Il mondo incantato consiglia ” Rette coincidenti” di Mirca Ferri, edito Pav Edizioni
Quando inizia quel momento in cui l’euforia dell’amore che pervade il tuo corpo si trasforma in serenità, ansia genitoriale alternata dall’angoscia della perdita ?
Quand’è che, il proprio sé, sceglie di prevalere sul compiacimento di colui o colei che ami per il bene comune? E infine, qual è il margine che definisce le persone “una coppia”, ammesso che ne esista uno?
Forse quando inizi a vedere dove i tuoi passi ti hanno condotto e vorresti stringere forte gli occhi nel vano tentativo di distoglierli dalla tua memoria.
Forse quando un lungo silenzio diviene più loquace e costruttivo di ampi discorsi già uditi.
Scegli di fare un passo indietro, riprendere le redini della tua vita smettendo di spingere sull’acceleratore.
Ecco.
Allora smette l’euforia e inizia la realtà dell’amore, delle relazioni sociali e delle responsabilità che comportano.
I compromessi, la convivenza delle differenti educazioni ricevute. I principi e la determinazione di costruirne delle proprie. Insieme.
Desiderare di dare amore prima di riceverne.
Voltandosi indietro solo per prendere la rincorsa .
Genere: Narrativa moderna e contemporanea
Listino:€ 14,00
Editore:Pav Edizioni
Collana:Romanzo
Data uscita:23/11/2019
Pagine:144
Formato:brossura
Lingua:Italiano
EAN:9788831307307
Prologo
Con sapiente capacità si stende la crema viso prima di coricarsi. Le turbolenze della vita non le hanno risparmiato le rughe sul volto, le cicatrici sul corpo e nell’anima. Cerca di rallentare l’avanzare del tempo con ungenti che promettono risultati strepitosi. Ad ogni modo, oggi, sorride fiera e vittoriosa scrutando il suo riflesso nello specchio dorato del suo bagno. Si concede sempre un’ultima sigaretta prima di chiudere gli occhi. La destreggia tra le sue dita, appoggiandola alle labbra con il desiderio vorace di inalarne l’essenza e poi espiarla fuori dal suo corpo come fosse l’ennesimo pensiero estirpato. Il fumo riesce a disegnare gli spettri del suo odierno quotidiano concedendole immagini antecedenti al riposo notturno. Per anni ha finto di vivere un’esistenza che, in realtà, ha solamente osservato. Spettatrice all’interno del suo stesso teatro si è lasciata travolgere dalla corrente senza opporre resistenza. Dopotutto, la bellezza della sua passata gioventù non le aveva mai chiesto il conto, circostanza che ora non è più realizzabile. Nel nuovo secolo si è alzata dalla poltrona del suo metaforico scenario senza più danzare traballante tra le geometrie delle sue passioni. Ora ostenta il suo coraggio, la sua forza, la sua indefessa determinazione.
Sono trascorsi vent’anni, per tutti.
Un lasso di tempo nel quale il mondo stesso ha subito repentini e immutabili cambiamenti. Così è stato per loro.
Perdendosi, ritrovandosi, affiliandosi eternamente, hanno tracciato la strada del loro futuro.
E ora vivono il presente come dono o fardello, conseguenza delle scelte compiute in passato.
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CAPITOLO 1
MILLENNIUM BUG
Alle soglie del nuovo secolo, l’intera popolazione mondiale era terrorizzata da quello che i giornalisti battezzarono come “il millennium bug” nome che venne attribuito ad un difetto informatico che si sarebbe potuto manifestare al cambio di data della mezzanotte tra venerdì 31 dicembre 1999 e sabato 1º gennaio 2000 nei sistemi di elaborazione dati (sia nei personal computer che nei grandi elaboratori e controllori di processo dedicati). Anticipato da molto scalpore e allarmismo da parte dei media e dell’opinione pubblica, il problema si rivelò, poi, di portata nettamente inferiore alle aspettative, grazie soprattutto alle misure di precauzione adottate nei due anni precedenti.
