Perché si chiama “Martedì Grasso”? E cosa si festeggia?… Scopriamolo insieme…
Uno dei giorni simbolo del Carnevale è il Martedì Grasso, giorno che precede il Mercoledì delle Ceneri con il quale si da il via al periodo della Quaresima. Ma procediamo per ordine…
La parola Carnevale deriva dal latino “carnem” e “levare” , ovvero “togliere la carne”. La Quaresima, infatti, tempo di digiuno e astinenza, è il periodo in cui veniva eliminato dalle tavole il cibo considerato ricco, la carne appunto. Entrando pertanto in un lungo periodo in cui era necessario, per i cristiani, attenersi scrupolosamente alle “regole”, il martedì era l’ultimo giorno da poter dedicare alle grandi abbuffate, e, lasciandosi andare a peccati di gola di ogni sorta, venivano consumati cibi grassi, tra i quali la carne, oltre che dolciumi ricchi di zucchero, e in quanto tali, grassi. Ecco svelato quindi perché il martedì di Carnevale è detto “grasso”. Pur essendosi ormai perse le rigide imposizioni cristiane, il martedì ha mantenuto il suo appellativo di “grasso” e continua ancora oggi a rappresentare la conclusione del Carnevale.
Il Carnevale è tra le feste preferite da adulti e bambini. Maschere meravigliose, carri allegorici, coriandoli, stelle filanti e musica animano le vie di paesi e città portando allegria. L’usanza di travestirsi con pelli di animali era già in voga presso le popolazioni primitive che, durante le cerimonie e i vari rituali, le usavano per invocare e ingraziarsi gli spiriti; le maschere, infatti, venivano considerate un punto di contatto tra il mondo dei vivi e l’aldilà. Anche nell’antica Roma la maschera aveva la sua importanza. Durante i “Saturnalia”, le festività in onore al Dio Saturno, le gerarchie sociali venivano ribaltate; ciò implicava che gli schiavi vivevano da persone libere e, grazie alle maschere e ai travestimenti, potevano schernire i loro padroni senza rischiare di essere riconosciuti. Questo succedeva anche nella Repubblica di Venezia, dove il Doge venne talmente preso in giro da essere costretto a prendere dei provvedimenti con l’imposizione, nel 1268, di una legge ad hoc che impedisse gli eccessi e la trasgressione smoderata delle regole.
Pur essendosi ormai perso l’elemento religioso caratterizzante il “martedì grasso”, ad eccezione di Milano, tutte le diocesi rispettano il calendario liturgico facendo quindi iniziare la Quaresima, ovvero i 40 giorni che precedono la Pasqua, con il mercoledì delle ceneri. La diocesi milanese si attiene invece al calendario gregoriano facendo slittare l’inizio della Quaresima di una settimana, ovvero il “sabato grasso”.
Chiudo questo articolo proponendo tre belle filastrocche che autori del calibro di Gianni Rodari, Gabriele D’annunzio e Carlo Goldoni, hanno dedicato al Carnevale.
Il vestito di Arlecchino, di Gianni Rodari
Per fare un vestito ad Arlecchino
ci mise una toppa Meneghino,
ne mise un’altra Pulcinella,
una Gianduja, una Brighella.
Pantalone, vecchio pidocchio,
ci mise uno strappo sul ginocchio,
e Stenterello, largo di mano
qualche macchia di vino toscano.
Colombina che lo cucì
fece un vestito stretto così.
Arlecchino lo mise lo stesso
ma ci stava un tantino perplesso.
Disse allora Balanzone,
bolognese dottorone:
“Ti assicuro e te lo giuro
che ti andrà bene il mese venturo
se osserverai la mia ricetta:
un giorno digiuno e l’altro bolletta!”.
Carnevale vecchio e pazzo, di Gabriele D’Annunzio
Carnevale vecchio e pazzo
s’è venduto il materasso
per comprare pane, vino,
tarallucci e cotechino.
E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone.
Beve, beve all’improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia.
Così muore il Carnevale
e gli fanno il funerale:
dalla polvere era nato
e di polvere è tornato.
La stagion del Carnevale, di Carlo Goldoni
La stagion del Carnevale
tutto il Mondo fa cambiar.
Chi sta bene e chi sta male
Carnevale fa rallegrar.
Chi ha denari se li spende;
chi non ne ha ne vuol trovar;
e s’impegna, e poi si vende,
per andarsi a sollazzar.
Qua la moglie e là il marito,
ognuno va dove gli par;
ognun corre a qualche invito,
chi a giocare e chi a ballar.
Par che ognuno di Carnevale
a suo modo possa far,
par che ora non sia male
anche pazzo diventar.
Viva dunque il Carnevale
che diletti ci suol dar.
Carneval che tutto vale,
che fa i cuori giubilar.
Teresa Anania