Autore: Hermann Hesse
Titolo: L’ultima estate di Klingsor
Editore: Garzanti (ediz. del 1999)
Collana: Gli Elefanti
Pagg: 90 – Brossura
Prezzo: € 5,16
Romanzo breve del 1920 a tratti autobiografico. Ambientato sulle rive del lago di Lugano, località che qui prende il nome di Laguno, dove lo stesso autore trascorse un lungo periodo della sua vita. Il racconto vede come protagonista principale il pittore Klingsor, il quale, decide di trascorrere quella che poi sarà,come si evince dallo stesso titolo, l’ultima estate della sua vita,proprio sulle rive del lago.
“L’ultima estate della sua vita il pittore Klingsor, in età di quarantadue anni, la trascorse in quelle contrade del sud nelle vicinanze di Pampanblo, Careno e Laguno che egli, già negli anni precedenti, aveva amato e che spesso aveva visitato”
E’ questo l’incipit del Romanzo in cui emergono tutte le pene, le sofferenze e le angosce personali dell’autore che vengono sapientemente proiettate nell’anima perennemente tormentata ed irrequieta di Klingsor, il quale trova un po’ di pace e di serenità nei dialoghi con l’amico fraterno Luigi, o con l’amico appassionato di astrologia quanto nelle chiacchierate con Edith. I tormenti di Klingsor convergono tutti sulla vita, sul destino e su quanto possa realmente esistere un libero arbitrio, nonché sulla necessità di avere sete di conoscenza e di vivere ogni giorno come fosse l’ultimo. La descrizione dei luoghi, dei paesaggi, dei volti, aprono l’immaginario del lettore evocando alla mente le immagini e i colori caldi di un dipinto; descrizioni quindi, degne del pennello di un pittore quale era appunto Klingsor. Egli inizia a dipingere ( arte in cui lo stesso Hesse si cimentò) con la tecnica dell’acquerello, dietro consiglio medico per allontanarlo dal male oscuro della depressione. Un artista passionale, tormentato, impetuoso e disordinato che riversa su tela i suoi sentimenti e i suoi strazi, l’amore, l’amicizia, l’angoscia, la vita ma anche la morte. Da dire che in molti hanno visto delle similitudini tra Klingsor e Van Gogh. Un racconto breve e intenso, la cui irrequietezza si rileva dalla scrittura una pagina dopo l’altra e che si chiude con la descrizione dell’autoritratto dell’artista, sua ultima opera.
Teresa Anania
Hermann Hesse è stato uno scrittore, poeta, aforista, filosofo e pittore tedesco naturalizzato svizzero, insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1946. Nato in Germania nel 1877 e morto in Svizzera nel 1962. Abbandonati gli studi teologici, lavorò come meccanico e poi come libraio; nel 1904 si stabilì sul lago di Costanza, dedicandosi all’attività letteraria. Nel 1911 compì un lungo viaggio in India e nel 1921 prese la cittadinanza svizzera. Fu insignito del premio Nobel nel1946. Il romanzo che lo rivelò fu “Oeter Camenzind” (1904), una storia pervasa di idillica malinconia. Seguirono “Sotto la ruota” (1906) e diversi volumi di novelle. Gli avvenimenti della prima guerra mondiale produssero in lui una violenta crisi accentuando la sua tendenza all’introspezione. Si accostò alla psicoanalisi e introdusse nei suoi libri nuovi e più maturi elementi di critica sociale. Nel 1920 scrisse “L’ultima estate di Klingsor” cui seguirono i romanzi “Siddharta” (1922), influenzato dal pensiero religioso indiano, “Il lupo della steppa” (1927), analisi della crisi spirituale che travaglia la borghesia europea e “Narciso e Boccadoro” (1930). Nel 1943 uscì la sua opera più vasta e ambiziosa, il romanzo “Il gioco delle perle di vetro”. L’opera di Hesse, in qualche modo complementare a quella del suo grande coetaneo Thomas Mann, esprime in una prosa classicamente composta, ma ricca di accensioni liriche, una vasta, articolata, dialettica tra sensualità e spiritualità, ragione e sentimento.
TRAMA:
Il pittore Klingsor ha solo quarantadue anni, ma sente che non riuscirà a tenere a lungo accesa la fiamma intensa e scintillante della sua esistenza troppo piena, troppo appassionata, troppo profondamente vissuta per durare ancora. Questa sarà la sua ultima estate. Il piacere e il tormento della sua pittura, la gioia e l’ossessione della creazione, l’amicizia sincera, un amore nuovo, delicato, diverso, l’incanto di una natura in cui non si teme l’abbandono e il suo stesso animo irrequieto accompagnano i suoi ultimi giorni, vissuti con la veemenza, lo slancio e l’impazienza di chi non si accontenta del fluire indolore del tempo, ma tenta di strappare ogni minuto alla vita, con sempre rinnovata voluttà, il senso delle proprie ore.