Ognuno, nel suo piccolo, lavorava o studiava attraverso i computer e si aggiornava costantemente grazie all’uso di internet divenuto, finalmente, uno strumento alla portata di tutti principalmente posto negli uffici e in quelli che, per alcuni anni, prima che esso divenisse di uso domestico, erano gli internet point, ovvero negozi dove potevi navigare nel web pagando una determinata cifra a seconda del tempo di utilizzo.
Ma dovettero passare ancora molti anni prima che esso diventasse insostituibile come lo è ora.
Nei locali che frequentavano Melissa e i suoi amici non era presente nessun computer. Il massimo dell’elettronica erano i video games e i cellulari che iniziarono a chiamarsi telefonini e a costituire una forma di status symbol a seconda del modello che si possedeva. Avevano diverse fasce di prezzo e ogni giorno ne usciva uno nuovo che invogliava la gente ad acquistarlo per sentirsi più in. Melissa aveva quello che la storia recente definirà “L’indistruttibile Nokia 3310” poiché possedeva una batteria ad altissima durata e se anche cadeva a terra tante volte non si danneggiava mai.
Giacomo, invece, aveva il Samsung marca che non tradì mai e che ancora oggi, dopo vent’anni, lo accompagna con i nuovi modelli. Era impensabile, allora, immaginare quanto la tecnologia avrebbe saputo, negli anni immediatamente successivi ai primi del 2000, cambiare completamente il modo delle persone di approcciarsi agli altri, sia a livello professionale sia a livello umano e personale. Non esistevano i social. Non c’era Messanger, Facebook, Instagram o WhatsApp. Il massimo della privacy era riservata ai costosi sms che si potevano inviare dai telefonini per cui si prediligeva ancora il contatto verbale.
Dopo essersi licenziata dall’azienda nella quale lavorava anche Riccardo, Melissa trovò facilmente un nuovo impiego che, tuttavia, ebbe breve durata. Dopo aver assaggiato l’indipendenza sia economica che genitoriale era stata costretta a tornare a casa con tutto ciò che esso comportava.
Terminata la cena di arrivederci in onore di Paola per la sua partenza Melissa aveva deciso di concedersi un’ulteriore pausa dalle vicende amorose che avevano sempre caratterizzato la sua vita nonostante quella stessa sera proprio Fulvio, il suo eterno e irrisolto amore, l’avesse sollecitata a vedersi nuovamente. Decise di iniziare a godersi gli amici, quelli veri, che si costruiscono intorno ai vent’anni. La compagnia formatasi da Matteo, Giacomo e lei iniziò ad espandersi includendo quelli che sarebbero divenuti, negli anni, la sua famiglia del cuore. Persone non vincolate da legami di sangue ma da una profonda e sincera amicizia. Per un breve periodo si tentò di recuperare Carmen, cercando di estrapolarla dal brutto giro nel quale era invischiata da tempo, ma non vi fu modo di far cambiare idea alla ragazza. Melissa e Matteo, in particolare, cercarono di far inserire nel loro gruppo persone che, come loro, avevano nonostante la giovane età, già un bagaglio di esperienze emotive rilevanti. Dalle montagne piemontesi fece il suo ingresso Sandro, un amico con il quale Matteo aveva fatto il militare. Apparentemente sembrò una visita di cortesia ma in realtà egli decise di fermarsi a vivere nella stessa città dell’ex commilitone divenendo parte integrante e fondamentale della vita di Melissa e dell’intero gruppo. Appresa la notizia, anche altri amici del reggimento di Matteo, che abitavano nelle vicinanze, iniziarono a farsi vedere sempre più spesso e in breve tempo il gruppo si allargò consolidandosi negli anni. Caterina era una cara amica di Melissa, conosciuta nell’ultimo posto di lavoro. Anche lei se ne era andata e aveva iniziato ad uscire con tutti loro. Quello che si faceva vedere meno frequentemente era Giacomo, troppo impegnato con il servizio civile e la sua nuova squadra di calcio. Nonostante si vedessero poco, l’alchimia che si era creata quasi un anno prima con Melissa non era mai venuta meno, ed era evidente che, quando lui si presentava a sorpresa in una serata precedentemente organizzata, lo facesse solo per vedere lei. Ma Melissa era esautorata dalle complicanze relazionali e soddisfatta dell’amorevolezza che riceveva dagli amici.
