
Su Bisu – Il sogno, Irene Salidu. Aurea Nox
“Così era, così era stato, così sarebbe stato. Era il tempo in cui le streghe potevano essere streghe, poi quel tempo finì e le streghe furono solo donne. Forse.”
Arriva sempre il momento adatto per immergersi nella lettura di un libro che, in bella mostra tra tanti, attende pazientemente.
“SU BISU, Il sogno”!
Ho letto e riletto tante volte il titolo in nero che si staglia sullo sfondo chiaro, accanto a una figura di donna, una scultura prenuragica, la Dea Mare di Porto Ferro. Per me l’immagine è predominante al punto da farmi ignorare la parola italiana che corrisponde alla lingua sarda, e pertanto mi viene spontaneo tradurre “Su Bisu” con “La donna”.
Questa fusione di parole e significati in corso di lettura sarà suffragata dalla narrazione, in cui sogno e donna diventano il binomio della continuità nello spazio e nel tempo, il ponte che unisce presente, passato e futuro.
Ma ora “SU BISU” mi chiama, non indugio più, apro il libro, lo sfoglio prima rapidamente, soffermandomi su foto di luoghi e reperti, poi mi immergo nella lettura e …
Prosa e poesia, racconto e magia. Non riesco più a staccarmi. Mi sento parte del tutto e procedo nell’esplorazione che mi porta via dal tempo affidandomi al Tempo.
Che sensazione! La memoria mi riporta a quella provata con i versi de “La pioggia nel pineto”, dove il poeta e la sua amata si lasciano avvolgere dalle erbe, dalle piante e i loro pensieri, i loro sogni non sono più umani ma naturali, diventano parte del tutto.
“La svegliò un temporale. Rimase per un po’ al riparo, poi uscì dalla vegetazione, verso una radura scoperta, raggiunse il centro di quell’improvvisata sala da ballo e si esibì nella danza più frenetica che avesse mai eseguito, quasi a voler passare tra goccia e goccia e allo stesso tempo raccoglierle tutte con i capelli e l’intero corpo. … tutto il suo corpo danzava al ritmo della pioggia. Leila era pioggia.”
La lettura si rivela un’esperienza immersiva nella natura sarda, tra bacche, lucciole, farfalle, papaveri, pipistrelli, mufloni, muschi e licheni, colori, suoni, odori. Il sogno lo si vive seguendo la narrazione, tra luoghi, leggende, radici che appartengono ai sardi ma che sento in parte mie, ora che risvegliano i miei ricordi di bambina, riportandomi l’immagine di donne guaritrici che hanno accompagnato la mia esistenza.
Mi par ancor di sentire l’olezzo del bianco d’uovo che la vicina di turno applicava sul mio braccio … Seguivo tutte le operazioni con stupore, in quell’atmosfera magica che mi avrebbe portata alla guarigione.
Quanto mi incuriosiva poi la comunicazione non verbale tra le donne del vicinato quando una nuova vita stava per nascere! Scambi di sguardi, poche parole sussurrate, che noi piccini non potevamo capire, e loro pronte a offrire il loro aiuto, forti di una competenza maturata sul campo. Il vagito del neonato, improvviso, arrivava a distoglierci dai nostri giochi in giardino, e il saltello con la corda o a campana era accompagnato da nuovi sorrisi: un fratellino o una sorellina era lì per qualcuno di noi.
“Le donne erano riconosciute nella loro interezza. Le donne erano le custodi della vita, dell’acqua, dell’aria, del fuoco, della terra.
Erano i tempi nei quali “le streghe potevano essere streghe”: nessuno le avrebbe mai additate, accusate, poste al rogo.”
Le donne! Leila, Luisa, Bianca, nomi che nel romanzo stanno a simboleggiare il valore della presenza femminile, identità con cui confrontarsi e interrogarsi, per trarne forza e proseguire il proprio cammino con determinazione.
Irene Salidu con questo suo nuovo romanzo ci invita all’esplorazione del mondo sardo seguendo le figure femminili.
La donna può essere portatrice di vita e di morte, guaritrice e accabadora. È un mondo che incanta e che potrebbe sembrare frutto soltanto della fantasia, ma il binomio “Il sogno – La donna” ora va ad arricchirsi di un nuovo elemento: le radici. È la loro riscoperta che ci fa vivere più intensamente il presente e vediamo i nostri rami allungarsi verso il cielo, perché se so da dove vengo e dove sto, posso ipotizzare il nuovo cammino.
“Leila si rese conto di non lasciare impronta alcuna nel sentiero polveroso, si rese conto di non provare stanchezza, fame.
Capì che qualcosa di lei non era tornata con lei.”
“Il suo corpo aderiva a ogni foglia, rametto, bacca acerba, ma non le procurava fastidio o dolore. Sopra di lei il cielo annegava nel rosso del tramonto che avrebbe dato spazio e tempo alla notte.”
Maria Teresa Lezzi Fiorentino
La Sardegna è un’antica e affascinante terra di miti e leggende, in cui ogni pietra sembra marcare e conservare storie dal passato misterioso. Irene Salidu, l’autrice di Su Bisu, rappresenta questa tradizione profonda nel suo stato più intenso. Nata e cresciuta nel cuore dell’Isola, lei è l’immagine di una donna e scrittrice sarda nell’accezione più profonda, una persona naturalmente radicata nella sua terra, ma con una visione assolutamente in asse tra passato, presente e futuro. Ed è proprio questo equilibrio che traspare da queste pagine, non solo una vivida narrazione di tratti vissuti del passato storico e culturale della Sardegna, ma anche un’identità personale ad essa legata, radicata e profonda. Su Bisu, che significa “il sogno” in sardo, è molto più di una semplice narrazione storica o mitica. Si tratta di una combinazione di suggestioni sull’era nuragica e sull’apporto che le donne sarde, figure centrali nelle comunità rurali e nelle famiglie, hanno custodito per secoli, con il loro sapere antico, tramandato oralmente di generazione in generazione tra medicina popolare, magia e spiritualità. Queste pratiche femminili non erano considerate superstizione, ma una forma di conoscenza rispettata, e le donne che le esercitavano erano spesso viste come figure di grande saggezza.
Autore: Irene Salidu
Editore: Aurea Nox
Anno edizione: 2024
In commercio dal: 20 settembre 2024
Pagine: 129 p., Brossura
EAN: 9791281625600
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