Negli ultimi anni, forse più che in passato, i triangoli amorosi sono diventati una costante nella vita quotidiana familiare, o forse sono semplicemente più palesi che un tempo. Cosa spinge un uomo a tradire la sua donna e perché no, una donna a tradire il suo uomo? Perché è così complicato ammettere che non si ama più o che qualcosa è cambiato, preferendo intraprendere storie parallele a volte anche dolorose? Di sicuro, ciò che accomuna tanto l’uomo quanto la donna in un tradimento, è un malessere di fondo che serpeggia fra le mura domestiche e che si trascina come un fardello pesante ma che difficilmente si ha il coraggio di lasciare andare. Ci si nasconde dietro a responsabilità che in realtà si è incapaci di assumersi. E allora ecco che l’ impedimento è per i figli, il mutuo, pseudo problemi di salute o lavorativi, ma la verità vera è che la famiglia è quell’etichetta dietro la quale si tenta di ostentare una vita perfetta e invidiabile cercando di convincere addirittura se stessi. Ci si crea il personaggio di marito/moglie perfetta all’interno e all’esterno della famiglia, quando in realtà si vorrebbe essere altrove. Ma il rischio di perdere ciò che si è costruito, e soprattutto la possibilità di non avere più credibilità davanti a una società fondamentalmente bigotta e tradizionalista, è troppo elevato e troppo difficile da accettare. Ma nulla è per sempre e questo è un dato di fatto che già da solo dovrebbe bastare a far riflettere e a capire che la via della multi relazionalità, che a volte si percorre per trasgressione, spesso finisce col diventare una gabbia dorata dove provare a essere se stessi, pur se per poco tempo. Ma è davvero così complicato svincolarsi da un rapporto ormai logoro e iniziare una nuova relazione? E perché, quelli che un tempo erano legami d’amore si trasformano in catene che soffocano ogni giorno sempre di più?
Quando si parla di tradimento l’associazione automatica è quella con la parola “amante”, storcendo il naso, ridendo sotto i baffi, se non addirittura provando una punta di invidia, ma attribuendo gli epiteti e le accezioni più colorite che possano esistere, sempre e soltanto nei confronti della donna, ovviamente, perché, benché se ne dica, la nostra è una società prettamente maschilista. Amante e relazione clandestina o extraconiugale diventano sinonimi, rappresentando una situazione nella quale uno dei due se non entrambi sono, appunto, già impegnati, e il cui obiettivo principale, dettato dalla trasgressione, è quello di allontanarsi dalla monotonia quotidiana e da tutte quelle problematiche appartenenti a un legame che si trascina per forza di inerzia e per dovere, divenendo il prototipo di un rapporto basato principalmente, se non unicamente sul sesso. Ma è davvero così? Facciamo un passo indietro.
Il dizionario della lingua italiana, alla voce “amante” riporta: “Participio Presente del verbo amare” … “Persona coinvolta in una relazione extraconiugale o segreta”… Ma si legge anche : “Chi è legato da amore per un’altra persona”… Amore … Sentimento tanto nobile quanto dannato, esaltato, ricercato e temuto. E allora chi è l’Amante? Colui o colei che è colpevole d’amare? Si può essere dei peccatori perché si ama?
Il nono comandamento, secondo il catechismo cattolico che non corrisponde a quello biblico, dice : “non desiderare la donna (uomo) d’altri”, non dice “non amare la donna (uomo) d’altri. E’ al settimo comandamento della Sacra Bibbia che troviamo “Non commettere adulterio/atti impuri”, ma il cattolicesimo ne ha abrogato la prima parte. E in ogni caso non si parla mai di amore; si parla di desiderio, di adulterio, di atti impuri, portando alla spiegazione logica che l’amore non sia da accostare a questi ultimi e distinguendo come dato di fatto, quasi, l’amore dalla fisicità. E in effetti, se Dio è Amore e l’Amore viene da Dio, Amare può mai essere un peccato? Dov’è l’errore quindi? Chi è il peccatore, e qual è il peccato? Dove collochiamo i sentimenti? Perché non vengono citati neanche lontanamente nel momento in cui bigottismo e falso moralismo puntano il dito contro l’unico “errore” presente, se di errore si può parlare, ovvero quello di amare eventualmente, la “persona sbagliata”. Fino a quando entrambi gli “amanti” riescono a mantenere un rapporto basato esclusivamente su incontri di puro piacere fisico e di divertimento, è un conto. Ma che succede se uno dei due si innamora, o lo sono entrambi, ma non si ha il coraggio di assumersi le responsabilità del proprio status? Ciò a cui non si pensa, infatti è che spesso almeno uno dei tre lati di questo triangolo, se innamorato/a, nasconde una vera e propria sofferenza dettata dal non poter vivere alla luce del sole e con serenità, un sentimento forte e puro come l’Amore; il sentimento per eccellenza. Sofferenza che sfocia spesso in due soluzioni: o uno dei due finisce col far venire a galla la relazione clandestina, con tutti gli oneri, onori e conseguenze di tutta la vicenda; o subentra l’auto-protezione, si cerca di tutelarsi, di contenere i danni provando a farsi meno male possibile e allora domina il self – control, ci si barrica dietro un finto distacco emotivo, una velata indifferenza, si tengono a bada emozioni e sentimenti e tutto ciò che insieme alla passione si lascerà sprigionare solo ed esclusivamente durante gli incontri amorosi. Poi si scompare, si conosce e si riconosce il proprio ruolo scomodo e quindi non si chiede, non si pretende, non si esige nulla. Si ritorna in un limbo fatto di freddezza, di attese, di impegni, di scuse e forse anche di bugie … fino al prossimo incontro. Difficile mantenere l’ago della bilancia e reggere un equilibrio instabile per non cadere. Ma non è forse questo l’Amore? Avere a cuore i problemi dell’altro/a, cercare di diminuirli e non aumentarli. Ma chi sbaglia alla fine? Chi fa in modo che tutto venga alla luce o chi si mette di lato senza disturbare? La cosa giusta sarebbe sicuramente evitare di trovarsi in rapporti simili, ma è pur vero che si è impotenti davanti ai sentimenti. Dietro ogni tradimento vi è in fondo, una immensa insoddisfazione, fragilità, malcontento e un’infinita solitudine interiore che porta a quella continua ricerca di felicità che solo la mancanza di coraggio, a volte, ci fa sfuggire di mano, facendoci accontentare di qualcosa che non vogliamo e attribuendone le colpe a un destino che in realtà abbiamo costruito con le nostre mani.
Teresa Anania