Non avvertiva più la necessità né di essere magrissima né di essere in costante conflitto con i suoi sentimenti rendendoli protagonisti della sua esistenza. Il suo obiettivo, ora, era famiglia che stava costruendo con Matteo, l’unico ragazzo che non l’aveva e non l’avrebbe mai delusa. Era come crescere una meravigliosa creatura che, finalmente, le stava regalando la vera gioia di vivere, le grasse risate del sabato sera, le incursioni in discoteca senza biglietto, i pic-nic improvvisati a tarda notte, le brioches alle cinque di mattina, i “deca” (allora c’era ancora la Lira) raccimolati per fare benzina, poiché nessuno possedeva uno stipendio tale da permettersi le lunghe trasferte che si affrontavano per visitare nuovi luoghi e assaporare esperienze diverse.
Il cuore di Melissa era colmo di benessere, serenità, voglia di esplorare il mondo, assorbire comunicazione e sapere. Nei rari momenti di solitudine, rileggeva le vecchie pagine dei suoi diari concentrati unicamente sul desiderio di avere un uomo accanto. Quanto tempo e quanta giovinezza sprecata per inseguire quell’amore che voleva ricevere solo dal padre, l’unico uomo che, ai suoi occhi, era irraggiungibile pur vivendoci insieme. In quel periodo l’anziano genitore decise di smettere l’attività della sua impresa concedendosi il riposo meritato. Non era una persona abituata a stare in casa e, grazie all’assenza d’impiego di entrambi in quel momento, Melissa riuscì, per un breve periodo, a godere di quell’attenzione tanto ricercata da ragazza. Non si è mai troppo grandi per ricevere un abbraccio dai propri genitori. Melissa, all’epoca, non poteva saperlo, ma dentro di sé avvertiva che ogni istante trascorso in sua compagnia, anche quando erano in disaccordo, sarebbe stato un prezioso ricordo da conservare nella sua memoria.
Aveva ragione .
Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere.
( Tommaso Moro )
CAPITOLO 2
LA FAMIGLIA
Le settimane si intercalavano frenetiche nella vita di ognuno. Melissa era concentrata sulla ricerca di un nuovo lavoro e inviava tantissimi curriculum ogni giorno scoprendo sempre di più l’efficacia e l’immediatezza dell’uso di internet e delle e-mail. Anche Caterina era momentaneamente disoccupata per cui le amiche trascorrevano molto tempo insieme. Caterina era bella, biondissima, minuta con immensi occhi verdi e tante lentiggini. All’apparenza sembrava un piccolo pulcino da proteggere quando, in realtà, nascondeva dentro sé stessa la grinta di una tigre. Con Melissa non condivideva solo l’età e l’assenza di un impiego ma anche una difficile situazione familiare. La madre di Caterina, infatti, era malata da anni e lei, silenziosamente, senza farlo pesare a nessuno si occupava di tutto ciò che riguardava la casa e il benessere della madre. Aveva nascosto questa sua frustrazione per anni fino a che non aveva iniziato a frequentare il nuovo gruppo. La famiglia amavano definirsi. Una compagnia di persone con la quale ognuno sentiva di poter condividere tutto. Così anche lei ebbe l’opportunità di manifestare i suoi demoni interiori stringendo un rapporto sempre più forte con il gruppo.
Giacomo non era abituato ad avere rapporti amicali così intensi e confidenziali perciò iniziò ad allontanarsi da loro mantenendo un dialogo, per lo più telefonico, solo con Melissa.
Lei sentiva che i suoi sentimenti per Giacomo erano ancora presenti ma non intensi come prima. La sua priorità era trovare un lavoro e vegliare sulla stabilità del gruppo per il quale sentiva una sorta di responsabilità. Esso era divenuto una metaforica cortina di ferro eretta sia da Matteo sia da Melissa nell’illusione di preservarsi da ulteriori dolori o delusioni.
