Maria Teresa Lezzi ci racconta la sua fuga verso la libreria, durante la pandemia. Leggetela tutta vi lascerà un senso di buonumore.
Siamo al secondo anno di emergenza Covid e, forse, stiamo per superare questo biennio infernale, che non sarà possibile dimenticare.
Lo scorso anno, quando ancora ero no social, ho dedicato alcuni pensieri molto spontanei proprio al giorno della mia prima “libera uscita”. Una pagina di diario come tante, che allora ho condiviso solo con un gruppo ristretto di persone. Il titolo ha un chiaro riferimento che si scoprirà alla fine.
Lecce, 27 aprile 2020
Marcel
Marcel mi invita … sì, lo devo proprio fare.
Sono già davanti allo specchio a rimirarmi intrepida, ma subito mi fermo smarrita. Vedo dei nuovi segni!
Il briciolo di ottimismo che si affaccia a tenermi compagnia mi dice che sono soltanto “virgolette” nate da poco e che presto scompariranno.
Il crudo realismo però è in agguato. “Sono proprio dei piccoli solchi, piccoli ma ben visibili”.
Come ho fatto a non vederli prima?
Provo a fare mille smorfie, a cambiare continuamente espressione. Sorriso, broncio, risata, fronte distesa-corrugata, una galleria di emoticon allo specchio…
I segni scompaiono, anzi no, si attenuano con il mimo sereno-felice. È fatta! Ma eccole riaccendersi quando il mimo inquieto-preoccupato-irato accosta le sopracciglia: la fronte disegna i pensieri inquinati dal virus.
Mi affido al tocco magico di un massaggio per recuperare un look accettabile.
Poi lo sguardo vola più in alto. La ricrescita!
C’era, oh no, c’è ancora, visibile come una nuvola sospesa, circondata di chiaroscuro. Un bianco sfumato d’argento che chiede inutilmente vendetta, dopo l’inefficace fai da te, provato in assenza di parrucchieri.
In compenso il sole fa capolino nelle stanze, una giornata luminosa, promettente, di quelle che invitano alle scampagnate.
Sarebbe splendido muoversi un po’, forse un salto in centro, in libreria …
Ci penso da tanto, ma non mi decido mai.
Dal 14 aprile il governo ha concesso l’uscita per acquisto libri, perché la lettura è come il cibo per l’anima, necessario, quando non indispensabile e tutti, me compresa, hanno pensato che sarei stata la prima a fuggir via dalle quattro mura che mi tengono stretta dai primi di marzo, proprio per la mia nota perenne passione di lettrice accanita, a tratti anche compulsiva.
Non vivo senza libri, non potrei e non voglio neppure provarci. Se devo scegliere tra cartaceo e digitale opto per la carta stampata, ma per avere sempre un’ampia e varia scorta a disposizione arricchisco le mie risorse con vari pdf.
In questa fase infatti ho approfittato di una serie di titoli gentilmente concessi da Mondadori.
Il 14 aprile però non sono uscita di casa.
Ci ho pensato a lungo i giorni precedenti, mi sono preparata psicologicamente, ma avevo ancora qualcosa da leggere, potevo rimandare.
Mentire a se stessi si può. Le mie infatti erano soltanto bugie. Mi ritrovavo prigioniera della passività da quarantena dalle mille proroghe … Se non hai la necessità di uscire per fare la spesa, perché ci pensano gli altri, corri il rischio di non uscire più.
Ed è così che i giorni sono passati, tra letture scritture film cucina pulizie lavori a maglia cyclette … tutto in regola, ma con una nostalgia per la natura lontana, per i colori della campagna e la quiete burrascosa del mare. Tutto lontano. Da guardare in foto, o in video, in “remoto” naturalmente, con quel lessico moderno, che mentre lo pronunci sai di sognare il futuro.
Così il 14 e i giorni seguenti sono trascorsi senza nuovi libri, senza fughe in libreria.
Prove in casa con la mascherina. Soffoco! La claustrofobia si affaccia con prepotenza per impedirmi di fare proprio ciò che poterebbe essermi d’aiuto.
Il 17 aprile la mail della Feltrinelli, un invito a nozze. “Abbiamo riaperto … seguendo le misure di sicurezza …bla bla bla.”
Bene, ci penserò. Intanto trascorre una nuova settimana. Continuo con la vita da reclusa intimidita dalle mille “tegole”, regole pesanti che gravano sulla testa.
Leggo, scrivo, vedo, m’imbatto in citazioni, vite, saggi, novità editoriali, ristampe.
C’è tanto che vorrei approfondire: una figura mi incuriosisce più di altre, con la sua Recherche, “Alla ricerca del tempo perduto”.
Mi sa che è arrivato il momento di uscire.
Marcel non può attendere.
E allora, determinata, telefono alla Mondadori per accertarmi della disponibilità dei libri. “Sì, ci sono i primi tre” mi risponde il responsabile. Ed io di rimando “Ma c’è da fare la fila?”
Ride bonario al telefono assicurandomi che non ci sta nessuno. Via libera!
È fatta, completo le operazioni per l’uscita, abbigliamento primaverile, ultima prova con la mia mascherina di tutto riguardo, (una FFP2, quasi una Ferrari di nuova generazione), rossetto sì, rossetto no, tanto non si vede, e invece sì, perché mi fa sentir meglio.
E … via! Scendo le scale, ascensore no, troppi tasti da toccare. Esco per strada.
Le gambe! I piedi! Si muovono ancora, un po’ insicuri, ma ce la fanno. Avanzo il passo “alla ricerca del tempo perduto”.
Ho lasciato una primavera indecisa, confusa dai decreti DPCM, e mi ritrovo con un’estate non dichiarata, che mi fa riflettere sui cambi di stagione saltati e sul domani che ci attende.
Strade deserte, qualche passante mascherato, nessuno da salutare, anche perché come riconoscerli? Non si vede nulla.
Qualche auto in movimento, negozi chiusi, una fila di clienti a debita distanza vicino ai supermercati, ma io cammino libera, mi sento diversa. Una bipede che si riappropria di una regolare deambulazione. Mi mancava!
No comment su regole e divieti.
Arrivo, libreria aperta, guantini e disinfettante a disposizione. Tutto bello e ordinato, vien voglia di farsi un giro, tanto non c’è nessuno. I miei libri sono già pronti. Il libraio gentile e ben disposto al dialogo. C’è ancora qualcosa di strano in tutto ciò, mi sento diversa, ma cos’è?
Parlo con un estraneo! A distanza, ma senza videochiamata. Un’esperienza che fa pensare ad un prossimo ritorno alla normalità.
Non posso rinunciare a dare uno sguardo tra i libri esposti e, per completare il mio acquisto, prendo al volo quello a cui più volte mi è capitato di pensare in questo periodo, “La peste” di Camus.
Con un pizzico di saggezza in più avrei potuto acquistare un solo libro ed avere più occasioni di uscita per raggiungere la libreria, ma non ho saputo resistere. Vado via con una scorta di quattro. Ed ora mi domando: “La ricerca del tempo perduto” mi farà compagnia fino al momento in cui anch’io riuscirò a trasformarlo in “Tempo ritrovato”?
Maria Teresa Lezzi Fiorentino