Ti amerò a prescindere di Antonio Sposito

Ti amerò a prescindere di Antonio Sposito, self publishing Amazon

Ti amerò a prescindere

“Il paradosso dell’amore è che più vuoi tenerti strette le persone, maggiori sono le probabilità di perderle; lasciale libere e come farfalle si poggeranno su di te.”

Quel giovane con un mazzetto di fiori colorati in copertina mi rimanda subito al titolo, preannunciando la storia d’amore che troverò nelle pagine del libro.

Mi chiedo il significato di quell’a prescindere.

A prescindere da cosa? Dalla tua volontà, dai tuoi difetti, dall’impossibilità di amarti per molteplici ragioni? Si tratta di un amore difficile allora, per cui mi preparo ad avventurarmi in una vicenda travagliata, magari ricca di colpi di scena, che non mi risparmierà emozioni forti.

Non è così, il romanzo è altro. Una narrazione meticolosa di vita quotidiana, stati d’animo, con una scansione cronologica di pensieri e azioni di un giovane innamorato, in conflitto tra bisogni, desideri e scelte, per cui ogni sua decisione risulta sempre incerta e sofferta.

C’è un’oscillazione continua tra il bisogno di Francesco di emanciparsi dai genitori per vivere la sua storia d’amore con Elisa e l’insicurezza, determinata dall’attaccamento-dipendenza dal nucleo familiare, che anche quando non sarà più di tipo economico resterà un legame affettivo decisamente ingabbiante.

Il suo rapporto con i genitori, quasi una venerazione, lo limita sempre, anche quando sembra già deciso a vivere con pienezza la propria storia d’amore. Francesco col tempo prende coscienza che la sua insicurezza è generata e alimentata dai suoi. Se ora è l’eterno Peter Pan lo deve a loro, che lo hanno cresciuto sotto una campana di vetro e a nulla serve cercare consigli agli altri, perché la risposta è dentro di noi. Guardare in se stessi vuol dire capire la direzione da prendere e l’autore fa largo spazio all’introspezione per indicare una modalità interessante di autoanalisi per orientarsi.

Desiderare il cambiamento, rendere straordinario l’ordinario, seguire la propria strada, per Francesco vuol dire diventare uomo per prendersi cura di sé e di Elisa. E questo vorrà dire cancellare i timori infantili, dimenticare il confronto tra classi sociali, comprendere che per donare felicità non bisogna rinunciare alla propria. Rinunciare alle proprie amicizie o nascondersi dietro una maschera per compiacere non serve, bisogna far capire all’altro cosa si desidera.

Mi amerai come la tua storia personale ti ha insegnato” gli dice Elisa, per fugare l’ultima esitazione.

 “Prigioniero di una storia d’amore o della propria immaturità?” ho continuato a pensare leggendo.

Romanzo di formazione? Autobiografia?

Senz’altro un romanzo di formazione con cui confrontarsi, per rivedersi o prendere le distanze, secondo la propria esperienza. In esso c’è la vita reale, con tutti i dubbi e le incertezze che accompagnano il processo di maturazione e di emancipazione.

Se i giovani lettori potranno trovare tanti elementi in comune con la storia di Francesco, anche per gli adulti gli spunti di riflessione sul difficile ruolo genitoriale non mancano.

Crescere, maturare, emanciparsi, sono compiti impegnativi e tutti i soggetti coinvolti devono interpretare il proprio ruolo.

Ai genitori spetta quello di dare ai propri figli radici e ali! Non è cosa da poco, ci vuole un esercizio continuo e gli esiti non sono affatto scontati.

La narrazione è scorrevole, ricca di similitudini e descrizioni.

Personalmente avrei scelto una forma breve per il contenuto narrato, onde evitare prolissità e ripetizioni.

Ai lettori l’ultima parola.    

Maria Teresa Lezzi Fiorentino

Francesco è un giovane napoletano senza un lavoro stabile e con tante insicurezze su se stesso e sul proprio futuro; desidera emanciparsi dai genitori, che vorrebbero proteggerlo ma sono per lui causa di nuove ansie. A Napoli si innamora di Elisa e si rende presto conto che per una relazione matura dovrà abbandonare la condizione di eterno Peter Pan.
Si trasferisce a Venezia dove lavora come oss nel reparto di Oncologia. Mentre con difficoltà ritrova il rispetto per se stesso si confronta con le proprie illusioni e scopre che anche gli affetti cambiano.
Una storia d’amore raccontata in modo sincero e con tanta ironia. Un romanzo che con semplicità ci parla del senso della vita.

Antonio Sposito (1982) è di Napoli ma vive a Venezia, dove lavora come operatore sociosanitario. Da anni si occupa di minorenni con problemi famigliari, è laureato in psicologia dell’apprendimento e specializzato in psicologia clinica e dello sviluppo.
Ha pubblicato Un timido in borghese (Enrico Folci, 2010) e altri brevi romanzi: Ho visto l’arcobaleno e Il diario di Antonio il Franco (2011), Il raccontastorie (2013).

Pubblicato da Maria Teresa Lezzi Fiorentino

Maria Teresa Lezzi Fiorentino vive a Lecce, sua città natale, dedicandosi alla famiglia e al lavoro. Coltiva da sempre due grandi passioni, lettura e scrittura, per sé e per tutti coloro ai quali riesce a trasmettere il proprio entusiasmo. Il fulcro intorno a cui hanno ruotato i suoi scritti, articoli e recensioni, è stato per lungo tempo l’assetto metodologico-didattico, con un’attenzione particolare alla sfera emozionale e al benessere degli alunni. Dopo un appassionante percorso professionale in varie scuole del Salento, che ha visto l’autrice insegnante di scuola materna, psicopedagogista e docente di materie letterarie, nel 2018 avviene la svolta ed inizia una nuova stagione della vita,in cui la scrittura privilegia la narrazione, partendo dalla quotidianità e dalla memoria del tempo vissuto. È tempo di racconti brevi, lettere, autobiografie e recensioni. Sono dell’autrice, pubblicati con Youcanprint:Di vita in vita, La via maestra, Spigolando tra i ricordi, Passo dopo passo … e altri racconti.

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