Grazia Deledda la prima donna italiana insignita al premio Nobel

In occasione dell’anniversario di nascita della grande scrittrice e Premio Nobel, Grazia Deledda  vi vogliamo proporre una sua bella poesia.

 

Noi siamo sardi

Noi siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi,
romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi.

Siamo le ginestre d’oro giallo che spiovono
sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese.

Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo,
lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto.

Siamo il regno ininterrotto del lentisco,
delle onde che ruscellano i graniti antichi,
della rosa canina,
del vento, dell’immensità del mare.

Siamo una terra antica di lunghi silenzi,
di orizzonti ampi e puri, di piante fosche,
di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta.

Noi siamo sardi.

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Grazia Deledda nasce a Nuoro il 27 settembre 1871 da Giovanni Antonio e Francesca Cambosu, quinta di sette figli. La famiglia appartiene alla borghesia agiata: il padre che ha conseguito il diploma di procuratore legale, si dedica al commercio del carbone ed è un cattolico intransigente. Diciassettenne, invia alla rivista “Ultima moda” di Roma il primo scritto, chiedendone la pubblicazione: è “Sangue sardo”, un racconto nel quale la protagonista uccide l’uomo di cui è innamorata e che non la corrisponde, ma aspira ad un matrimonio con la sorella di lei.Il testo rientra nel genere della letteratura popolare e d’appendice sulle orme di Ponson du Terrail. Incerte sono le notizie di un lavoro ancora precedente, datato da alcuni critici al 1884. Tra il 1888 ed il 1890, collabora intensamente con riviste romane, sarde e milanesi, incerta tra prosa e poesia. L’opera che segna più propriamente l’inizio della carriera letteraria è “Fior di Sardegna” (1892), che ottiene qualche buona recensione. Gli scritti risentono di un clima tardo romantico, esprimendo in termini convenzionali e privi di spessore psicologico un amore vissuto come fatalità ineluttabile. E’ anche, per lei, un’epoca di sogni sentimentali, più che di effettive relazioni: uomini che condividono le sue stesse aspirazioni artistiche sembrano avvicinarla, ma per lo più un concreto progetto matrimoniale viene concepito da lei sola. Si tratta di Stanislao Manca, nobile sardo residente a Roma, di Giuseppe M. Lupini, musicista che le dedica una romanza, del giornalista triestino Giulio Cesari e del maestro elementare Giovanni Andrea Pirodda, “folclorista gallurese”. Sollecitata da Angelo De Gubernatis, si occupa di etnologia: della collaborazione alla “Rivista di Tradizioni Popolari Italiane”, che va dal dicembre 1893 al maggio 1895, il miglior risultato sono le undici puntate delle “Tradizioni popolari di Nuoro in Sardegna”. Nel 1895 presso Cogliati a Milano, viene pubblicato “Anime oneste”. L’anno successivo esce “La via del male” che incontra il favore di Luigi Capuana. Durante una permanenza a Cagliari, nel 1899, conosce Palmiro Madesani, funzionario del Ministero delle Finanze in missione. Contemporaneamente compare a puntate su “Nuova Antologia” il romanzo “Il vecchio della montagna”. L’11 gennaio dell’anno successivo, si sposa con Palmiro e in aprile si trasferiscono a Roma: si realizza in questo modo il suo sogno di evadere dalla provincia sarda. Sebbene conduca vita appartata, nella capitale verrà a contatto con alcuni dei maggiori interpreti della cultura italiana contemporanea. Tra agosto e dicembre del 1900, sempre su “Nuova Antologia”, esce “Elias Portolu”.  Il 3 dicembre nasce il primogenito, Sardus; tenuto a battesimo dal De Gubernatis (avrà in seguito un altro figlio, Franz). La giornata di Grazia Deledda si divide fra la famiglia e la scrittura, a cui dedica alcune ore tutti i pomeriggi. Nel 1904 viene pubblicato il volume “Cenere”, da cui verrà tratto un film interpretato da Eleonora Duse(1916). I due romanzi del 1910, considerati in genere frutto di una tenace volontà di scrivere piuttosto che di autentica ispirazione, sono notevoli tuttavia per essere, il primo, “Il nostro padrone”, un testo a chiaro sfondo sociale e il secondo, “Sino al confine”, per certi aspetti autobiografico. Al ritmo sostenuto di quasi due testi all’anno compaiono i racconti di “Chiaroscuro” (1912), i romanzi “Colombi e sparvieri” (1912), “Canne al vento”(1913), “Le colpe altrui” (1914), “Marianna Sirca” (1915), la raccolta “Il fanciullo nascosto” (1916), “L’incendio nell’uliveto” (1917) e “La madre” (1919). Si tratta della stagione più felice. I romanzi hanno tutti una prima pubblicazione su riviste (volta a volta “Nuova Antologia”, “Illustrazione italiana”, “La lettura” e “Il tempo”), quindi vengono stampati per i tipi di Treves.Nel 1912 esce “Il segreto di un uomo solitario”, vicenda di un eremita che scelto l’isolamento per nascondere il proprio passato. “Il Dio dei viventi”, del 1922, è la storia di un’eredità da cui traspare una religiosità di carattere immanente. Il 10 settembre 1926 Grazia Deledda riceve il Nobel per la Letteratura: è il secondo autore in Italia, preceduta solo da Carducci vent’anni prima; resta finora l’unica scrittrice italiana premiata. In “Annalena Bilsini” si avverte una certa stanchezza, che colpisce la la critica soprattutto a seguito dei recenti riconoscimenti. L’ultimo romanzo “La chiesa della solitudine” è del 1936. La protagonista è, come l’Autrice, ammalata di tumore. Di li a poco Grazia Deledda si spegne, è il 15 agosto. Lascia un’opera incompiuta, che verrà pubblicata l’anno successivo a cura di Antonio Baldini con il titolo “Cosima, quasi Grazia”.

Teresa Anania

 

Fonte biografica www.biografieonline.it

Pubblicato da Teresa Anania

Eccomi..... Sono Teresa Anania, e ho una passione sfrenata per i libri. Un amore iniziato ad otto anni e cresciuto nel tempo. Amo scrivere e riversare, nero su bianco, emozioni, sentimenti e pensieri concreti e astratti. La musica è la colonna sonora della mia vita. Ogni libro lascia traccia dentro di noi e con le recensioni, oltre a fornire informazioni "tecniche", si tenta di proiettare su chi le leggerà, le sensazioni e le emozioni suscitate. Beh..... ci provo! Spero di riuscire a farvi innamorare non solo dei libri ma della cultura in senso lato.

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