Nella redazione della Brè edizioni ci è stato un colpo di stato. Il direttore editoriale mi ha inviato due magnifici libri di Silvia Ripà l’editrice che non promuove se stessa. “Fammi Entrare e Apologia di Narciso”
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Dinanzi ad alcuni scritti potrei soffermarmi ore a leggere e rileggere per poi scrivere il mio personale elogio della brevità, di cui sono già fervida sostenitrice.
Brevità non vuol certo dire né sintesi, né superficialità. Non è la conseguenza della fretta di risolvere in poche battute quanto invece avrebbe bisogno di spazi più ampi.
Il sinonimo più corretto, in questo caso, mi pare proprio introspezione. Ogni parola infatti richiama un’analisi attenta, che conduce all’IO, ricercato, messo a nudo, nascosto, esaltato.
È l’IO sempre dietro la parola e ogni nuovo vocabolo riporta a contenuti da esplorare per la propria ricerca personale, per soddisfare curiosità e perché no, coltivare nuovi interessi.
È quanto accade con “FAMMI ENTRARE”, dove il criceto si affaccia morbido e pacifico in copertina e l’attrazione del Luna Park è stata solo un’occasione per Sofia di fare semplicemente i conti con se stessa, tra realtà, verità e falsità, essere e apparire, guardare dall’alto in modo diverso, tuffarsi nel gioco e lasciarsi scuotere, capire i meccanismi nascosti, ritrovarsi, riprovare, vincere barando.
“Una gabbia da cui uscire, in cui entrare o ci sto già?” è l’interrogativo che resta al lettore.
La narrazione è piacevole, elegante, vivace, ricca di divertenti neologismi e di descrizioni coinvolgenti.
“Una comitiva di maritemmogli, disturbati nel loro mondo di staserà e di tempi morti tra una stasera e l’altra…”
“Sofia ammira la visione totale piena di trappoco, traboccante di luci invitanti.”
Il Luna Park ci appare come non l’abbiamo mai visto: “l’odore di frittelle ci avvolge con un fragore di cascate, batuffoli di zucchero gassoso sbocciano dietro le vetrine, tutte le macchine emettono trilli e sbuffi che rimbalzano da una attrazione all’altra”.
Per non parlare poi del fascino innegabile del padiglione degli animali, con le sue sonorità: “Il cinguettio dei pappagalli punk, lo zampettio di scoiattoli tristi e il ribollire gelido degli acquari” … e “le vibranti palle di pelo rannicchiate l’una contro l’altra.”
Sofia sa che “Chi si affida alla fortuna è destinato ad aspettare per sempre … è un perdente.” E noi, siamo stupiti della decisione che prende? Cosa avremmo fatto al suo posto?
APOLOGIA DI NARCISO.
“Ho ulteriormente ridotto l’angolo di mondo a me assegnato, prima lo avevo circoscritto al vagone, adesso ai miei soli pensieri”
afferma la donna che viaggia in prima classe, fiduciosa che nessuno interromperà la sua quiete, chiedendole di mostrare il biglietto.
In questo racconto la narrazione cede il posto a un monologo mascherato da dialogo. Puoi leggerlo ad alta voce, guardandoti allo specchio e sentirti sul palcoscenico. È l’atto unico di una pièce teatrale in cui va in scena il Sé in relazione con … se stesso.
È il sé che si cerca, che prova a chiarirsi, a comprendere le proprie azioni quotidiane nella realtà, in un sogno rivelatore, in cui ombre presenti sono il marito, l’amante fisso, quello occasionale …
Ci sono desideri, decisioni da prendere, elementi da valutare, e il viaggio interiore è proprio quello che porterà alla scelta giusta.
Se per la protagonista “la chat è claustrofobica e rende solo l’illusione del dialogo in tempo reale” e i luoghi comuni “Sono buche scavate da generazioni di formiche” (Baudelaire) noi possiamo aggiungere che paradossalmente a volte l’oblio può risvegliare dal torpore quotidiano.
Maria Teresa Lezzi Fiorentino
Riporto l’articolo di segnalazione per i dettagli tecnici e le descrizioni.
Silvia Ripà: Fammi entrare – Una storia di gabbie e Apologia di Narciso