“Anche se il tempo passa, e tu vita non sei più la stessa, la voglia che ho di te non l’ho mai persa.”
Avrebbe compiuto 69 anni il 4 marzo del 2012, invece il grande cantautore muore tre giorni prima per un attacco cardiaco a Montreaux, in Svizzera, dove si trovava per una serie di concerti. Nato a Bologna nel 1943, resta orfano di padre all’età di sette anni e in alcune interviste a tal proposito dirà: “Avevo sette anni… Provai la sensazione struggente di una perdita che consentiva di dire a me stesso con pietà e tenerezza: da oggi sei solo come un cane.” Oppure: “Così ho imparato a fare della mia vita un modello di solitudine, cioè a cercarmela, a organizzarmela, a viverla, questa mia solitudine, come un momento di benessere profondo, necessario per una corretta lettura dell’esistenza.”
Impara a suonare la fisarmonica all’inizio degli anni cinquanta grazie anche allo zio Ariodante Dalla e, poco incline verso lo studio, dirà: “A scuola andavo male, preferivo andare in giro a suonare. A 17 anni ero già a Roma a fare musica.” Da adolescente si appassiona alla musica jazz e impara a suonare il clarinetto da autodidatta. Dopo l’esperienza con i “Flippers”, Dalla viene notato da Gino Paoli durante il Cantagiro del 1963 che lo esorta a divenire solista e, quindi, nel 1964, a soli 21 anni, incide il suo primo 45 giri. Nel 1966 forma un proprio gruppo, “Gli Idoli”, con il quale incide il suo primo album intitolato “1999”. Nel ’71 partecipa al Festival di Sanremo con la canzone non autobiografica “4/3/1943”, che riscuote un enorme successo. Dopo la collaborazione con Roversi, fondamentale per la sua evoluzione musicale, dal 1977 il cantautore fa riferimento solo su se stesso e in quello stesso anno uscirà “Come è profondo il mare”, con evidente allegoria alla libertà di pensiero, al quale segue l’album “Lucio Dalla”. Verso la fine del 1981 da vita a una nuova band, gli “Stadio”. Nel 1990 esce “Cambio”, che risulterà essere uno degli album italiani più venduti di sempre e darà il via a una nuova fase musicale, quella pop, che caratterizzerà anche tutti gli album successivi. Nel 2003 decide di addentrarsi anche nella musica lirica. Molte sono state le collaborazioni: da De Gregori a Morandi, da Petrucciani a Ray Charles a Pavarotti. Da molti descritto come un distratto osservatore della realtà ma un attento osservatore dell’animo umano, Lucio Dalla, con la sua immensa poetica, ha nobilitato il nostro cantautorato, scrivendo alcune delle pagine più belle della nostra storia musicale. Impossibile dimenticare “L’anno che verrà”; “Futura”; “Piazza Grande”; “Tu non mi basti mai”; “Anna e Marco”; “Attenti al lupo” solo per citarne alcune. Anticonformista, geniale e carismatico, oggi vogliamo ricordarlo con una sua meravigliosa canzone, “Caruso”, che ha venduto 9 milioni di copie in tutto il mondo. Lui l’ha definita “canzone del cuore” ed è nata per caso: in seguito a un guasto alla sua barca, l’artista è costretto a sostare a Sorrento, proprio nello stesso hotel e nella stessa stanza dove anni prima aveva soggiornato il grande tenore Enrico Caruso. Il personale gli racconta la coinvolgente storia d’amore tra Caruso, ormai affetto da una grave malattia ai polmoni che gli impediva di cantare, e una sua giovane allieva. Il cantautore, emozionato da quel racconto, guardando le foto del tenore, il suo vecchio pianoforte e lo straordinario panorama di Sorrento, trova l’ispirazione e compone sia il testo che la musica. D’altronde Dalla non aveva mai nascosto il suo profondo legame con la città di Napoli di cui disse: “Io non posso fare a meno, almeno due o tre volte al giorno, di sognare di essere a Napoli. Sono 12 anni che studio tre ore alla settimana il napoletano, perché se ci fosse una puntura intramuscolare, con dentro il napoletano-tutto il napoletano- io me la farei, per poter parlare e ragionare come ragionano loro da millenni.”
Buon ascolto!
Fabiana Manna