Anche Matteo aveva un passato pesante e non solo a seguito della sua fuga dalla Colombia a quattordici anni. L’arrivo in Italia, durante il periodo scolastico era stato tranquillo e sereno ma quando terminò gli studi il mondo del lavoro apparve ostile nei suoi confronti e discriminatorio. Non parlava quasi mai di questa circostanza anche se fu la molla scatenante che lo legò a quello che fu il suo migliore amico per anni, un ragazzo ebreo di nome Ben che entrò subito a far parte della famiglia anche lui. Melissa si legò tantissimo a Ben, ragazzo dalla spiccata ironia e la forte religiosità che non ostacolava, comunque, in alcun modo l’amicizia con tutti i membri. Questa multiculturalità entusiasmava Melissa che sentiva di poter esprimere al meglio le sue capacità relazionali.
Tutti loro si erano ripromessi che non avrebbero mai intrecciato relazioni amorose l’uno con l’altra per evitare complicazioni, patto che, ovviamente, negli anni venne sempre meno.
Appresa questa notizia che ai più pareva un modo per mantenere l’unità, Giacomo scelse di andarsene definitivamente. Una sera appoggiati alla ringhiera della solita sala da biliardo Giacomo lanciò il mozzicone spento della sua sigaretta e senza dire una parola scese le scale. Fece per salire sull’auto quando fu raggiunto da una Melissa confusa e dispiaciuta:«Dove stai andando?»
« A casa. A farmi una vita vera» rispose lui seccato. Melissa bloccò la portiera dell’auto «E’ per quello che abbiamo detto?Non capisci che in questo modo saremo sempre gli uni uniti agli altri? Resteremo solidi nei nostri valori» «Ma smettila-replicò lui-tra noi c’era qualcosa di più. Lo sappiamo entrambi. Io ti ho aspettata, dopo la fine della tua storia con Riccardo, ho asciugato le tue lacrime, ascoltato e sopportato il tuo dolore. Ho lasciato andare via Sonia per te! Ed ora mi proponi come alternativa un gruppo hippy fuori tempo massimo tutto pace, amicizia e solidarietà. Io voglio amare ed essere amato.» Melissa tacque ma non si spostò dalla sua posizione. Non voleva che se ne andasse ma sapeva, in cuor suo, che ora non sarebbe stata in grado di offrirgli ciò che lui desiderava. «Ti vedrò ancora?» domandò con voce flebile. «Non lo so Mel. Io ci ho creduto, in noi intendo. Ho creduto che, sistemato con il passato, ti saresti aperta ad una relazione con me. Invece pensi solo a stare con gli altri, fai progetti unicamente con loro o che li comprendano, addirittura vorreste vivere l’uno vicino all’altra. Io non sono abituato a fare parte di un branco» «Ciò significa che anche se tra noi nascesse qualcosa dovrei mantenere i due aspetti separati?» domandò lei.
Giacomo si arricciò la barba del pizzetto « Sì. Penso di sì. Non siamo fatti per star insieme. Non abbiamo colto il momento adatto.» «Non si è mai presentato quel momento-sospirò delusa Melissa- torni da lei vero?» «Sì-ammise Giacomo-spero sappia perdonarmi e che mi abbia aspettato.» Melissa indietreggiò di qualche passo sufficienti per Giacomo a chiudere la portiera e andarsene. Il gruppo la circondò pochi minuti dopo. Alcuni sostenevano che Giacomo non era mai stato davvero parte di loro, altri consolavano Melissa, altri tacevano per rispetto. Lei per sdrammatizzare quella che dentro di sé stava vivendo come una duplice sconfitta (sia amorosa che amicale) invitò tutti i restanti a brindare. «Noi crediamo nella libertà. Di ognuno. Giacomo ha il diritto di scegliere il suo percorso e anche se questo mi fa, no scusate, CI fa soffrire dobbiamo accettare e rispettare la sua decisione» Bevve tutto in un sorso il suo calice nella speranza che il vino le facesse scendere il groppo che le si era formato in gola, ma il suo cuore iniziò a piangere lacrime lente e fitte come la pioggia d’autunno.
Osservate con quanta previdenza, la natura, ebbe cura di spargere ovunque un pizzico di follia. Infuse nell’uomo più passione che ragione perché fosse tutto meno triste, difficile, brutto, insipido, fastidioso.
