… Eros che scioglie le membra nuovamente mi scuote, dolce-amara invincibile belva … (Saffo)
Saffo, ritenuta la prima grande poetessa del mondo antico occidentale, nacque sull’isola di Lesbo, a Ereso, probabilmente nella seconda metà del VII sec. a.c. Ebbe un marito e una figlia, Cleide. Di famiglia aristocratica che, a seguito della perdita dei beni dilapidati da uno dei due fratelli, Carasso, circuito a sua volta da una cortigiana egizia, fu costretta a trascorrere un lungo periodo in esilio a Siracusa, in Sicilia. Saffo era dedita al culto di Afrodite, che trovava la sua massima celebrazione nel “tìaso”, ovvero una comunità prettamente femminile, della quale Saffo fu la stessa fondatrice. Nel tìaso giungevano le fanciulle dell’aristocrazia di Mitilene, capitale dell’isola, per essere “educate” non solo al culto di Afrodite, ma al “bello e al buono”, venivano iniziate allo studio della poesia, della musica e della danza e all’amore in senso lato quale funzione preparatoria al matrimonio. Non veniva però celebrata la maternità, obiettivo cardine del matrimonio, bensì l’amore e il piacere fisico dell’amore. Noti e consentiti, quindi, in quanto intesi come propedeutici all’amore eterosessuale, erano i rapporti intimi tra le fanciulle frequentanti il tìaso, e tra loro e Saffo in qualità di Sacerdotessa di Afrodite. Da qui ebbe origine la rappresentazione di Saffo quale poetessa omosessuale e l’acquisizione dei termini “saffico” e “lesbico” per indicare l’amore tra donne. In realtà non era proprio così. Abbiamo detto che Saffo era sposata e aveva una figlia, sappiamo inoltre, da quanto tramandatoci da Ovidio, che si suicidò gettandosi da una rupe per l’amore non corrisposto di Faone. Faone era un traghettatore dell’isola di Lesbo che non aveva fatto pagare una traversata a bordo della barca ad Afrodite, non riconoscendola poiché camuffata da anziana donna. Afrodite, per essere riconoscente gli regalò un balsamo prodigioso che aveva il potere di renderlo giovane e bello. Tutte le donne di Lesbo , compresa Saffo, se ne innamorarono, ma Faone si invaghì di un’altra fanciulla; Saffo, respinta, non sopportando le pene d’amore si gettò dalla rupe di Leucade. Questa, probabilmente, non è altro che una leggenda nata per mettere a tacere la figura misteriosa e rivoluzionaria di Saffo e la sua profonda contemplazione dell’amore in senso lato, che riportava in versi intimi, sensuali, sensibili ed erotici, ben lontani dai dettami dell’epoca nonostante i rapporti tra individui dello stesso sesso non erano vietati né condannati. La sciabola della censura e del silenzio colpì molti secoli dopo, durante il medioevo e in particolare con l’avvento del Cristianesimo. Nonostante, della produzione poetica di Saffo sia giunta a noi solo una minima parte, è stata talmente importante da entrare di diritto tra la struttura del genere letterario, dando vita alla strofa saffica e all’endecasillabo saffico. La poesia di Saffo non sfuggì ai grandi autori del calibro di Petrarca, Lord Byron o Leopardi. Quest’ultimo, riprese nel suo “Ultimo canto di Saffo” la leggenda (?) del suicidio per amore. Anche la donna amata da Catullo, Lesbia, è un chiaro riferimento all’isola di Lesbo. Nel 1584, anche il drammaturgo britannico John Lyly divenuto famoso per aver inventato la moda letteraria dell’ ”Eufuismo”,stile inglese parallelo al nostro “marinismo”,scrisse una commedia ambientata nella città di Siracusa dal titolo “Saffo e Faone”.
La poesia di Saffo contiene quel fil rouge dell’erotismo femminile ancora oggi per molti aspetti demonizzato. Versi fortemente evocativi in grado di abbracciare ogni sfumatura dell’intimità femminile, carichi di passione, ricchi di desiderio, gelosia, delusione, tristezza … sentimenti direttamente connessi a quell’amore che per gli antichi greci poteva essere di pertinenza esclusiva degli Dei e che gli esseri umani erano incapaci di provare.
Nonostante il grande valore letterario,la poesia di Saffo non è riuscita a trovare una sua collocazione nel mondo culturale; ancora oggi non trova spazio all’interno delle aule scolastiche tanto meno tra i tavolini dei salotti letterari. I suoi versi dal contenuto estremamente femminile, sono probabilmente temuti e giudicati da un mondo ancora fin troppo maschilista … eppure Platone la definì la decima Musa. …
Scivola tra le pieghe delle lenzuola lambendo la mia pelle
stuzzicando il mio torpore.
Si insinua tra le fessure del sogno
penetrando negli anfratti umidi
del mio indomito languore.
Affonda nel mio petto mozzandone il respiro,
poi leggero si allontana
sfumando nella nebbia
dolcemente.
E mi lascia sospesa
A stringere nel pugno un sapore sfuggente.
Teresa Anania