Le metro invisibili, Mico Argirò, Edizioni Underground
“In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter viaggiare.”
Andrej Tarkowsky
Perché si viaggia? Per diletto, per passione, per evasione, per lavoro, per necessità, per amore. Qualsiasi sia il motivo, la partenza comporta un cambiamento, e un distacco inevitabile dalla propria comfort zone, dai propri affetti, dalle proprie, radicate abitudini. E in contrapposizione alla novità, alle incognite, alla meraviglia di scoprire e di scoprirsi in un posto nuovo, c’è il dolore dell’abbandono di ciò che è noto, familiare, sicuro. Scegliere e/o essere scelti: dalla volontà o dal destino, genera, inevitabilmente, una moltitudine di emozioni contrastanti, con le quali anche il protagonista di questo libro si deve confrontare.
In una Milano popolata e movimentata, solo in mezzo a una moltitudine di soggetti indefiniti, persi e presi tra i binari della metro…
“Ebbi per la prima volta paura di essere solo nella città, di non avere più un amico, un fratello, un paio d’occhi che mi vedessero. La solitudine, quando non è l’oasi scelta, è condanna al deserto dell’oggi, al marasma della bella città moderna, modernamente assassina (…). Pensai a quante vite si muovevano nei pochi metri di fianco a me e a quante se ne fossero mosse in quei metri nel tempo…”
Un brusio di persone che si muovono all’impazzata, come tante formiche, mosse dai mille impegni, reali o presunti, distratte e lontane dal momento presente, corrono frenetiche, lontane da sé stesse, lontane dal calore di un abbraccio o di un sorriso, lontane da casa, che non è solo un luogo, ma rappresenta per tutti un pilastro emotivamente solido delle nostre esistenze.
“Casa è la strada che riconosci, che fai più volte al giorno, che hai calpestato la mattina alle sei o la notte alle tre, che hai consumato da sobrio, da innamorato, da avvelenato. È la via che ti ha abbracciato stanco, che ti ha riportato a letto quando nemmeno ci badavi. È l’asfalto di cui conosci le crepe, le merde di cane sparse, i palazzi che ci nascono (…). Casa è il posto dove lasciarsi andare, dove poter essere pigro senza gli occhi di chi ti vuole sempre produttivo, sempre nei tempi, sempre vincente (…). Casa mia è altrove, troppo lontano, sempre presente. Come per ogni marinaio il pensiero del porto, per ogni Ulisse la sua Itaca, per ogni camionista il suo divano. Non ho viaggiato un giorno senza il pensiero di casa mia, di mia madre e della mia famiglia, di ogni sfumatura di giallo della mia terra, dell’aria di mare per strada, del verde che si mischia ai cieli che fiammeggiano alla sera. Ma quante case verranno? Quanti mazzi di chiavi ancora riconoscerò come mie? Quanti letti vedranno le mie storie, quante finestre mi vedranno, la sera, guardare dritto verso i grattacieli e desiderare? Non ho mai viaggiato un giorno senza il pensiero di casa…”
E in questo viaggio controverso, ipotetico o reale, passando e scendendo alle varie fermate di quei treni sempre in movimento che trasportano vite, sogni, desideri, aspettative, gli incontri non mancano. Bizzarri, assurdi, irreali, ma sempre significativi, perennemente importanti e a volte fondamentali, utili per comprendere aspetti talvolta tralasciati, travolti dal vortice delle incombenze e degli oneri quotidiani. Sono incontri magici, che danno vita a spunti di riflessione notevoli e imprescindibili, che sanno lasciare insegnamenti indelebili e che scuotono dal torpore della routine che travolge la nostra epoca che ci vuole sempre perfetti, puntuali e “liquidi”.
“L’intelligenza è saper fare, contemporaneamente, un passo indietro e un passo avanti: è l’avere, sempre contemporaneamente, visione del presente e distacco da esso. Possedere Memoria, ma saper prescindere dall’esperienza. Possedere sogni e aggredirli con coraggio e a rischio fallimento. Possedere Coerenza, ma coerenza d’animo, sapendo bene quando cambiare idea. Ho detto fallimento non a caso…credo che un successo si costruisca, davvero, su tantissimi fallimenti.”
Mico, in primis cantautore e poi autore esordiente di questo primo romanzo, accompagna il lettore in uno splendido viaggio metaforico, che passa dagli anonimi binari di una metro perennemente affollata, per giungere successivamente a toccare le corde della nostra anima. Emigranti, cercatori di sogni e di successo, studenti, turisti per caso o per scelta, in tanti, forse troppi, si ritrovano a dover lasciare i luoghi natii, alla ricerca di un futuro migliore, più appagante e soddisfacente, ma sempre accompagnati da un’ombra di rimpianto e di dispiacere, per aver dovuto distaccarsi dagli affetti, dalle abitudini, dalla zona confortevole che in qualche modo, li ha protetti da tanti, inevitabili imprevisti. Un percorso non facile, talvolta obbligato, che però, con la giusta e necessaria consapevolezza, dona a chi decide temerariamente di intraprenderlo, la facoltà di poter ammirare un nuovo orizzonte, dove la parola d’ordine diventa “fiducia”: verso se stessi, verso le proprie capacità, verso un futuro costellato si di dubbi e incertezze, ma costituito anche da speranza, ottimismo e voglia di realizzarsi.
Ogni capitolo, col nome di una fermata delle metro di Milano, segna un passo in un’avventura epica e mitologica di un uomo appena arrivato in città, che ha perso Lei, donna e incarnazione metaforica della Fiducia.
Il destino permetterà al protagonista incontri fuori dall’ordinario, dalle Moire fino a Leonardo, dalle anime del cimitero monumentale a Michelangelo, fino alla ricongiunzione con Lei e alla partenza.
Milano è vera e propria coprotagonista dell’opera e irrompe in ogni capitolo con una bellezza inaspettata e delicata, ricca di dettagli e di vita vissuta.
L’opera è scritta in Scrittura Stereo, inventata da Mico Argirò per l’occasione: il foglio è diviso in tre parti come a simulare le nostre sensazioni uditive (una sorta di “panning grafico”); in questi spazi l’autore cerca di restituire la frammentazione della realtà in cui ognuno è immerso, tra percezioni sensoriali, pensieri e ricordi. È una scrittura estetica, simbolica, ma anche fumettistica e pop.
Una storia contro la disillusione, contemporanea e d’avanguardia, ma con modelli letterari antichi.
Mico Argirò è un essere umano.
Come cantautore pubblica gli album “Tra le rose e il cielo” (2009), “Canzoni” (2010), “Vorrei che morissi d’arte” (2016) e “Irriverentə – Canzoni dagli anni 20” (2022) primo album stampato su preservativi e primo album in Italia con la schwa nel titolo.
Compone musiche per il teatro e cortometraggi, nel 2020 è tra gli artisti italiani del progetto “MIT – Music Industry Talks” dell’Istituto Italiano di cultura di Dakar.
Insegna e si occupa di articoli scientifici di letteratura.
“Le metro invisibili” è il suo primo libro: un’avventura contemporanea e mitologica tra le fermate della metro di Milano, scritta in “Scrittura stereo”.