Sabato rosso: gli omicidi terribili della storia
“Proprio l’imperiosità del comando ‘non uccidere’ ci assicura che discendiamo da una serie lunghissima di generazioni di assassini i quali avevano nel sangue, come forse ancora abbiamo noi stessi, il piacere di uccidere.”
Sigmund Freud
Disturbi mentali, quoziente intellettivo basso, familiari anaffettivi, violenti e abusanti. Il mix perfetto dove le radici del male possono attecchire con estrema facilità, generando mostri in grado di spezzare tante altre vite innocenti…
È proprio un contesto simile che fa da cornice al piccolo Ottis, passato tristemente alla storia anche come “il cannibale di Jacksonville”, accusato di omicidio, incendio doloso e sequestro di persona. Ma andiamo per gradi.
Ottis nasce il 5 marzo 1947, a Jacksonville, in Florida. Il padre, alcolizzato e violento; la madre una fanatica religiosa; lui estremamente fragile. Pare che la madre avesse abusato di lui, facendogli indossare abiti da ragazza e chiamandolo Becky. Non solo: è presumibile che anche il padre abusasse di lui, oltre che alcuni parenti. La nonna, nota come satanista, lo chiama “Figlio del Diavolo” e non di rado, di notte, lo porta in giro per cimiteri a scavare nelle fosse per reperire resti umani. È probabile che in un contesto familiare così deviato nessuno si sia realmente accorto che Ottis ha diversi disturbi, con un quoziente intellettivo basso, di soli 75 punti, e anche per questo lascia presto gli studi, restando pressoché un analfabeta. Durante la sua infanzia, spesso scappa dalla sua abitazione, rifugiandosi in case abbandonate. Si accorge di essere omosessuale all’età di dieci anni, e ben presto comincia a frequentare bar gay. Ed è sempre giovanissimo quando scopre di avere una passione incontenibile di appiccare gli incendi, cosa che lo eccita sessualmente. Affermerà di aver compiuto il suo primo omicidio a 14 anni, quando investe con l’auto un uomo che gli aveva fatto delle avances. A 17 anni viene arrestato per vagabondaggio. Una vita ai margini, che cerca di ripristinare sposando, nel 1976, una donna più grande di lui di venticinque anni: lei lo lascerà dopo tre giorni, quando si accorge della sua omosessualità. Ma sarà l’incontro con Henry Lee Lucas a rappresentare per Ottis un cambiamento radicale, ancora più perverso e disumano. Il loro legane diventa sempre più stretto e i due alimentano a vicenda le loro anime dannate e violente, compiendo crimini di varia natura che vivono quasi con divertimento, dando vita a un’ondata di terrore senza eguali. Di fatto, è impossibile fare una reale stima degli omicidi che la coppia compie durante il periodo che li vede amanti e complici di azioni delittuose. La polizia è in difficoltà: non riesce a collegare i vari delitti, perché non ci sono testimoni visto che i crimini avvengono perlopiù in zone isolate e prive di testimoni. Ottis e Henry cambiano auto di continuo, rubandole o facendo l’autostop e uccidendo il guidatore. Pare addirittura che Toole cucinasse e mangiasse parti delle vittime e sarà sempre lui che successivamente affermerà di aver accompagnato Lucas in 108 omicidi, qualche volta su richiesta di una setta satanica chiamata “La Mano della Morte”. Questa setta assegna loro anche il compito di rapire bambini, che avrebbero dovuto passare la frontiera ed essere portati in Messico, per poi essere utilizzati per i riti del gruppo satanista o venduti a famiglie benestanti. Il duo è letale: Henry Lee Lucas è il soggetto dominante all’interno della coppia, il più sadico dei due, abituato, pare, anche ad avere rapporti sessuali con gli animali fin dell’adolescenza, quando un amante della madre lo aveva iniziato alla bestialità: da adulto, Lucas si diverte a torturare gli animali e a ucciderli mentre li sta sodomizzando. Ottis, invece, a causa anche del suo ritardo mentale, risulta essere il più debole tra i due. Diversamente dai tipici serial killer, Toole e Lucas sembrano uccidere a caso: Toole, omosessuale, predilige gli uomini: Lucas, bisessuale, preferisce accanirsi sulle donne. Anche il modus operandi con il quale agiscono è variegato e le vittime periscono strangolate, accoltellate o sparate. Spesso l’omicidio è preceduto da stupro e proseguito da atti di necrofilia da parte di Lucas.
