La tenuta dei melograni, Enza D’Esculapio. Edito Homo Scrivens
“La storia è la memoria di un popolo, e senza una memoria,
l’uomo è ridotto al rango di animale inferiore.”
Malcom X
Dal 1837 sono passati oltre 180 anni: anni densi di avvenimenti, attraverso i quali l’Italia è diventata, con un processo molto complesso e articolato, lo stato italiano di oggi.
Dietro tale processo, o meglio, artefici di esso sono stati uomini e donne che hanno creduto in un ideale, che hanno messo la loro vita al servizio di un progetto di una grandezza così elevata che ancora oggi, probabilmente, non siamo ancora in grado di capirne appieno l’intensità: donne e uomini come i personaggi di “La tenuta dei melograni”, il nuovo romanzo di Vincenza D’Esculapio.
Brigida Chiaromonte D’Acquaviva è ormai giunta alla conclusione del lungo viaggio che l’ha condotta, suo malgrado, in giro per la Sicilia e poi a Napoli: un viaggio fisico ma anche interiore durante il quale ha conosciuto l’affetto di genitori premurosi e l’abnegazione di zie che hanno rinunciato ad avere “una vita propria” in nome della cura dei nipoti, ma anche la complessità di una relazione tanto tenera quanto dolorosa con un fratello disabile e la condanna di un amore sbagliato.
Ma Brigida è innanzitutto figlia di Ginevra, pioniera e paladina delle grandi battaglie femminili e Ginevra è figlia di Teresa, animo filantropico, strappata troppo presto alla vita.
La storia delle tre donne si snoda dal 1927, anno di nascita di Ginevra, al 1956, epilogo della storia di Brigida. In questo lungo arco di tempo le vicende personali delle tre protagoniste risuonano come i rintocchi dell’orologio della Storia, partendo da una Sicilia travagliata dalla dominazione borbonica che sente come “tirannica e straniera”, ma nella quale, nonostante tutto, riesce a fiorire un movimento come la “Legione delle Pie Sorelle”, antesignana di moderne Associazioni come la Casa internazionale delle donne o la FIDAPA, e si affermano penne appassionate come quella di Giuseppina Turrisi e Mariannina Coffa, realmente vissute e ispiratrici di Ginevra e di Brigida, fino ad arrivare alla prima metà del Novecento, attraversando eventi storico-politici cruciali, come l’Unità di Italia e le due Guerre Mondiali.
Ma è anche la storia dei sentimenti delle tre protagoniste, del loro rapporto con la maternità e con l’amore, molecole del DNA delle donne, ma “declinati” in maniera differente da ciascuna di esse, perché ognuna è frutto, oltre che della diversa personalità, del proprio tempo.
Ed è anche la storia degli uomini che, in un modo o in altro, insieme alle donne, hanno contribuito a traghettare la Sicilia da terra di dominazione a regione d’Italia, come Alfonso e Ruggiero, e di quelli che, come Rinaldo, Manfredi, Gesualdo e Francesco, hanno vissuto, amato, odiato negli anni della storia, narrata con vividezza di caratteri dall’autrice.
Di straordinaria eleganza lo stile della D’Esculapio, che utilizza la parola scritta con la maestria di una suonatrice d’arpa, peraltro già apprezzato dai lettori e dalle lettrici attraverso “La torre d’avorio” e “L’ultimo Sposatore”, di cui “La tenuta dei melograni” può, in un certo qual modo, essere ritenuto il prequel.
“I palazzi barocchi che costeggiavano le viuzze facevano da corollario a una storia di secoli. Dai balconi in ferro battuto, gonfi come gli ampi vestiti delle nobildonne d’altri tempi, non si udivano voci. Solo da qualche tenda che ondeggiava lieve come vela al soffitto dello scirocco, che di tanto in tanto aleggiava, sembravano giungere dei gemiti di piacere.”
Molto suggestiva, infine, l’antica ninna nanna siciliana che introduce e conclude la storia narrata, impreziosendo l’opera e avvolgendo il lettore nel fascino magnetico della meravigliosa terra di Sicilia.
Perché dunque leggere “La tenuta dei melograni” di Vincenza D’Esculapio?
A mio avviso, innanzitutto perché ha una trama appassionante, con personaggi che sfilano dinnanzi al lettore con una vivacità straordinaria, offrendo quasi un effetto cinematografico, che affronta tematiche importanti come la libertà, la fede, il diritto delle donne di poter scegliere il proprio destino, cogliendo il valore trasversale e universale di esse.
Ma soprattutto perché questo romanzo si apre realmente alla “Storia collettiva”, amalgamando i personaggi veramente esistiti con quelli di pura fantasia: i primi chiamati a testimoniare il realismo delle ambientazioni evocate e i secondi a rappresentare le numerose complesse fattispecie dell’essere umano, al di là del tempo storico contingente. E credo che ciò rappresenti un significativo valore aggiunto in un romanzo di ambientazione storica!
Come sosteneva Cicerone, “La storia è testimonianza del passato, luce di verità, vita della memoria, maestra di vita, annunciatrice dei tempi antichi”, e la scrittrice Vincenza D’Esculapio, peraltro docente di Storia, ci offre, con “La tenuta dei melograni”, una pregevole testimonianza di quanto sia incredibilmente attuale tale affermazione.
In una Napoli imbiancata dalla nevicata del 1956, tra le antiche mura della Real Casa dell’Annunziata, Brigida Chiaramonte, duchessa D’Acquaviva, fra ricordi e allucinazioni rivede il passato della sua nobile famiglia d’origine siciliana e ne rivive la tormentata storia fino all’ultimo respiro.
È un viaggio a ritroso nel tempo, dal 1837, anno nefasto del colera che flagellò l’isola mentre la grande Storia seguiva il suo corso fino alla rivoluzione del 1848. Sua madre Ginevra, dal carattere forte e dalla personalità aperta, vivrà appieno gli eventi di quell’anno cruciale in cui fonderà con nobildonne, poetesse e intellettuali ‒ realmente esistite ‒ il movimento culturale della Legione delle Pie sorelle.
Il filo rosso di questi eventi felici, drammatici, storici e immaginari in cui si intrecciano storie di importanti personaggi è un’antica nenia siciliana, che accompagna lo scorrere del tempo nella tenuta dei melograni.
Autore: Vincenza D’Esculapio
Editore: Homo Scrivens
Collana: Direzioni immaginarie
Anno edizione: 2022
In commercio dal: 26 maggio 2022
Pagine: 210 p., Brossura
EAN: 9788832782660
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