“Tutto ciò che ho fatto è solo il primo passo di un lungo cammino. Si tratta unicamente di un processo preliminare che dovrà svilupparsi molto più tardi. Le mie opere devono essere viste in relazione tra loro, tenendo sempre conto di ciò che ho fatto e di ciò che sto per fare”.
Questa è l’ultima dichiarazione che ci ha lasciato Pablo Picasso, che oggi nell’anniversario della sua nascita, avvenuta a Malaga il 25 ottobre del 1881, lo ricordiamo con una tra le sue innumerevoli opere: “Poveri in Riva al Mare”.
Dipinto olio su tela realizzato nel 1903, all’età di 22 anni, appartenente al cosiddetto Periodo Blu di Picasso che racchiude gli anni che vanno dal 1901 al 1904. Periodo in cui Picasso si trova a Parigi e dove l’influenza dell’ espressionismo dei Fauves, è fortemente rintracciabile nella sua produzione artistica. Le opere appartenenti a tale periodo, hanno come caratteristica peculiare l’incomunicabilità.
Qui, i tre soggetti raffigurati possono essere identificati quasi come una sorta di trasposizione metaforica della Sacra Famiglia. Nel dipinto si percepisce il dolore, si respira la tristezza, l’indigenza e la rassegnazione dei personaggi; distanti tra loro, scalzi, infreddoliti e silenziosi. Il colore predominante è, appunto, il blu nelle sue varie sfumature cromatiche che ne differenziano tratti e confini tra personaggi, cielo, mare e terra (sabbia). Colori freddi che sottolineano la mancanza di luce, di calore, accentuando ancora di più l’estrema povertà che annichilisce qualunque gesto di umanità o barlume di speranza. La malinconia, la mestizia e la rassegnazione, si possono cogliere dalla postura, le spalle curve, la testa china, le braccia conserte che riflettono un senso di chiusura già verso loro stessi. L’unico gesto di apertura e tentativo timido di vicinanza, sembra essere quello del bambino che appoggia la sua mano destra sulla gamba sinistra dell’uomo come a voler cercare calore e conforto.
Osservando il dipinto non si può non pensare al pessimismo cosmico di leopardiana memoria, dove l’ infelicità diventa una costante eterna ed immutabile e la natura non è più vista come madre amorevole e premurosa bensì totalmente indifferente alla sofferenza degli esseri umani, alla loro sorte e ai disagi personali e sociali che ne scaturiscono.
Il dipinto conservato, attualmente, nel National Gallery of Art di Washington.
Teresa Anania