L’alto nido
Roxane van Iperen, ex avvocato, è scrittrice e giornalista. Nel 2016 è stata corrispondente dal Brasile per De Correspondent e ha pubblicato il suo primo romanzo. Vive a Nardeen, nell’Alto Nido.
Introduzione
Bobby Kennedy sosteneva che “Ogni volta che un uomo difende un ideale, agisce per migliorare il destino degli altri, o lotta contro un’ingiustizia, trasmette una piccola onda di speranza.”E credo che nessun’altra citazione potesse essere più adatta per introdurre questo meraviglioso libro…
Recensione
Ci sono letture alle quali ci si accosta con garbo, con cautela, quasi con timore. Sono quelle che aprono uno squarcio profondo nelle nostre coscienze. Che segnano, incidono, marchiano. In maniera viscerale e indelebile. Sono quei libri che riescono a riecheggiare oltre il vile oblio del negazionismo, oltre le impensabili menzogne, oltre le stragi e i massacri aberranti e ingiustificabili. E “L’Alto Nido” rientra tra questa tipologia di lettura. Forte, sferzante, indimenticabile. Nata quasi per uno scherzo del destino. Già, perché l’autrice, Roxane Van Iperen, non si sarebbe mai aspettata di scoprire retroscena storici e umani nel momento in cui ha preso possesso della casa, L’Alto Nido, appunto, e nel momento in cui sono cominciati i lavori di restauro, nel 2012.Nata nell’area naturale di Naarden, la casa prende forma grazie alla volontà di Dirk Witte e di sua moglie Doralize “Jet” Looman di Bussum, nel 1921. Periodo tranquillo, quello, che dovrà presto lasciar spazio a un altro più nefasto, terribile e inaspettato.
La politica razziale tedesca di estende progressivamente, in special modo nei confronti degli ebrei. Il 15 settembre 1935 furono promulgate le “Leggi di Norimberga”, su una base pseudo-scientifica, che privava i cittadini ebrei di ogni diritto, qualificandoli come sub-umani. È l’avvento di quell’abominio denominato “Soluzione finale della questione ebraica”.
“In Olanda i primi rastrellamenti del 22 e 23 febbraio 1941 portano all’arresto di 427 uomini ebrei dai venti ai trentacinque anni.”
“Nell’estate del 1941 i tedeschi accelerano i preparativi per raggruppare e mappare tutti gli ebrei olandesi. Oltre 160.000 ebrei sono stati registrati, la loro libertà di movimento è limitata, non possono più frequentare mercati, piscine o spiagge, le loro aziende sono state rilevate e le radio confiscate. Gli impiegati del comune di Amsterdam, città in cui vivono oltre 80.000 ebrei, hanno compilato su richiesta dei tedeschi la famigerata “mappa dei puntini”, una cartina in cui la presenza ebraica nella città è riportata con precisione assoluta-per ogni dieci ebrei è stato aggiunto un puntino. Basta un colpo d’occhio per capire quanto lavoro ci sia da fare: alcuni quartieri sono zeppi di puntini, in altri la densità è inferiore. Poco a poco, e senza un’opposizione degna di tale nome da parte del governo olandese, un intero gruppo della popolazione è stato derubato dei suoi diritti e della sua dignità, isolato dal resto della società e mappato nel dettaglio.”
Ed è a questo punto che la narrazione si concentra sulla famiglia Brilleslijper, e in particolare sulle sorelle ebree Lien (Rebekka) e Janny (Marianne).
Educate secondo concetti di indipendenza, equità e giustizia, durante il periodo dei rastrellamenti lottano per scampare alla terribile macchina della morte, aiutando tantissimi altri ebrei, creando un asse di resistenza tra Amsterdam e l’Aia.
“La famiglia Brilleslijper appartiene a quello sparuto gruppo di persone che non si sono registrate come ebree, hanno ottenuto documenti falsi e si sono dati alla latitanza per tempo, hanno costruito attorno a se una rete di altri fortunati testoni grazie ai quali sono diventati autosufficienti e indipendenti dall’aiuto di potenziali collaborazionisti o vigliacchi. Ora devono provare a salvare dalla trappola più persone possibili.”
Vigili e attive, ma anche indomiti e coraggiose, creano una rete grazie alla quale distribuiscono documenti falsificati, tessere di razionamento e riviste clandestine, senza mai smettere di credere nei propri ideali e senza mai tirarsi indietro, anche quando la morsa diventa più serrata, e anche quando molti amici e conoscenti vengono catturati e uccisi. Fino a quando si ritrovano ancora una volta a scappare per nascondersi in un luogo più sicuro. Ed è nel febbraio 1943 che la famiglia Brilleslijper inizia la sua permanenza nell’Alto Nido, in qualità di famiglia ospite e ospitante, trasformando l’abitazione in nascondiglio e centro di resistenza, e raggiungendo una sorta di tranquillità e normalità.
“Nel corso del febbraio del 1943 l’abitazione ospita un nucleo fisso di 17 ospiti, ampliato da un flusso costante di visitatori alla ricerca di un nascondiglio per periodi che vanno da pochi giorni fini a mesi interi.”
Ma la natura umana, a volte, cede alle debolezze: qualcuno ha rivelato, tradendoli, la loro presenza e gli abitanti della villa immersa nel bosco vengono catturati. Inizia il vero viaggio verso gli inferi: Westerbork, Auschwitz, Bergen-Belsen. E l’incontro con le sorelle Margot e Anne Frank…
Quella di Roxane Van Iperen è una narrazione di una umanità senza eguali. Dettagliata e precisa, segue le varie vicissitudini cercando di non tralasciare nulla. Chiaro è il passaggio storico dal primo al secondo conflitto mondiale, come chiari e tangibili sono tutti i sentimenti e le sensazioni che si percepiscono pagina dopo pagina: paura, sgomento, voglia di rivalsa, amore, rispetto, fiducia. Una storia vera, fatta di coraggio e solidarietà, che vede protagoniste due donne straordinarie, che non si sono mai arrese di fronte alla follia e all’odio ingiustificato, ma che hanno creduto fortemente in un ideale di amore che vince su tutto, quello stesso amore che è riuscito a tenerle in vita e a tirarle fuori da un abominevole inferno. Una lettura forte e intensa, che consiglio assolutamente.
Conclusioni
Non troppo tempo fa decisi di varcare i cancelli degli inferi di Auschwitz. Fu un’esperienza devastante: nel silenzio più assoluto sentivo riecheggiare urla stracciate di dolore, di incredulità, di paura. Compresi concretamente che quelle voci hanno tutto il diritto di sollevarsi, nella loro sofferenza, e che noialtri, fortunati e ignari, abbiamo il dovere di dar loro ascolto. L’indifferenza, l’omertà, il disinteresse, la stessa paura verso ciò che non conosciamo, ci rende complici di probabili crimini che possiamo e dobbiamo assolutamente evitare.Citazioni
“Devi raccontare questa storia, perché non ha niente a che vedere con molte delle storie che il mondo già conosce. Gli ebrei non si sono lasciati ammazzare in maniera accondiscendente- ci sono ebrei che hanno combattuto in prima persona nella resistenza, uomini ma anche donne.”