La memoria rende liberi . La vita interrotta di una bambina nella Shoa.

L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui no dovremo mai togliere il segnalibro della memoria.” Primo Levi

È durata circa un anno e 4 mesi la prigionia nel campo di concentramento di Auschwitz per Liliana Segre, tredicenne al momento dell’arresto, avvenuto presso il confine svizzero dopo un fallito tentativo di fuga verso una effimera e fasulla salvezza. La sua esistenza cambia già all’età di otto anni, quando la promulgazione delle leggi razziali si abbatté su tutta la comunità ebraica.

“Verso la fine dell’estate del 1938, la mia vita d’improvviso cambiò… Un giorno, mentre eravamo a tavola insieme ai nonni, sentimmo alla radio che da novembre gli ebrei avrebbero subìto una serie di restrizioni. Quel momento è rimasto impresso nella mia mente come un fermo immagine. Di quell’attimo ricordo tutto: il volto della domestica ritta in piedi che serviva dal piatto da portata, i dettagli della sala da pranzo, l’ordine in cui eravamo seduti, le espressioni di mio papà e dei miei nonni. Mi guardarono e mi comunicarono che non avrei più potuto andare a scuola… Quella parola-espulsa- pronunciata da mio padre fu per me uno shock. Quando a un bambino si dice: “Sei stato espulso da scuola”, lui si convince di aver fatto qualcosa di sbagliato: è stato espulso perché ha una colpa. È infatti replicai: “Ma perché? Che cosa ho fatto?” Ci volle molta pazienza e grande tenerezza per farmi capire che non ero stata io ad aver fatto qualcosa di male. Si trattava di una legge che aveva stabilito che tutti gli ebrei dovessero essere “espulsi” dalla scuola e da molte altre attività. In quell’autunno fu promulgata una infinita serie di divieti che a poco a poco ci avrebbero spogliato di ogni diritto, le famose Leggi razziali: gli individui di razza ebraica furono espulsi dall’esercito, dalla pubblica amministrazione, dalle università, dalle assicurazioni e dalle banche, fu vietato loro di esercitare moltissime attività commerciali, di possedere immobili e aziende oltre un certo valore, di sposarsi con “ariani”, di prestare servizio nelle loro case o semplicemente di possedere un apparecchio radiofonico.”

La calma e la pacatezza che si percepiscono attraverso le parole di Liliana, hanno la potenza di fendenti acuminati, capaci di procurare squarci acuti e difficilmente rimarginabili. Il dolore di una bimba già provata perché rimasta orfana di madre a soli 11 mesi, si eleva oltre ogni ragionevole immaginazione quando consta, suo malgrado, una nuova, inaspettata e atroce realtà.

“La mattina del 30 gennaio 1944 ci caricarono su un camion a calci e botte… Il dolore e la disumanità dei giorni passati non erano nulla al confronto della bestialità che ci ritrovammo di fronte. Quello era il mondo con il quale avremmo dovuto prendere confidenza, la nostra nuova quotidianità per i mesi a venire: i soldati tedeschi armati fino ai denti, con al guinzaglio i loro cani feroci. Ma il colpo più duro fu quando capimmo che i più zelanti tra i nostri aguzzini non erano i nazisti. Erano gli italiani… Per la prima volta capii di essere considerata una non-persona, un pezzo che stava per essere caricato su un vagone e portato chissà dove… Entrammo nel lager e ci trovammo di fronte a quella che ci parve un allucinazione: vedemmo centinaia di donne-scheletro rapate, vestite a righe, che trascinavano bidoni, pietre, mentre schiere di diavolesse, le SS donne, le picchiavano selvaggiamente aizzando i cani contro di loro, in una furia di elementi, di fischi, di vento, di neve, di latrati. Era un inferno fatto di ghiaccio. Il fuoco lo avremmo conosciuto dopo, quello dei crematori… La nudità fu un trauma: a quel tempo le donne non erano abituate a mostrarsi e lo sguardo sprezzante degli uomini in divisa ci distrusse. Ci sentivamo indifese, svilite, umiliate…Ci spedirono poi da una donna che rapava a zero i capelli. Dopo, non eri più la persona di prima… Da quel giorno io diventai il numero 75.190.”

In un libro struggente e pregno di emozioni, Enrico Mentana ha raccolto la testimonianza di una donna scampata alla morte fisica del campo di Auschwitz, partendo dalla sua infanzia, scandita prevalentemente dall’amore infinito del suo caro papà Alberto, passando per le atrocità del lager, fino alla sua liberazione, all’incontro determinante con il marito Alfredo, al periodo di depressione, alla gioia di aver avuto tre figli. “Da anni, ogni volta che mi sento chiedere: “Come è potuto accadere tutto questo?”, rispondo con una sola parola. Indifferenza. Tutto comincia da quella parola. Gli orrori di ieri, di oggi è di domani fioriscono all’ombra di quella parola. La chiave per comprendere le ragioni del male è racchiusa in quelle cinque sillabe, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore.”

“Scegliere di raccontare è stato come accogliere nella mia vita la decisone che avevo cercato di dimenticare di quella bambina di otto anni espulsa dal suo mondo. E con lei il mio essere ebrea. Continuo a professarmi agnostica, a non avere una fede, ma l’ebraismo è ora un tratto accettato come parte di me. Se prima lo avevo messo in un angolo perché volevo essere un’altra, ora, invece, convive con quella che sono. Quella bambina ebrea che quasi non sapeva di esserlo è diventata una donna ebrea che ha scelto di assumersi il peso e la responsabilità della memoria. Una memoria affidata purtroppo quasi solo ai sopravvissuti, alle vittime, sulle quali è pesato il dovere di difendere la verità.”

Ai milioni di persone vittime innocenti di un crimine spietato e senza precedenti, non sarà mai resa giustizia, ma a noi spetta almeno l’onere e l’onore di ricordare, di trasmettere e di infondere ai nostri posteri quanto accaduto. Perché ciò che è stato non si ripeta MAI più…

Fabiana Manna

Titolo : La memoria rende liberi

Autore : Enrico Mentana, Liliana Segre

Editore : Rizzoli

EAN : 9788817075688

Prezzo : € 17,50

La descrizione del libro

“Un conto è guardare e un conto è vedere, e io per troppi anni ho guardato senza voler vedere.” Liliana ha otto anni quando, nel 1938, le leggi razziali fasciste si abbattono con violenza su di lei e sulla sua famiglia. Discriminata come “alunna di razza ebraica”, viene espulsa da scuola e a poco a poco il suo mondo si sgretola: diventa “invisibile” agli occhi delle sue amiche, è costretta a nascondersi e a fuggire fino al drammatico arresto sul confine svizzero che aprirà a lei e al suo papà i cancelli di Auschwitz. Dal lager ritornerà sola, ragazzina orfana tra le macerie di una Milano appena uscita dalla guerra, in un Paese che non ha nessuna voglia di ricordare il recente passato né di ascoltarla. Dopo trent’anni di silenzio, una drammatica depressione la costringe a fare i conti con la sua storia e la sua identità ebraica a lungo rimossa. “Scegliere di raccontare è stato come accogliere nella mia vita la delusione che avevo cercato di dimenticare di quella bambina di otto anni espulsa dal suo mondo. E con lei il mio essere ebrea”. Enrico Mentana raccoglie le memorie di una testimone d’eccezione in un libro crudo e commovente, ripercorrendo la sua infanzia, il rapporto con l’adorato papà Alberto, le persecuzioni razziali, il lager, la vita libera e la gioia ritrovata grazie all’amore del marito Alfredo e ai tre figli.

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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