Sono qui seduta su questa poltrona da ore, aspetto, in silenzio guardo il muro.
Il rumore del traffico arriva dalla finestra aperta, entra insieme all’aria fresca di questo settembre a metà tra estate e autunno.
Aspetto qui, seduta, le gambe sotto il corpo. Aspetto che tu faccia il tuo ingresso da quella porta, non so perché sto qui, forse perché so che prima o poi arriverai.
C’è un rubinetto che perde, una goccia alla volta, tiene il tempo, una goccia, un’altra goccia, un’altra ancora. Non mi alzo da qui, aspetto solo che questa poltrona diventi troppo scomoda.
Muovo le gambe, cambio posizione, il tempo passa, non so che ore siano, potrebbe essere mattina presto o pomeriggio. Non ho voglia di alzarmi, perché se lo facessi il tempo perderebbe la sua importanza, mi renderei conto che ti sto aspettando invano, che ogni mio pensiero, desiderio, sogno si infrangerebbe contro la realtà. No. Resto qui, seduta, in questa stanza vuota, senza un quadro alla parete, senza un televisore, senza niente che possa distrarmi dai miei pensieri o dal mio pensiero. Tu che nella mia immagine assumi i contorni sfumati di un sogno, una fantasia che non si realizza, che lascia solo una lunga scia di silenzio.
Sono giorni, mesi, anni che ti aspetto, ho contato i secondi che, lentamente sono diventati minuti e poi ore, ho contato i battiti di ciglia, i battiti del cuore, ho contato tutto, come lo sgocciolio dell’acqua, tutto da questa poltrona, tutto guardando fuori senza neanche scomodarmi a vedere la via, solo il cielo.
L’ho visto passare da rosa dell’alba al dorato del giorno, rosso del tramonto e al nero della notte, ho visto le stelle, la luna, ho visto il cielo affacciarsi su un nuovo giorno, intanto io restavo qui, ferma ad aspettare te.
Il tempo quando si aspetta ha due velocità, se per una cosa bella, scorre lentamente, quasi a volerti dare un sorso di veleno alla volta, se è per cose brutte accelera inesorabilmente, tanto da farti rimpiangere di non averne avuto di più. Il mio tempo con te è finito, è durato poco più dello sbattere d’ali di una farfalla, ma anche se è passato e so che non tornerai, io sto ancora qui ad aspettarti, seduta esattamente dove ci siamo visti l’ultima volta, seduta qui, forse tornerai, forse no, io so solo che questa poltrona mi accoglie.
(Testo di Daniela Grigetti – Foto di Vincenzo Zannini)