La sacra sindone tra mistero e realtà.

La sacra Sindone

La sacra sindone, tra mistero e realtà.

“Il Volto sofferente della Sindone non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore, invita dunque ciascuno di noi a guardarsi dentro con verità, a risvegliare il proprio cuore e le proprie coscienze sulle ingiustizie di questo mondo di fronte alle quali non si può tacere.
Luigi Ciotti


Secondo quanto riportato da una nota enciclopedia italiana, con il termine “sindone ” gli antichi greci indicavano una tela fine, di origine straniera, una specie di lino, ma anche, più particolarmente, un pezzo di stoffa tagliato o per foggiare bende, tende, vele, o, infine, certe vesti. Con quest’ultimo significato la parola “sindone” figura, infatti, nell’inventario delle vesti della dea Era, a Samo. In epoca più tarda questo termine fu usato a indicare una specie di veste leggera, di origine egiziana, paragonabile alla tunica lintea, e con tale origine egiziana si spiega come mai delle sindoni venissero adottate nel culto della dea Iside.

Nell’uso ebraico la sindone serviva a involgere i cadaveri per la sepoltura.

Quando si parla di Sacra Sindone, a tutti viene in mente il riferimento ad una delle più importanti reliquie cristiane, che pare sia il telo nel quale è stato avvolto il corpo di Cristo e che da secoli ha creato forti divergenze tra credenti e coloro che ritengono si tratti solo di un falso, addirittura una riproduzione pittorica creata ad hoc. Sostanzialmente si tratta di un lenzuolo di lino sul quale sono stati lasciati i segni delle terribili torture subite, riconducibili a quelle inflitte a Gesù.

Il Vangelo di Giovanni (Gv 18,1-19,42) racconta la passione di Cristo:

“Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo. (…) Essi presero Gesù ed egli, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Golgota, dove lo crocifissero. (…) Venuti, però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una Lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. (…) Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. (…)

Ma da dove e in che modo è arrivato questo lenzuolo e quanto può essere ritenuto autentico? Qual è la sua storia e quali misteri cela?

Andiamo per gradi.

La Sindone è un lenzuolo di lino color giallo ocra, rettangolare, di dimensioni di circa 441 cm X 111 cm. È tessuto a mano con la trama a spina di pesce e con rapporto ordito-trama di 3:1. È cucito su un telo di supporto, anch’esso di lino, delle stesse dimensioni: il supporto originale, applicato nel 1534, è stato sostituito nel 2002 con un telo simile. Impossibile non accorgersi di alcuni danni determinati da diversi eventi, come le bruciature causate dall’incendio avvenuto nella notte tra il 3 e il 4 dicembre 1532 all’interno della Sainte-Chapelle del castello di Chambéry, appositamente fatta costruire dai Savoia.

Questo telo riporta due immagini molto tenue (una di fronte l’altra di schiena) di un corpo umano nudo, un maschio adulto con la barba e i capelli lunghi, a grandezza naturale. C’è anche il segno della testa, perfettamente allineata con la figura, perché il collo, in base alla posizione, potrebbe non aver lasciato segni. Inoltre, presenta molteplici ferite: quelle più evidenti sono i polsi e agli avampiedi, oltre a una larga ferita da taglio al costato. Le lesioni al capo corrispondono alla presenza di un casco di spine e quelle sul dorso sono riconducibili a una grossa trave portata sulle spalle. Ancora, in corrispondenza dei piedi e del naso sono state ritrovate tracce di terrà compatibili con quella di una caduta dalla quale deriverebbe la rottura del setto nasale. L’immagine è visibile a occhio nudo solo a una certa distanza (uno-due metri, mentre avvicinandosi sembra dissolversi) ed è “al negativo”, cioè i chiaroscuri sono invertiti rispetto a quelli naturali ed infatti appare come “positiva” sul negativo fotografico acquisito in luce visibile.

 

I primi riferimenti al ritrovamento della Sacra Sindone ci riportano nel 1353, quando un cavaliere crociato, Geoffroy de Charny, dichiarò di essere in possesso di un prezioso telo di lino proveniente dall’Oriente, donato poi dallo stesso alla chiesa da lui fatta costruire nella cittadina di Lirey. Comincia da questo momento un pellegrinaggio di fedeli provenienti da tutta Europa e, di conseguenza, si apre una fortissima diatriba tra il vescovo di Troyes, Pierre d’Arcis, che ne vietò l’ostensione ritenendola un falso, e Clemente VII, allora antipapa ma ritenuto in Francia come legittimo pontefice, che prova a raggiungere un compromesso emanando quattro bolle datate 1390: da una parte è autorizzata l’esposizione del telo a patto che si dichiari che si trattava di una “pictura seu tabula”, cioè un dipinto (“si dica ad alta voce, per far cessare ogni frode, che la suddetta raffigurazione o rappresentazione non è il vero Sudario del Nostro Signore Gesù Cristo, ma una pittura o tavola fatta a imitazione del Sudario”); dall’altra, a Pierre d’Arcis, è chiesto di cessare le critiche contro il telo. Il vescovo è determinato, e sostiene che la prima ostensione della Sindone risalisse a 34 anni prima, e che le ricerche da lui effettuate dovessero necessariamente dargli credito in quanto, “se sul lenzuolo funebre di Cristo fosse stata visibile un’impronta, i Vangeli ne avrebbero parlato senza dubbio”. Trova anche un pittore dell’epoca che dichiara che fosse stato lui dipingere il telo. Da allora è per un certo numero di anni, la reliquia sparisce…