( Erasmo da Rotterdam)
CAPITOLO 3
UNO SPECCHIO, CENTO VOLTI
Giacomo, intanto aveva già composto il numero di Sonia.
Era stata la sua prima fidanzata ufficiale. Una ragazza intelligente, volitiva, con lunghissime ciglia e una cascata di boccoli neri. Aveva intuito, precedentemente, che il suo fidanzato l’avesse lasciata andare, come amava sostenere lui, per un’altra ragazza e per mesi gli aveva portato rancore. Ma poi anch’ella comprese che non aveva senso ed era andata avanti per la sua strada. Entrambi vivevano nello stesso paesino di campagna, meta di pettegolezzi e ricco di locali. Incontrarsi era inevitabile per cui, passata la rabbia, era rimasto in lei il dolce ricordo della prima vera relazione di coppia vissuta. Ma Giacomo non la vedeva così. Sentiva di essere ancora attratto da lei, di avere molte cose in comune che li avrebbero potuti riavvicinare e soprattutto allontanarlo per sempre da Melissa la quale, a suo dire, gli aveva fatto solo perdere tempo.
Iniziò con qualche breve messaggio di cortesia ai quali Sonia rispondeva con garbo ma distacco. Il ragazzo iniziò a vacillare, nella sua certezza di poterla riconquistare e ciò lo portò a decidere di uscire con più ragazze possibili, anche contemporaneamente quasi che il Tempo gli dovesse qualcosa che si era perso.
Nel frattempo Caterina trovò finalmente un lavoro. Venne assunta proprio in una ditta che aveva sede dove abitava Giacomo ma i due non si incontravano mai. Tuttavia, attraverso i suoi nuovi colleghi, venne a conoscenza di una grandiosa festa da ballo che si sarebbe tenuta in uno dei locali del paese. Esultante sollecitò gli amici a prendervi parte. «Ragazzi sarà davvero divertente. E poi avrò la possibilità di farvi conoscere il mio superiore» «Ma certo che ci saremo, vero?-chiese Melissa rivolgendo lo sguardo agli amici- è una magnifica opportunità per visitare un posto nuovo». L’entusiasmo della ragazza era accentuato dalla curiosa di verificare se sarebbe stato presente anche Giacomo, specie perché, proprio quella sera, al gruppo si sarebbero uniti anche Antonio e Noah che, dopo anni, avevano deciso di fare una sorpresa all’amica decidendo di andare a trovarla.
Melissa si pregustava il momento in cui avrebbe visto Giacomo, magari mano nella mano con la sua Sonia e lui avrebbe visto Antonio, il suo primo amore, con il quale, fedele ai propri principi a differenza di quanto pensasse lui, era riuscita a mantenere un rapporto di amicizia.
Giunse la sera dell’attesa festa. Giacomo era presente con molti compagni della sua squadra di calcio. Anche se erano sono le nove di sera era già visibilmente ubriaco.
Poco dopo fecero il loro ingresso Matteo, Caterina, Sandro, Ben e tutti gli altri. Per ultima, accompagnata per mano come una regina, Melissa insieme ad Antonio e Noah.
Giacomo non aveva minimamente previsto la loro incursione, non sapeva del nuovo lavoro di Caterina e quell’improvvisata lo mise in agitazione. Nel frattempo Caterina presentava al suo capo tutti gli amici. Il boss era un uomo di quasi cinquant’anni, allegro, gioviale e molto chiacchierone. In breve tempo snocciolò a tutti i pettegolezzi che circolavano nell’azienda per cui lavorava e quelli del paese. Melissa era più assorta nel conversare con Antonio e Noah piuttosto che ascoltare le dicerie di quell’uomo appena conosciuto fino a che non nominò anche Giacomo. Allora, in un baleno, la sua attenzione fu completamente rivolta alle sue parole. «Conosce Giacomo- chiese- un tempo usciva con noi» precisò Melissa.
