Quell’odore di resina, Michela Zanarella. Castelvecchi editore
“Mi faceva paura ricordare…
… gli sguardi di quei fantasmi continuavano a ossessionarmi. Fantasmi come cadaveri, come carcasse penzolanti ai ganci di una catena di macellazione.”
Lo sguardo sfiora rapido la copertina ma se ne ritrae prontamente per cercare rifugio nel titolo. Comprendo la scelta e il contrasto tra i due, e mi piace fermarmi su “Quell’odore di resina” dell’albero caro a Fabiola, che dà la forza di superare l’immagine della macellazione e l’acre odore di morte che le prendeva la gola.
Difficile resistere in un ambiente di lavoro che diventa un’autentica tortura e Fabiola vi riesce a fatica, rifugiandosi nei sogni, nelle speranze, nei versi, quando sente il bisogno irrefrenabile di gridare al mondo la propria solitudine. Tra i suoi ricordi sempre vivo quello di “Giugno”, il florido pino che da ragazzina considerava l’amico speciale a cui confidare tutto.
La giovane donna, voce narrante del romanzo, si racconta ripercorrendo la propria vita, dalle esperienze nel mondo del lavoro alle incertezze e paure che segnano il percorso di crescita, alla fuga da un mondo che non sente appartenerle.
Sono tanti i nomi di persone che risultano in vario modo significative nella vita della donna: Angelo, Lorenzo, Saber, Simone, Paolo, Fatiom, Nadia, Daniele, Franky, Dario, Gioia, Visarion, Mattia, Hamed, Giulia, Carmen, Vanessa.
A volte ci si smarrisce tra nomi ed esperienze di vario tipo, senza comprendere a quali dare più importanza, perché la narrazione pare invitare all’attesa di sempre nuovi accadimenti…
Dove porterà questa storia? Mi chiedo più volte curiosa, fino a quando non comprendo che l’attenzione dev’essere tutta per lo scorrere del tempo e dei fatti, per quella quotidianità che non è mai insignificante, per quei nomi tra le righe, per quelle confessioni sofferte, per le continue riflessioni.
“Quell’odore di resina” si presenta come un romanzo di formazione, in cui la vita è un susseguirsi di prove da superare e in questo processo evolutivo trovano spazio: il malessere delle donne, l’amicizia, il ruolo della famiglia, il lavoro (le difficoltà di tanti a trovarlo), la poesia come rifugio e protezione, l’insicurezza.
“Essere donna era diventato un incubo, avevo il terrore di uscire per strada e venire fermata da qualche pazzo o di venire caricata in macchina e portata chissà dove.”
“Il peggio accadde ripetute volte.”
In poche parole il dramma che spesso si trasforma in tragedia.
E quando si incontra l’amore, come fare a riconoscere che è quello vero, che capita una sola volta nella vita? Fabiola è insicura, forse perché ha incontrato sempre situazioni insostenibili e quando parla di sentimenti non sa distinguere l’innamoramento dall’amore.
“L’amore quando inizia ci fa sentire indistruttibili, quando finisce ci distrugge.”
Maturare però significa imparare a far tesoro di ogni esperienza, prendere a piene mani quanto ogni incontro ha lasciato, nel bene e nel male, superare la paura di essere giudicati, rivalutare il significato dell’amicizia, avere maggiore fiducia nelle proprie capacità. La scrittura può diventare il mezzo privilegiato per sfogare le proprie inquietudini (come fa l’amica Carmen) e liberarsi dal disagio dell’ambiente di lavoro e dalle esperienze affettive negative.
Michela Zanarella con questo romanzo è al suo esordio in narrativa, ma la poesia resta sua fedele compagna, nella narrazione, nei versi, nella possibilità di riscatto che dà a Fabiola, nel restituirle la speranza di realizzare i suoi sogni.
È proprio la poesia, infatti, a favorire l’incontro con Angelo, presenza importante nella sua vita, a Palermo, dove i due sono presenti per il premio “Poetando”.
E cosa dire dei bellissimi versi di Fabiola, farfalla innamorata del vento?
Sopra la pelle
un desiderio d’ali.
Nuotano
dentro ventri di tempo
le enormità dell’esistenza.
Come una farfalla
innamorata del vento
supplico i fili d’erba
e i miei sensi
di sgomberare tramonti
di solitudine.
Paterni mi scivolano
in cuore silenzi
e provvisorie febbri
di polline.
E sul corpo di un fiore
il suono familiare di un colore
mi costringe a rinnovare
il sangue in petali di luce.
Prosa e poesia, in un felice connubio, ma a volte è necessario rifugiarsi proprio nei versi, come ha scelto l’autrice.
Muggiti lontani,
fiati rapiti un ultimo istante.
L’aria taglia lo sparo,
un tuffo preciso verso la fine.
Un’altalena sconsacrata
di vite sospese,
pubblica rivelazione
di dolore
abbracciata a corde tese.
Urla silenziose d’addio
Rincorrono pareti bianche,
sipario involontario d’ogni destino.
Spettri di libertà interrotta
viaggiano su ganci a vapore,
in file parallele allo specchio
nel regno del gelo eterno.
Maria Teresa Lezzi Fiorentino
Fabiola è una giovane donna con tante insicurezze e infiniti sogni. La sua quotidianità è scandita dal lavoro in un ambiente poco femminile e da rari momenti dedicati a sé stessa. La vita la mette costantemente alla prova e le riserva incontri ed esperienze inaspettati . Un tragico incidente cambia per sempre il suo modo di essere e la porta a compiere delle scelte. Dopo momenti di sconforto e dolore, arriva chi sa comprendere il suo desiderio di fuga da una realtà che non la fa senti re libera. Ma le ombre e i fantasmi del passato non se ne vanno. Solo i luoghi d’infanzia nel ricordo e una nuova passione sembrano ridare fiducia e coraggio alla protagonista, che cerca di non arrendersi. Imparare a conoscersi non è semplice. Saranno le parole la chiave perfetta del cuore.
Autore: Michela Zanarella
Editore: Castelvecchi
Collana: Tasti
Anno edizione: 2024
In commercio dal: 27 marzo 2024
Pagine: 117 p., Brossura
EAN: 9791256141548
In questa pagina sono presenti link di affiliazione che garantiscono a questo sito una piccola quota di ricavi, senza variazione del prezzo per l’acquirente.