 

Solo nel 1506, grazie al papa Giulio II, si comincia a venerare pubblicamente la Sindone. Pochi anni dopo, nel 1532, il lenzuolo rischia di andare perso per sempre, a causa dell’incendio scoppiato all’interno della Sainte-Chapelle del castello di Chambéry. Le bruciature, visibili per tutta la lunghezza, sono prevalentemente dovute al colare dell’argento fuso del reliquiario che la conteneva. Furono le suore clarisse del luogo a rattoppare il danno alla meno peggio con tessuti dell’epoca. In realtà sono presenti anche altre bruciature, probabilmente antecedenti a quelle dell’incendio, ipoteticamente causate delle candele sistemate in prossimità del telo.

Le varie vicissitudini storiche vedono la Sindone soggiornare a Torino, Vercelli, Nizza, Genova, Monte vergine (santuario sito in Campania) per poi tornare nuovamente e definitivamente a Torino per volere di papa Giovanni Paolo II (la Sindone gli viene lasciata in eredità dall’ultimo re d’Italia, Umberto II di Savoia).

 

Nel 1898, con la prima fotografia, inizia di fatto la “storia scientifica” della Sindone, volte a comprendere come un cadavere può effettivamente lasciare tracce simili a quelle ritrovate sul telo più famoso e discusso al mondo.

C’è stato chi ha ipotizzato che a generare l’impronta siano state le reazioni chimiche tra vapori di ammoniaca emessi dal cadavere e l’aloe e la mirra (sostanze utilizzate anticamente per onorare i cadaveri) presenti sul lenzuolo; c’è chi ha supposto che si possa trattare di una radiazione proveniente dal corpo o da sorgenti ad esso esterne; altri hanno effettuato esperimenti utilizzando una statua di metallo riscaldata; altri ancora hanno provato ad usare ocra rossa per dipingere un’immagine su un telo e via dicendo. Nessun risultato, però, è stato in grado di realizzare qualcosa che potesse somigliare alla figura della Sindone.

Nel 1978, una ricerca denominata STURP (Shroud of Turin Research Project) condotta da scienziati americani, ha dimostrato l’assenza di pigmenti e coloranti sul lenzuolo, evidenziando come l’immagine corporea è assente al di sotto delle macchie di sangue (e dunque si è formata successivamente ad esse), che interessa il tessuto per uno spessore di appena alcuni centesimi di millimetro e che “è dovuta ad un’ossidazione-disidratazione della cellulosa delle fibre superficiali del tessuto” avvenuta tramite un processo ancora ignoto ma comunque non utilizzando mezzi artificiali.

Anche le macchie di colore rosso, da sempre considerate macchie ematiche, sono state analizzate da studiosi che pare abbiano accertato che si trattasse proprio di sangue umano di gruppo AB. Altri studi hanno rinvenuto granuli di polline appartenenti a 58 piante fiorifere, molte delle quali presenti solo in Palestina e in Anatolia (l’odierna Turchia). Ulteriori esami hanno riguardato le tracce biologiche, la datazione, (con esame del Carbonio 14), esame medico-legale, la tridimensionalità, quello relativo all’altezza dell’uomo della Sindone, quello di probabili segni (tipo chiodi e flagellazione) e di oggetti (corona di spine e monete sugli occhi). Ovviamente, non sono stati pochi coloro, scettici comuni e scienziati di gran prestigio, che hanno sollevato obiezioni sull’autenticità del lenzuolo e continuano ancora a farlo, in una diatriba infinita che probabilmente non troverà mai una fine.

Ad ogni modo, a prescindere dal poter essere credenti o meno, dal seguire il filone scientifico che tende ad avallare l’ipotesi del lenzuolo che ha avvolto un uomo crocifisso o quello che valuta altre idee, dal poter asserire con estrema certezza che la Sindone sia effettivamente sacra o no, resta il fatto che intorno a questo sudario continueranno ad aleggiare un mistero e un fascino come forse non è mai accaduto.

Questa è l’unica certezza che ad oggi, abbiamo. E probabilmente, tanto ci deve bastare.

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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