Il conte Dracula è sepolto a Napoli, speriamo che non si risvegli proprio adesso.

Santa Maria La Nova

Oggi per il sabato di Lucio Sandon parliamo di Dracula!!

Tutto iniziò nel 2014, quando un gruppo di esperti dell’Università di Tallin in Estonia affermò di avere la sicurezza di conoscere il luogo esatto della tomba di Dracula. Secondo tale ricerca, è probabile che il famigerato conte Dracula sia seppellito all’interno del complesso monumentale di Santa Maria la Nova, nel chiostro di San Giacomo della Marca. La ricostruzione storica alla base di questa teoria narra che il conte Dracula venne catturato, imprigionato, e ucciso dai turchi, e sua figlia Maria che abitava a Napoli, riuscì a riscattarne il corpo e a seppellirlo nel centro storico della città partenopea. Il complesso di Santa Maria La Nova è un monumento alla fede straordinario, reso ancora più prezioso dalla presenza di alcuni capolavori firmati dai più celebri pittori della Napoli di fine XVI e inizio XVII secolo.


Sul sepolcro di Giacomo Ferrillo nipote di Ferdinando I d’Aragona, il bassorilievo rappresenta un drago con due simboli di matrice egizia mai visti prima su una tomba europea, che sembrano richiamare alcuni elementi della cultura medievale di matrice slava. Si tratta di due sfingi contrapposte che richiamano il nome della città di Tebe che gli antichi egiziani chiamavano Tepes. Dracula Tepes è il soprannome del principe delle tenebre. C’è poi una strana iscrizione posta nella cappella, incisa in una lingua incomprensibile, che è stata tradotta consultando una serie di codici, e ha fornito la chiave di lettura per presumere che nella chiesa sia celata la tomba di un uomo sinistramente famoso. A seguito di una lunga ricerca, l’epigrafe ha rivelato essere non la sepoltura di un uomo comune o di un re come inizialmente poteva suggerire, ma quella del conte Vlad Tepes, noto come l’Impalatore, il personaggio storico del XV secolo passato alle cronache come il sanguinario conte della Valacchia che ispirò la fantasia letteraria di Bram Stoker nel suo celebre romanzo.
Fedele allo stile importato nel Sud Italia dai sovrani angioini, la chiesa e l’annesso convento di Santa Maria La Nova videro la luce in forme gotiche, così come insegnava la scuola degli architetti d’Oltralpe. Danneggiato dai terremoti, il complesso religioso, che già all’inizio del cinquecento venne modificato con il chiostro di San Giacomo della Marca, venne sottoposto, a partire dal 1596, a una profonda opera di restyling che gli conferì quella caratteristica impronta barocca che ancora oggi lo contraddistingue. Alla chiesa si accede attraverso una ripida scalinata in piperno protetta da una balaustra in marmo, si presenta a croce latina ed ha una sola navata, pavimentata in riggiole napoletane mentre una serie di sfavillanti cappelle si spalancano lungo entrambi i lati. Non può che lasciare a bocca aperta il soffitto a cassettoni in legno dorato, al cui interno fanno bella mostra di sé quarantasei tavole dipinte: si tratta di una vera e propria antologia dell’arte pittorica ispirata all’ultimo manierismo napoletano prima dell’irruzione di Caravaggio. L’attiguo convento si compone di sagrestia, refettorio e due straordinari chiostri. Quello cosiddetto “maggiore” o di San Francesco ha perso buona parte degli affreschi che un tempo ne adornavano le pareti. Il chiostro “minore” detto chiostro di San Giacomo, custodisce invece un ciclo di dipinti con scene della vita di San Giacomo della Marca, attribuiti ad Andrea De Lione e una serie di lapidi e monumenti sepolcrali, tra cui uno è molto diverso dagli altri.
Nel 1479 il re di Napoli Ferdinando d’Aragona, tornò dalla guerra portando con sé dall’Europa orientale una bambina di sette anni di nome Maria Balsa, che venne adottata dalla nobildonna Andronica Cominata. Si vociferava che la bimba fosse di nobili origini e l’erede ad un importante trono, ma senza alcun preciso riferimento alla dinastia della Valacchia. La stessa Maria non rivelò mai apertamente la sua discendenza dal Conte Vlad, ma c’erano degli indizi riguardo alla sua provenienza: per esempio il suo cognome Balsa, sembra derivare dall’antico rumeno Bal che significa drago, mentre il suffisso sa stava per figlio, e dunque: Bal-sa, Figlia del Drago. Maria Balsa crebbe alla corte di Napoli, e una volta cresciuta, re Ferdinando la concesse in sposa al nipote Giacomo Alfonso Ferrillo, conte di Muro Lucano e signore di Acerenza. Dopo il matrimonio, Maria seguì il marito nei suoi possedimenti in Lucania. A rivelare la vera identità della principessa fu il suo simbolo di famiglia, che spicca sulla cattedrale di Acerenza, infatti quello dei Balsa, per rango sovrasta quello del marito. L’immagine rappresenta un drago inferocito che spiega delle grandi ali simili a quelle di un pipistrello. A quel tempo l’unico che possedeva un drago nel blasone era Vlad III Balsarad, il cui genitore Vlad II aveva fondato insieme a Sigismondo di Lussemburgo, a Ferdinando d’Aragona e a Castriota Scandeberg d’Albania, l’ordine detto del Drago, un’alleanza di mutuo soccorso per contrastare l’invasione dei Turchi. Nel blasone di Maria Balsa, oltre al drago compare una stella: anche questa immagine rimanderebbe a Dracula, salito al trono proprio l’anno del passaggio della cometa di Halley. All’interno della cattedrale di Acerenza vi sono poi strane incisioni in cui un volto di un uomo con la barba che termina a riccio, le narici visibilmente aperte, e i canini sporgenti.