Il libro dell’assenza, della solitudine e dell’attaccamento alle proprie radici.
Marco Balzano con una lettera che Trina scriverà alla sua figlia perduta ci racconta la storia di Curon, un paesino in Alto Adige nel SudTirolo più vicino all’Austria che all’Italia, la storia di quel paesino scomparso per colpa della politica e delle violenze compiute dall’uomo sulla natura. Oggi chi si trova da quelle parti ha davanti agli occhi uno spettacolo suggestivo un campanile che esce fuori dall’acqua creata dal lago artificiale, dopo la costruzione della diga.
Balzano ci racconta una storia dolorosa, in una prosa essenziale e poetica , ci parla di attaccamento alla propria terra, ai sentimenti di chi da un giorno all’altro scopre che la loro lingua il tedesco è diventata fuorilegge, Mussolini decide che in quel luogo sperduto nelle montagne gli abitanti devono parlare in italiano , lingua che non conoscono . Trina studia da maestra ma gli è impedito di insegnare , nelle scuole si studia l’ italiano , Trina con padre August partecipa alle scuole clandestine di tedesco, è un paese che lotta per mantenere la propria identità. Tra le tante storie raccontate di quell’epoca buia che è stata il fascismo e la conseguente guerra, Balzano racconta una storia mai raccontata, la scomparsa di due paesi , con la conseguente perdita di radici dei suoi abitanti.
Trina racconta la sua storia e la storia di un’epoca in maniera epistolare, è una lettera che scriverà a sua figlia sparita da un giorno all’altro , poi nella storia se ne scoprirà il motivo .Ma anche in questo caso non si lascia andare a facili sentimentalismi , è gente di montagna , dura come le montagne che fanno da sfondo alla loro vita .
“Non ti racconterò la tua assenza. Non ti dirò una sola parola degli anni passati a cercarti, dei giorni sulla soglia a fissare la strada. Non ti dirò di tuo padre che senza salutarmi esce di casa. Alla stazione di Bolzano lo bloccano mentre cerca di salire su un treno merci diretto a Berlino. La polizia italiana prima lo sbatte in cella, poi gli promette che gliela riporteranno loro, la sua Marica.”
Racconta alla sua Marica di quando nel paese si guardano di traverso i restanti e gli andanti ,quelli che decidono “ Io resto qui” ,non vedono di buon occhio chi decide di farsi prendere dal mito del Reich, racconta di quando l Erich suo marito decide di scappare sulle montagne, nella fame , nel freddo, nella solitudine per evitare di tornare al fronte, e lei lo segue il suo Erich; racconta di quando suo figlio diventa un nazista convinto , e per tutta la vita non si capirà con suo padre Erich , che da subito capisce che la tragedia sta per arrivare sulle loro teste. Curon sparirà allagata dalla diga in costruzione, ma nessuno vuol combattere e crederci , i compaesani lo trattano come un visionario fino agli allagamenti dei loro masi che sono costretti a lasciare.
“Perché piú sento arrivare la fine e piú mi prende questo attaccamento disperato? – mi chiese Erich quel pomeriggio che stavamo sull’argine della diga a veder sgomberare gli abitanti di Resia.”
Io lo definirei il libro dell’assenza, della solitudine e dell’attaccamento alle proprie radici.
L’attaccamento alla proprie lingua, ai propri masi , alla loro terra che permette loro di vivere, con la pastorizia, l’attaccamento a quelle montagne che hanno forgiato i loro caratteri , duri , senza sentimentalismi anche quando Trina racconta di sua figlia, lo fa senza facili sentimentalismi .
Un romanzo duro e poetico , racconta i fatti in maniera pulita e realista, racconta la gente del Sudtirolo violentati dal cosiddetto progresso, presi in giro dalla politica, persone non considerate , sono pochi , sono quasi stranieri possono essere allagati , perché è proprio questo che accade chi resta è allagato e costretto a scappare via.
