Le monachine per il sabato di Sandon

Oggi per il sabato di Lucio Sandon parliamo delle monachine, un dolce meraviglioso creato in un convento di clausura, ma seguite la storia…

In un divertente film del regista Luciano Salce, con Lando Buzzanca, Catherine Spaak, Amedeo Nazzari e Sylva Koscina, ci sono due suore che vanno a Roma per convincere il direttore di una linea aerea a modificare la rotta dei loro aerei i quali passando troppo vicino al loro convento portano lo scompiglio tra le mura dell’abbazia con il loro assordante frastuono. Nel regno delle Due Sicilie invece, le Monachine erano due alimenti chiamati nello stesso modo, ma molto diversi tra di loro: in Sicilia si tratta polpette, inventate da una suora molto parsimoniosa, che le faceva estremamente piccole affinché con la stessa quantità di carne ne risultassero moltissime. Le monachine mignon sono facilissime da preparare e grazie alla cottura in brodo, risultano molto delicate.
Ingredienti per 4 persone:
• mezzo chilo di macinato di vitello
• un cipollotto fresco
• cento grammi di formaggio grattugiato
• pane raffermo
• poco latte
• sale e pepe
• un litro di brodo
Mettete il pane raffermo a bagno nel latte. In una ciotola inserite il tritato, condite con sale, pepe e il formaggio. Strizzate bene il pane e inseritelo nel tritato. La quantità deve essere quel tanto che basta ad avere una consistenza morbida ma, allo stesso tempo, tale da poter compattare le polpettine. Se le volete più saporite, ripassatele in padella con poco olio e, non appena si saranno dorate, trasferitele nel brodo messo a bollire a fuoco bassissimo. Cuocete per circa 40 minuti.
Il convento di clausura delle Clarisse Cappucine, a Napoli è meglio conosciuto come Le Trentatré. L’ordine monacale deve la sua fondazione al protomonastero di Santa Maria in Gerusalemme di Napoli, ad opera di Maria Lorenza Longo, la quale sulla scia evangelica di Santa Chiara e su volontà di Papa Paolo III approvò per la prima volta l’ammissione al convento delle suore senza dote, il 19 febbraio del 1535. In via Pisanelli, fra i vicoletti del Decumano Superiore, trentatré monache di clausura vivono in uno dei più bei capolavori dell’arte monastica di tutti i tempi. Il riferimento numerologico delle occupanti pare fosse legato agli anni effettivi vissuti da Cristo, appunto trentatré. Le Monachine napoletane sono dei piccoli dolci di pasta sfoglia, farciti con crema pasticcera e confettura di amarene, e questa ricetta sembra essere proprio l’antenata delle più moderne sfogliatelle con crema e amarena, più conosciute come Santa Rosa.
Prendi il fiore di farina e miettelo sopra il tagliero nella quantità di rotolo miezzo. Mettici sopra un pocorillo d’insogna e faticalo come un facchino, e dopo stendi la tela che si è riuscita, e fanne come se fosse una bella pèttola. In mezzo alla pèttola mettici un quanto d’insogna ancora, e spiega a scialle: quattro volte l’estate e sei volte l’inverno. Tagliane tanti pezzi, passaci il laganaturo (mattarello) e dentro mettici crema e cioccolato o se più ti piace, ricotta di Castellammare. Se ci metti un odore di vaniglia o pure d’acqua di fiori o qualche pocorillo di cedro fai cosa santa. Fatta la sfogliata, lasciala mezza aperta e mezza chiusa da una parte e là dove scorre la crema fanci sette occhi piangenti, con sette amarene o pezzulli di percocata. Manda tutto al forno, fà cuocere lento lento, mangia caldo e alliccati le dita.

Le Monachine adesso si trovano in tutte le pasticcerie degne di tale nome, e naturalmente si accompagnano con un rosolio bevuto in bicchierini microscopici e decorati d’oro, e ancora più naturalmente con un buon caffè, fatto rigorosamente con la moka.