“L’uomo che amava le isole” e “L’uomo che era morto”, di D.H. Lawrence

Il fascino di una scrittura senza tempo, in cui ambienti misteriosi e altamente suggestivi fanno da cornice all’affannosa ricerca di un amore che possa confluire contemporaneamente in unione fisica e spirituale.

 

Titolo: “L’uomo che amava le isole” § ” L’uomo che era morto”

Autore: David Herbert Lawrence

Editore: Lindau

Collana: Le storie

Pagg. : 113-brossura

Prezzo: €. 10,20

 

“L’uomo che amava le isole” e ” L’uomo che era morto”, sono due racconti relativamente brevi, che Lawrence scrisse durante un soggiorno di due anni sulle colline fiorentine, e nei quali, alternandosi alla stesura del celeberrimo “L’amante di Lady Chatterley”, ci fornisce un assaggio delle sue profonde riflessioni sulla vita e i suoi grandi misteri, e sul ruolo dell’uomo che annaspa continuamente in un mare magnum di speranza e di tentativo di rinascita interiore.  All’apparenza estremamente diversi, distinti e separati l’uno dall’altro, i due racconti sono invece collegati da un sottilissimo filo elastico che li avvicina e li allontana contemporaneamente, trattando le stesse tematiche ma come se fossero due lati della stessa medaglia.  Ed ecco quindi che abbiamo da un lato un abisso di solitudine quale risultato del proprio egoismo egocentrico e, dall’altro lato il quadro di una vita basata sulla rinascita scaturente dall’amore e dal contatto umano.  Ma andiamo per ordine…

“L’uomo che amava le isole” si presenta fin dall’inizio con una trama di stile fiabesco-allegorico dove il protagonista, il cui nome viene citato una sola volta, acquista un’isola decidendo di andarci a vivere come sovrano assoluto. Inizialmente con l’intento di allontanarsi dalla frenesia del mondo ma in realtà tentando di creare un sistema “ideale” di subordinazione gerarchica, non fa altro che trasformare la sua visione utopica di mondo perfetto in totale fallimento, fino all’autodistruzione. Ed ecco quindi, che seguendo una sorta di percorso “già segnato” passerà lentamente, attraverso un processo metaforico applicabile alla vita stessa e al suo inesorabile avanzare verso la morte, da questa prima isola inizialmente allegra e colorata, ad una seconda isola totalmente grigia fino a giungere alla terza, che altro non è che uno scoglio freddo e deserto in mezzo al mare del Nord, dove in assoluta solitudine si conclude la sua autodistruzione.  Il proverbio “chi troppo vuole nulla stringe” è da considerarsi il nocciolo dell’intera vicenda, poiché la smodata brama di governare e dominare la natura e tutto ciò che contiene, lo conduce verso la solitudine e l’esilio eterno.

“L’uomo che era morto” è un racconto molto più lungo del primo e può essere letto come il  processo di rinascita e resurrezione de “L’uomo che amava le isole”. Lo scritto è diviso in due parti; nella prima parte, un uomo identificabile come il Cristo, si risveglia dalla morte sopraggiunta alla crocifissione, ed inizia il suo peregrinare sulla terra con l’ideale di solitudine poiché incapace di provare sentimenti, di qualsivoglia natura, per il genere umano.  Nella seconda parte invece, questo bisogno di solitudine viene sopraffatto dal desiderio di avere un incontro amoroso. Incontro che avviene con la giovane sacerdotessa di Iside, la quale lo identifica come Osiride suo sposo e dal quale avrà un figlio. Grazie a questo rapporto finisce lo status di isolamento della prima parte e il tutto viene simbolicamente visto come l’atto di resurrezione cristiana. Tema principale quindi di questo racconto è il risveglio dal torpore dell’isolamento e della morte e la consequenziale rinascita a nuova vita.  E’ quasi una sorta di provocazione narrativa della resurrezione cristiana, in cui il Cristo sembra rinunciare alla sua divinità in cambio di un’umanità atta ad esaltare principalmente se stesso.  Potrebbe sembrare un racconto blasfemo e sicuramente così apparve ai primi lettori inglesi degli anni 30 del novecento, ma Lawrence non fa altro che descrivere in maniera fantasiosa il risveglio di un uomo condannato a morte. Risveglio  inteso  non solo dal sonno eterno, ma come capacità di riuscire a vedere le cattiverie dell’essere umano rivalutando pertanto il proprio modus vivendi.

Si tratta sicuramente di due scritti particolari e probabilmente presi poco in considerazione, ma che mi sento assolutamente di consigliare, se non altro per l’attualità in un certo senso, di due opere nate quasi un secolo fa.

Teresa Anania

 

David Herbert Lawrence è uno degli autori più originali del primo Novecento. Nato nel Nottinghamshire nel 1885, fece per molti anni l’insegnante prima di dedicarsi alla letteratura. Tra i suoi romanzi il più celebre è “L’amante di Lady Chatterley”, che non poté essere pubblicato in Inghilterra per il grande scandalo suscitato. Morì nel 1930.

TRAMA:

In “L’uomo che amava le isole” un uomo sogna di possedere un’isola, di divenire il signore di un piccolo mondo separato che sia creazione e specchio della sua personalità. Ma né gli uomini, né la natura si lasciano facilmente trasformare in specchio di qualcuno. Quello che doveva essere un idillio si trasforma in un braccio di ferro sempre più disperato, e l’avventura iniziata con l’acquisto di un’isola si conclude con il trionfo della natura, mentre il protagonista è costretto a restringere sempre di più i confini del proprio mondo, fino a racchiudervi solo sé stesso. In “L’uomo che era morto” Lawrence si misura con la vicenda paradigmatica della storia dell’Occidente: la morte di Cristo. E lo fa alla sua maniera, fedele all’idea che l’unica trascendenza possibile risieda nella quotidiana rinascita all’universo delle cose, e che il peccato più grande sia la rimozione del corpo come orizzonte profondo di significato spirituale. È infatti nel contatto con la natura e il sole della vita che l’uomo crocifisso inizia a riaversi dal sonno della morte e a osservare il mondo attorno a sé con sguardo nuovo e partecipe. Egli diviene consapevole che la vera risurrezione è l’essere rinato alla vita del corpo, abiura la vita passata e la sua astratta predicazione, che ora gli appare come l’espressione di una sconfinata e innaturale volontà di potenza. Il protagonista della sua storia non è neppure per un attimo il figlio di Dio, ma soltanto un uomo, protagonista di una storia esemplare.

 

Pubblicato da Teresa Anania

Eccomi..... Sono Teresa Anania, e ho una passione sfrenata per i libri. Un amore iniziato ad otto anni e cresciuto nel tempo. Amo scrivere e riversare, nero su bianco, emozioni, sentimenti e pensieri concreti e astratti. La musica è la colonna sonora della mia vita. Ogni libro lascia traccia dentro di noi e con le recensioni, oltre a fornire informazioni "tecniche", si tenta di proiettare su chi le leggerà, le sensazioni e le emozioni suscitate. Beh..... ci provo! Spero di riuscire a farvi innamorare non solo dei libri ma della cultura in senso lato.

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