Dopo questo bellissimo romanzo di Balzano chi passerà in Alto Adige prima di fare selfie penserà alla storia di Trina ed Erich e della sua gente. Della tragedia che hanno dovuto subire, del dolore di perdere tutto, erano contadini attaccati alla loro terra che sarà inondata dal lago artificiale che l’uomo ha costruito violentando la natura.
“D’estate scendo a fare due passi e costeggio il lago artificiale. La diga produce pochissima energia. Costa molto meno comprarla dalle centrali nucleari francesi. Nel giro di pochi anni il campanile che svetta sull’acqua morta è diventato un’attrazione turistica. I villeggianti ci passano all’inizio stupiti e dopo poco distratti. Si scattano le foto con il campanile della chiesa alle spalle e fanno tutti lo stesso sorriso deficiente. Come ses otto l’acqua non ci fossero le radici dei vecchi larici, le fondamenta delle nostre case, la piazza dove ci radunavamo. Come se la storia non fosse esistita.”.
La vicenda tenace e coraggiosa di Trina ,Erich , padre Alfred e tutti i personaggi del libro , diventano un ottimo pretesto per raccontare l’arroganza del poter e della politica sulla popolazione inerme , costretta a subire.
Libro commovente ed assolutamente da leggere , io mi sono lasciata prendere, davanti agli occhi vedevo le montagne, Curon con la sua chiesa di cui oggi non è rimasto altro che un campanile che fuoriesce dall’acqua, per i posteri solo un paesaggio suggestivo .
Elisa Santucci
Marco Balzano è nato a Milano nel 1978, dove vive e lavora come insegnante di liceo. Ha esordito nel 2007 con la raccolta di poesie Particolari in controsenso (Lieto Colle, Premio Gozzano). Nel 2008 è uscito il saggio I confini del sole. Leopardi e il Nuovo Mondo (Marsilio, Premio Centro Nazionale di Studi Leopardiani). Il suo primo romanzo è Il figlio del figlio (Avagliano 2010, finalista Premio Dessì 2010, menzione speciale della giuria Premio Brancati-Zafferana 2011, Premio Corrado Alvaro Opera prima 2012), tradotto in Germania presso l’editore Kunstmann.
A questo primo romanzo hanno fatto seguito Pronti a tutte le partenze (Sellerio 2013), L’ultimo arrivato (Sellerio 2014), con il quale vince nel 2015 il premio Campiello.
La descrizione del libro
Quando arriva la guerra o l’inondazione, la gente scappa. La gente, non Trina. Caparbia come il paese di confine in cui è cresciuta, sa opporsi ai fascisti che le impediscono di fare la maestra. Non ha paura di fuggire sulle montagne col marito disertore. E quando le acque della diga stanno per sommergere i campi e le case, si difende con ciò che nessuno le potrà mai togliere: le parole. L’acqua ha sommerso ogni cosa: solo la punta del campanile emerge dal lago. Sul fondale giace il mistero di Curon. Siamo in Sudtirolo, terra di confini e di lacerazioni: un posto in cui nemmeno la lingua che hai imparato da bambino è qualcosa che ti appartiene fino in fondo. Quando Mussolini mette al bando il tedesco e perfino i nomi sulle lapidi vengono cambiati, allora non resta che scegliere le parole una a una per provare a raccontare. Trina è una giovane madre che alla ferita della collettività somma la propria: invoca di continuo il nome della figlia, scomparsa senza lasciare traccia durante gli anni del fascismo. Da allora non ha mai smesso di aspettarla, di scriverle nella speranza che le parole gliela possano restituire. Finché la guerra viene a bussare alla porta di casa, e Trina segue il marito disertore sulle montagne, dove entrambi imparano a convivere con la morte. Poi il lungo dopoguerra, che non porta nessuna pace. E così, mentre il lettore segue la storia di questa famiglia e vorrebbe tendere la mano a Trina, all’improvviso si ritrova precipitato a osservare, un giorno dopo l’altro, la costruzione della diga che sommergerà le case e le strade, i dolori e le illusioni, la ribellione e la solitudine.