Nostra signora dei fulmini, Giancarlo Piacci. Salani editore
“Il peggior socio con cui ti puoi mettere in affari sono le emozioni, perché a quelle non si riesce mai a dire di no e ti fanno fare cose rischiose.”
Fin dall’inizio divento ostaggio della voce narrante che seguo con grande attenzione per cogliere il bandolo della storia e capire dove mi porterà. A piccoli passi imparo a conoscere Vincenzo, il protagonista, seguendone i pensieri, scrutando le relazioni che ha con le donne della sua vita, con i familiari e con gli amici.
È un personaggio tormentato, che trasmette la sensazione di essere continuamente sull’orlo del baratro. Fa paura, ha paura, l’oscurità finisce sempre con l’avvolgere la sua vita. È un tossico che ha deciso di vivere a Bacoli al suo rientro da Milano. Diana e Irene sono le presenze femminili nella sua vita, la sua barca e la donna amata. E poi c’è Antonio, l’amico fidato, solido riferimento per lui e per tanti ragazzi a cui offre volentieri la guida per farli crescere. Vincenzo è convinto che “il rispetto che provano per lui è la sola cima ancora in grado di placare gli animi”.
La vita del nostro protagonista potrebbe scorrere sui binari di una nuova quotidianità se non subentrasse la tecnologia a rivoluzionare il mercato ittico con la Dinamic Sea, una multinazionale dell’allevamento ittico che entra in conflitto con la cooperativa locale.
La storia si tinge di rosso quando Marco Rocca, un giovane della cooperativa, viene trovato in una vasca, decapitato.
Vincenzo, Antonio e Irene sono sconvolti e per quel che possono indagano sull’accaduto.
La Mobile sospetta proprio di Vincenzo!
Ci sono però altri intrighi a catturare l’attenzione del lettore: boss evasi alla ricerca di altri latitanti, faide familiari e tanto ancora da scoprire. Bando alle distrazioni, potremmo perdere il filo.
Vincenzo è sempre pronto a dare il suo aiuto, anche a costo di finire nei guai, con un pensiero in bilico tra realtà e …
“A turbarmi è la dimensione di incertezza in cui sprofondo in momenti come questi, quando non riesco più a distinguere la realtà dalle proiezioni della mia testa.”
Vincenzo è un tossico che all’inizio usa la coca per recuperare la lucidità post ubriacatura, ma poi si lascia risucchiare dalla spirale di droga e debiti.
“Il ricordo di ciò che siamo stati è quel luogo in cui le sicurezze dell’oggi si arenano.”
Quando parla del suo rapporto con Irene è sicuro di voler condividere il presente, anche se l’amore con lei gli lascia addosso una sensazione di inservibilità e di vuoto.
È interessante il suo affacciarsi nel mondo delle emozioni, il suo guardare la mascolinità nella conflittualità, o nel silenzio quando non si traduce in violenza.
“I nostri chiarimenti passano sempre per silenzi, mezze frasi, sguardi, parole precise e poi di nuovo silenzi. Un alfabeto Morse dei maschi a cui nessuno ha insegnato a raccontarsi le emozioni.”
Così come il pensiero della detenzione e dei danni a lungo termine che arreca …
“Le ossessioni con cui la galera infetta i detenuti sono peggiori delle malattie stesse. Sono il lembo della prigione che non ti lascia mai, ti trema dentro ricordandoti quanta parte di te sia ancora nelle loro mani, in cattività devi conviverci, è dentro di te, un luogo buio e umido in cui non vuoi entrare mai ma che non puoi estirpare.”
Nel romanzo c’è una figura importante, rappresentativa di tutte le persone non convenzionali che attirano lo stigma su di sé, con le spiacevoli conseguenze di discriminazione ed esclusione. È quella di Canè, il ragazzino sfuggito ai cani che si sono rifiutati di attaccarlo, che non ha parole per comunicare …
“Gli occhi sono il modo in cui parlano tutti quelli che non possono parlare, come i cani, come i morti e come a me.”
La fantasia che colora il romanzo di varie tinte risulta ben coniugata alla vita dello scrittore, alla sua reale attenzione ai problemi socioambientali e alle persone che vivono ai margini della società. L’amore di Giancarlo per la sua Napoli pulsa tra le pagine del libro, rivelando la città nelle sue molteplici sfaccettature.
In questo romanzo c’è tutta la complessità della vita e il nostro domandarci come possano alcuni esseri umani affrontare e sopportare tanto, e ritrovarsi in labirinti da cui quasi sempre è impossibile uscire.
C’è la verità che si nasconde, difficile da svelare, dolorosa a leggersi.
C’è la mala con tutti gli intrighi e i colpi bassi e violenti, tra pesci e teste mozzate.
E poi non resta che chiedersi: il vero barracuda non sarà proprio l’uomo?
Un bel libro di cui consiglio la lettura.
«È sempre la stessa cosa, il mare ci ritorna sempre quello che gli diamo».
«No, Gaetà, non è così, il mare ci ritorna sempre quello che siamo».
Maria Teresa Lezzi Fiorentino
Se il corpo di un ragazzo viene trovato senza testa in una vasca per l’allevamento dei pesci, la cosa peggiore che può succederti è essere uno di quelli che poche ore prima hanno preso parte a una lite con lui – e, a differenza degli altri, non avere un alibi. Vincenzo ci ha provato a restare fuori dai guai, a mettersi alle spalle l’uomo che è stato. Si è trasferito nel porticciolo di Bacoli, di fronte al mare, in cerca di una pace che Napoli non poteva più offrirgli. Adesso accanto a sé ha una compagna, Irene, e un amico leale, Antonio, che hanno imparato ad accettare i suoi silenzi, i suoi tormenti, senza fare troppe domande. Eppure la felicità sembra ancora un miraggio, tanto più da quando la piccola comunità di pescatori dove trascorre il suo tempo è spaccata a metà. Una multinazionale sta per inaugurare nella zona il più grande allevamento ittico del Mediterraneo: qualcuno è allettato dall’opportunità di lavoro, altri temono di perdere la propria autonomia. Una mattina scoppia un diverbio, gli animi si scaldano, volano colpi e parole; la sera, uno di loro muore in circostanze terribili. Tutti i sospetti finiscono inevitabilmente sull’unica persona che si ostina a non spiegare dove fosse nelle ore in cui il ragazzo perdeva la vita: Vincenzo. Ma perché nascondere la verità, se questo comporta essere indagato per omicidio? Con una scrittura densa di umanità, Giancarlo Piacci sonda non soltanto le contraddizioni di un protagonista in lotta contro se stesso, ma anche i contrasti sociali di una realtà eternamente pronta a esplodere.
«Una polifonia di strade e persone che Piacci riesce a tratteggiare con mano sicura in una sorta di affresco contemporaneo. Nelle sue pagine, non c’è nessuna Napoli da cartolina».
CORRIERE DELLA SERA
«Un noir che ti risucchia. La sua virtù è di introdurre il lettore, nelle contraddizioni dei rapporti sociali e nei cortocircuiti di una città liminare, diverse fazioni convivono e, alle volte, si contrappongono».
CARMILLA
Collana
SALANI LE STANZE
Ean
9788831014748
Pagine
320
Formato
Brossura fresata con alette