Libridine

” Libridine” quando l’amore per i libri diventa libidine.

Non ho una memoria precisa del momento in cui ho cominciato a leggere. So solo che ero piccola quando al
mattino, seduta in bagno, cercavo di imitare mio padre e mi sforzavo di leggere il giornale. Proprio come lui,
che, quando se ne accorse, si dichiarò molto fiero di me. Ed io fui a mia volta molto fiera di lui che era fiero
di me.
Quando poi imparai a farlo davvero, iniziai a leggere tutto quello che mi capitava sotto mano. Dai biglietti
dell’autobus, alle istruzioni per l’uso, dalle insegne dei negozi alle locandine del cinema.
Tutto, insomma. Forse per rimarcare a me stessa la consapevolezza di quella capacità e rinnovare il piacere
che questa mi dava. Quel senso di onnipotenza, che mi aveva spalancato le porte della conoscenza e mi
sembrava appannaggio prezioso, non alla portata di tutti.
Poi vennero le favole, divorate a quintali. Lette e rilette, consumate. Andersen, Perrault, Grimm, Calvino, Le
mille e una notte. E le fiabe sonore. Ascoltate e lette in contemporanea, in silenzio. Un prodigio al termine
del quale rimasi in attesa, bambina, pensando che la magia si rinnovasse. Ancora e ancora. Mentiva quel 45
giri, quando al termine della fiaba prometteva che sarebbe continuato.

“Il disco fa clic – cantava – e vedrai che prima o poi si fermerà. Si fermerà. Ma aspettate e un’altra ne avrete.
C’era una volta il cantafiabe dirà e un’altra favola comincerà”
Io aspettavo. Qualcosa dentro di me mi diceva che era impossibile, che il disco era terminato, ma io volevo
crederci. Il cantafiabe l’aveva promesso e, dunque, sarebbe successo. Così agli inizi rimasi più e più volte in
attesa, sperando che per vie non razionali e logiche il prodigio potesse ripetersi.
Dopo le favole fu la volta della mitologia. I miei genitori mi regalarono un libro sulla mitologia greca. Ed io
m’innamorai. Di quelle storie, dei miti, degli dei e degli eroi, dell’Olimpo. E pensai di essere una privilegiata a
sapere quello che succedeva lassù e, qualche volta, quaggiù, quando gli dei scendevano in terra e si
mischiavano agli uomini. Lo ricordo ancora quel giorno. Era domenica, quando il libro venne da me.
Dovevamo uscire, i miei vennero a chiamarmi ed io non volevo. Tenevo il libro in mano e non volevo mollarlo.
Volevo continuare a leggere. Mi arresi solo quando mi dissero che potevo portarlo con me, anche se mi fu
vietato di leggere in macchina. Faceva male. Io promisi, ma non mantenni. E lessi. Era impossibile staccarsi.
Mi sembrava di appartenere a una sorta di setta segreta per pochi iniziati, tenuti insieme da queste
conoscenze, che andavano custodite gelosamente.

Poi sono venuti i romanzi per l’infanzia. Tutta la serie tragica dal L’incompreso, In famiglia e Senza famiglia,
La piccola Fadette, Pollyanna, Robinson Crusoe, Cyrano de Bergerac. Grazie a Salgari ho viaggiato e sono stata
in Malesia con Sandokan e i suoi tigrotti. Ho vissuto una profonda immedesimazione con la Jo di Piccole
donne, ho amato Shakespeare e le Cime tempestose. Ho attraversato la foresta di notte con Narciso e
Boccadoro, sognato con Giovanbattista Basile e il suo Cunto de li cunti. Sono stata Figlia della fortuna con
Isabelle Allende e ho vissuto Cent’anni di solitudine. Ho amato e odiato La ragazza cattiva di Vargas LLosa,
ammirato Virginia Wolf e riso sino alle lacrime con i racconti di Niccolò Ammanniti e l’avvocato Malinconico
di Diego de Silva. E poi a farmi vedere sono venuti D’Annunzio e Kafka, Svevo, Pirandello e Foscolo, Le affinità
elettive e la trilogia di Calvino. Ho conosciuto la Cina di Pearls Buck e la sua Stirpe di drago. Ho amato La
bruttina stagionata di Carmen Covito, la Lisario senza voce di Antonella Cilento e tutte le meravigliose figure
femminili di Melania Mazzucco e Simonetta Agnello Hornby. E di un altro Hornby, ma stavolta Nick, non posso
tacere. Come mi fermo? Dove metto Baricco e Pavese e I fiori del male di Baudelaire e La forbice del tempo
di Montale? E la Chia’ di Chiara Gamberale del suo Per dieci minuti.

E Eco e Benni e Zafon e tutti i russi e Carofiglio e Suskind e il rosso e il nero e La vergine napoletana
dove li metto? Mi fermo, non posso fare l’elenco dei libri e degli autori che ho amato, che mi hanno sorpreso,
insegnato, tenuto compagnia. Sono troppi. Li ringrazio tutti. So per certo, però, che quello della lettura è una delle poche certezze l’amore per la lettura. Una delle poche che non cambieranno mai.
Donatella Schisa

Pubblicato da Donatella Schisa

Donatella è nata e vive a Napoli. Dopo gli studi classici, si laurea in Giurisprudenza coltivando parallelamente la sua passione per la scrittura. E' autrice di numerosi racconti pubblicati in diverse antologie; e si è classificata seconda alla XXV edizione del Premio Nazionale Megarls per la narrativa. il suo primo romanzo è " Il posto giusto"

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