Ad ogni modo, Toole continua a lavorare per questa organizzazione satanista, ma negli anni successivi va incontro a un peggioramento delle sue condizioni psichiche, si aliena in un mondo tutto suo ed è perseguitato da voci che gli suggeriscono di suicidarsi. Pare, però, che tra il 1982 e il 1983 abbia ucciso nove persone (due sicuro), senza contare i molteplici incendi da lui appiccati. Nel gennaio 1982 da fuoco a una casa a Jacksonville, dove perde la vita George Sonneberg, 64 anni. Nel febbraio 1983 uccide la diciannovenne Ada Johnson a Tallahassee. Confesserà anche l’omicidio di un bambino di sei anni, Adam Walsh.
Verso la metà degli anni settanta, Toole colleziona già tredici arresti per reati che vanno da atti osceni in luogo pubblico alla detenzione illegale di armi.
Nell’aprile del 1983 Ottis viene arrestato con l’accusa di incendio doloso ed esattamente dopo un anno è condannato a morte per l’omicidio di Sonneberg. Anche Lucas viene tratto in arresto, e comincia a confessare delitti tra i più truci perpetrati negli ultimi vent’anni negli Stati Uniti: alcuni media parlano di 600 vittime (in realtà Lucas confessa 217 omicidi in 19 stati degli USA, ma molti altri afferma di non ricordarli). A tal proposito dirà:
“Le ho uccise in tutti i modi possibili, tranne che con il veleno e tutte le ho possedute da morte.”
Anche Ottis rilascerà interviste sconvolgenti. Quando gli viene chiesto se preferisce il sesso o il fuoco lui risponde sghignazzando:
“Mi piacciono entrambi. Mi piacerebbe ammirare una città che arde nelle fiamme.”
Entrambi hanno una mente contorta, non pianificano mai i loro crimini ma agiscono nel momento in cui individuano un’opportunità. Per loro l’età o il genere non sono elementi di rilievo. A tal proposito Toole dirà:
“È come bere il caffè la mattina. Diventa un’abitudine e lo fai ancora e ancora.”
Il processo a carico di Toole, lungo e complesso, si conclude con la condanna alla pena di morte, sentenza poi tramutata in carcere a vita, perché alcuni psichiatri della difesa sostengono che l’imputato è affetto da schizofrenia paranoica. Muore in carcere per insufficienza epatica il 15 settembre 1996, all’età di quarantanove anni. Sepolto nel cimitero della prigione, nessuno mai ha reclamato le sue spoglie.
E allora, quali elementi sociologici e ambientali si sono rivelati fondamentali nei crimini del duo Toole-Lucas? Di fatto, non si hanno dati certi sul numero di delitti effettivamente commessi dalla coppia, ma si sa che sono stati compiuti in molti Stati diversi. Autostoppisti e persone rimaste in panne con l’auto lungo le strade che collegano le varie zone del Paese, sono certamente le vittime prescelte. In più, facendo largo uso di sostanze stupefacenti e di alcol, i due sono più propensi ad agire d’impulso e a diventare violenti. Reperire soldi è un altro problema presto risolto: rapinare attività commerciali e assassinare eventuali commessi presenti sul luogo, per loro è quasi un gioco. Nondimeno, le famiglie in cui sono cresciuti rispettivamente i due spietati killer, hanno avuto un’altro ruolo determinante e nefasto.
Questa è sinteticamente la cronaca. Ma proviamo ad andare oltre: riusciamo ad immaginare la paura, il terrore, il dolore patito dalle vittime innocenti, colpevoli solo di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato? E i familiari? Come si sono sentiti nell’apprendere le atrocità subite dai propri cari pre e post mortem? Potranno mai rassegnarsi? Potranno mai trovare pace e sperare in un proseguimento di vita privo di incubi e rimorsi? Difficile a dirsi. Il seme dell’odio genera quasi sempre odio…