«Sapevo che se ne era andato via dalla sua vecchia compagnia dopo la fine della sua storia con Sonia. Poi ultimamente è tornato ma non è riuscito a riprendersela. Dicono che abbia tentato più volte ma alla fine ha lasciato perdere ed esce con tutte le ragazze che conosce. Si diverte, se mi intendete» concluse infine. Melissa lo osservava da lontano mentre continuavano a fingere di non essersi visti. Infine si sedette al tavolo con Noah e Antonio, le vere guest star della serata. Il matrimonio di Antonio si stava rivelando impegnativo ma soprattutto mancava di quella spinta verticale che invoglia a sondare tutte le strade possibili per risolvere le difficoltà. Vigeva tra loro un profondo e reciproco rispetto senza un autentico desiderio di progettualità.
«Forse è questa la vera essenza dell’amore» dichiarò serafico lui. «No- gli rispose con fermezza Melissa- il vostro è un elegante e raffinato modo di accontentarsi.»
Si alzò diretta verso il bancone del locale dove era appoggiato Giacomo. Si osservarono e lui ordinò ancora da bere. «Vedo che la tua nuova vita è molto interessante» lo provocò lei. «Niente regole, patti, “famiglia” e stupidaggini del genere. Sì, è una bella vita-disse- anche tu sei bella stasera. Molto.»
A quelle parole Melissa perse la sua audacia e con dolcezza gli domandò «Balliamo?» «No- rispose Giacomo con uno sguardo torbido- vado in discoteca con quelli della squadra.» «Una nuova preda?» alluse lei. «Potrebbe essere. Gelosa?» ridacchiò lui ammiccante. Melissa lo lasciò al bancone con aria sprezzante e fece ritorno dal gruppo dove Antonio e Noah stavano tenendo banco raccontando gli aneddoti più divertenti avvenuti con Melissa quando erano adolescenti. Le risate degli amici, il volume della musica e la spensieratezza che le procuravano quei remember fecero sì che ella non si accorgesse di quando Giacomo cercò di farsi largo tra le persone per salutarla. Alla fine uscì dal locale con i compagni di squadra senza aver avuto modo di parlarle nuovamente. Nel parcheggio incontrò Matteo che era tornato in auto a prendere le sigarette.
«Matteo, puoi dire a Melissa che mi dispiace. Non volevo fare lo stronzo prima. Ma poi chi sono quei due?» Matteo illustrò a Giacomo l’identità dei due sconosciuti e immediatamente dopo si congedò da lui.«Le manchi sai? Tanto. Manchi anche a me. Ciao, Giacomo» Nell’udire quelle brevi parole il suo cuore sprofondò nello sconforto e nella delusione. Non era poi così facile lasciarsi la famiglia alle spalle.
Di rado gli appartenenti ad una famiglia crescono sotto lo stesso tetto.
( Richard Bach)
CAPITOLO 4
LA STRADA
La serata stava volgendo al termine. Quella che doveva essere una normale festa di paese si trasformò in una discoteca improvvisata coinvolgendo tutti i presenti.
Melissa si trovava fuori insieme a Noah e Antonio per concedersi ancora del tempo prima di salutarsi, non sapendo, quando si sarebbero incontrati nuovamente.
