toccherà a Isabella venire a capo dell’enigma.

Autore: Giuseppina Pieragostini
Editore: La Lepre Edizioni
Collana: Visioni
Anno edizione: 2022
In commercio dal: 12 dicembre 2022
Pagine: Brossura
EAN: 9791280961068

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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