Noah domandò a Melissa di come fosse diventata la sua vita dopo la fine della sua convivenza con Riccardo. Sospirando e con lo sguardo rivolto al nulla che li sovrastava rispose «Tornare a vivere a casa con i miei genitori non è stato facile, specie dopo aver perso anche l’altro lavoro. Ora mi sento di nuovo una ragazzina, completamente a loro carico, quando solo poco tempo prima ero in grado di essere responsabile del mio tempo, delle mie spese, della mia esistenza.» «Non si è proprio più rifatto vivo?» chiese l’amico «No- disse Melissa abbassando lo sguardo- all’inizio ci avevo sperato, anzi ne ero quasi certa. Poi, riflettendo, ho compreso la sua decisione. Venticinque anni di differenza non si sarebbero mai colmati con il tempo, anzi, avrebbero eretto muri ancora più alti tra di noi. Stefania sapeva che sarebbe tornato da lei, ancor prima di parlarmi. Quel pomeriggio, ai laghi, desiderava solo accelerare la situazione. E così è stato.» Antonio ascoltò assorto il racconto di Melissa. Sapeva poco di quella relazione, solo qualche frammentaria notizia che talvolta riceveva da Noah. Tuttavia riusciva a comprendere benissimo lo stato in cui versava la ragazza «Il Tempo non aggiusta sempre le cose. Bisogna avere anche il coraggio di cambiare strada. Lasciare quella più volte battuta e inerpicarsi dentro sentieri sconosciuti. Hai dimostrato molto più coraggio tu ad andartene che loro tentando di aggiustare i cocci di un rapporto finito in pezzi troppe volte.» Melissa sorrise udendo queste parole « E tu Antonio? Vorresti cambiare strada?» «Sento che nel mio matrimonio c’è ancora qualche parte del sentiero da solcare. Ho preso un impegno e voglio vagliare tutte le possibilità per mantenerlo.» I ragazzi si abbracciarono affettuosamente con la promessa di sentirsi più spesso. Tutto il gruppo si diresse verso casa. Durante la notte Melissa ricevette una telefonata. Erano quasi le cinque di mattina e lei dormiva profondamente. Solo il giorno successivo si accorse che la chiamata proveniva da Giacomo. Avrebbe voluto richiamarlo ma poi si chiese a cosa sarebbe servito dopo ciò che si erano detti la sera precedente.
Decise di ignorare la cosa e accompagnò Caterina con la madre all’ospedale per una visita. Non appena furono ricevute Melissa vide Fulvio, nel corridoio, che si levava il camice. Aveva terminato il turno. Considerò la circostanza ai limiti del surreale e gli andò incontro per salutarlo. «Non possiamo continuare a vederci così» gli disse Melissa sorridendo. Anche Fulvio fu serenamente felice di vederla e abbracciandola le domandò il motivo per cui si trovasse lì. Melissa gli raccontò brevemente dei problemi che aveva la madre dell’amica. «Dev’essere terribile per lei- concluse-vivere con il costante timore di perdere un genitore è devastante!» «Non immagini quanto» fu la risposta. Melissa impallidì «Oddio Fulvio…» «Mio padre, già. Sei mesi fa circa.» «Ma-balbettò Melissa-ma perché non hai detto nulla. Sarei venuta a trovarvi, sarei venuta al funerale, sarei…» Fulvio la interruppe «Scusa Mel. Non sono ancora in grado di affrontare l’argomento.» Melissa chinò il capo e pensò che anche suo padre era anziano e non più tanto in salute. Comprese che la drammatica situazione di Caterina la stava vivendo anche lei senza rendersene davvero conto. L’ amica e la madre, intanto avevano terminato la visita. «La mamma è stanca Mel. Noi andiamo direttamente a casa.» Intervenne Fulvio «Non è un problema. L’accompagno io.» Melissa annuì con la testa « E se andassimo anche a cena?» domandò lui. «Volentieri» e s’incamminarono verso l’uscita. Era trascorso molto tempo dall’ultima volta che erano usciti da soli, entrambi single e con tante esperienze sulle spalle che però, per la prima volta, non avevano condiviso.
A cena parlarono di tutto. Melissa gli narrò del suo ritorno a casa, della frustrazione per il lavoro che non trovava ma anche della grande soddisfazione che le dava l’aver contribuito a formare la famiglia del cuore. «Il loro affetto e la loro presenza colma il vuoto di non avere una relazione tua?» le domandò. Lei, sollevando le spalle, ammise che le mancava amare ed essere amata ma che il gruppo non era una sorta di secondo premio ma un’ideale nel quale soprattutto lei, Matteo, Sandro e Caterina credevano fortemente. «E quell’altro ragazzo?- chiese Fulvio mentre versava il vino- quello che ho conosciuto alla sala da biliardo…che fine ha fatto? Sembravate così uniti!» «Eh…- sospirò lei-lo credevo anch’io. Invece ha scelto un’altra strada.» e nel pronunciarlo si ricordò che la notte prima lui l’aveva cercata al telefono e questo pensiero le fece sobbalzare il cuore. Usciti dal ristorante passeggiarono per la città decorata dalle prime luminarie natalizie. «Mi hai raccontato tanto del tuo lavoro ma nulla sulla tua attuale situazione sentimentale. Come va?» gli chiese Melissa.«Male- rispose Fulvio con un sorriso sarcastico. Ti ricordi quando ti dissi che a volte bisogna riprendere dalla strada che si era abbandonata? Beh io ho rivisto Sharon» «Ma non stava per sposarsi? Io l’ ho incontrata una sera e mi disse così» «Storia vecchia- tagliò corto Fulvio- le nozze non sono andate in porto. E senza neanche sapere come ci siamo rivisti. Mel ti offro un consiglio: non farti scappare il vero amore. Io lo avevo trovato ma per la troppa giovinezza, superficialità ed egoismo l’ho lasciato andare. E credimi è difficile accontentarsi.» Erano le stesse parole di Antonio. Quanta similitudine stavano vivendo i tre ragazzi,quel famoso triangolo scaleno che anche a distanza di tanti anni e senza neppure vedersi perpetuava il suo sbilancio. Era come se la loro adolescenza insieme avesse inflitto loro un marchio. «Per un attimo ho sperato di essere io il tuo grande amore- ammise serenamente lei- perché ero certa che tu fossi il mio. » Vi fu un lungo silenzio poi Fulvio l’abbracciò dolcemente «Sarebbe stato più facile per tutti». Con consapevole tristezza si strinsero forte.
«Guarda lì c’è il mio studio, dove ricevo privatamente- le disse indicando una zona precisa del viale- ti va di salire a vederlo?» Melissa acconsentì. Arrivati notò la pomposità dell’arredamento e la splendida vista che la finestra offriva sulla piazza principale. «Complimenti. E’ molto elegante» Ma Fulvio aveva smesso di parlare e le stava già baciando il collo con delicata sensualità, scostandole i capelli e tentando di toglierle il cappotto. Melissa restò immobile. Il suo pensiero era sigillato sulle ultime parole che si era scambiata sia con Fulvio che con Antonio precedentemente. Perdere l’occasione. Accontentarsi. Incollare pezzi rotti. Fulvio le strinse i fianchi ma lei, irrigidita, aveva la mente altrove. Si era ostinata a rincorrere per anni un ragazzo che l’aveva messa sempre al secondo posto, poi aveva tentato di cambiarne un altro che alla fine aveva scelto l’abitudine, in ultimo aveva ricercato la figura paterna in un impossibile relazione con un uomo maturo. Si rese conto che, come le aveva detto Antonio, non aveva mai solcato una strada differente e continuava a ripetere gli stessi errori, con le stesse persone in un perenne circolo vizioso. «Scusa Fulvio ma devo tornare a casa» Incredulo il ragazzo domandò «Cosa? Ma perché? E come torni?» ma lei non fece in tempo neppure a rispondergli che già aveva sceso il maestoso scalone di marmo dell’edificio. Sapeva che quella sera Sandro avrebbe avuto il turno di notte. Gli telefonò per farsi dare un passaggio a casa e in pochi minuti era già in auto con lui.«Tutto bene- chiese lui- ti vedo agitata». Rossa in volto per il freddo e l’emozione rispose «Tutto bene. Forse. Spero. Non devo perdere questa occasione» «Quale?» Melissa non rispose e pregò di non essere troppo in ritardo per fare, finalmente, la sua mossa. Doveva chiamare Giacomo. Dovevano parlarsi. Da sobri.
Quando entrò in casa Melissa fu accolta da Camilla che era ancora sveglia «Ti ha cercata Matteo ha detto che ti deve parlare. Mi è sembrato particolarmente felice» «Grazie-rispose-domani lo contatterò» Mentre si stava spogliando per la notte il telefonino vibrò. Era un messaggio. Si precipitò per leggerlo sperando che fosse Giacomo ma era Fulvio: “Non ho capito cosa è accaduto ma vorrei sapere se ci possiamo rivedere” Melissa chiuse il cellulare e a voce alta dichiarò “Non questa volta. Se devo sbagliare voglio che sia un errore nuovo. “
L’amore non è un problema, come non lo è un veicolo: problematici sono soltanto il conducente, i viaggiatori e la strada.
( Frank Kafka)
Un testo bellissimo a degna conclusione di una splendida trilogia.